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In questo ha contributo da una parte il grande sviluppo della cartolina illustrata e d’altra il vezzo di alcuni pittori, in special modo d’Oltralpe, di fotografare luoghi e personaggi locali per poi trasferirli sulla tela.
Il confronto riesce particolarmente interessante con la città di Cassino, città totalmente scomparsa nel turbinio della guerra. A tal proposito è interessante visionare tre immagini che riguardano la nostra città.
La prima immagine è una cartolina d’inizio Novecento che sfrutta una foto panoramica della parte che va da palazzo Danese alla Chiesa Madre, con la rocca Janula in alto, in posizione dominante. Molto nitida, dovrebbe risalire agli anni 60/70 del 1800, in quanto mancano elementi che sono presenti nelle immagini molto note dei fratelli Alinari, databili all’ultimo quarto degli anni Settanta. Infatti del palazzo in basso a sinistra, appartenente alla famiglia Merola e acquistato agli inizi del Novecento dalle famiglie Bruno e De Vivo, manca la sopraelevazione presente nella foto Alinari, mentre sulla merlatura della Rocca, in corrispondenza della porta centrale, manca la campana della chiesetta dell’Annunziata, quest’ultima consacrata nel 1870 come recita la scritta scolpita ai piedi della torre di Pirro, dettata all’epoca dal canonico Terenzi.
In primo piano, su quello che attualmente è il Corso della Repubblica, sono disposti i mulini alimentati dai vari corsi d’acqua che nascevano nel centro della città; da notare inoltre la grande quantità di lenzuola messe ad asciugare sulle balze della collina Janula. La cartolina in questione è interessante anche dal punto di vista storico perché spedita da Cassino, il 2 maggio 1901, da Gennarino Moscati e diretta a Domenico Moscati residente a Napoli1.
Le altre due immagini prese in considerazione sono tratte da dipinti eseguiti dal pittore francese Edmond Lebel (1834-1908), attivo in Italia tra gli anni 60/70 dell’Ottocento. Armato di macchina fotografica, nel suo viaggio tra lo Stato Pontificio e il Regno di Napoli catturò luoghi e personaggi caratteristici per dipingerli successivamente nei suoi quadri nella comodità del suo atelier.
Il primo dei due dipinti s’intitola Il ponte sul Rapido a Cassino e mostra il ponte sul fiume Rapido2 all’ingresso della città per chi veniva da Napoli. Successivamente, con l’espandersi della città il ponte darà sia il nome al rione (rione Ponte appunto) sia la numerazione dei successivi ponti sulla Casilina in direzione Napoli; in questo modo l’attuale quinto ponte è chiamato così perché era il ponte numero cinque da quello di porta Rapido.
La tela mostra in primo piano una delle spallette del ponte con personaggi presenti in altre foto, sempre del Lebel, tra cui donne probabilmente provenienti da Terelle e riconoscibili dal caratteristico scialle a strisce; lo stesso Lebel si è rappresentato in piedi sia di fronte che di spalle, mentre il ragazzo sdraiato sul ponte è il figlio, ambedue fotografati nell’atelier del pittore e dipinti poi sulla tela. Al di là del ponte si staglia la chiesa di S. Antonio, allora in aperta campagna, mentre il posto in primo piano è l’attuale incrocio tra via De Nicola e via Marconi.
Il secondo quadro, intitolato Un voto a San Germano e presentato al salone espositivo parigino nel 1875, mostra l’interno della Perinsigne Collegiata di San Germano come appariva all’epoca, con sullo sfondo del presbiterio il grande organo barocco uguale a quello della Basilica di Montecassino; a sinistra del coro in noce intagliato, si nota la statua, anch’essa in noce, di San Pietro che, con l’altra di San Paolo, era stata eretta con i proventi ricavati dalla vendita delle macerie della vecchia chiesa di San Pietro a Monastero. Al centro del dipinto è visibile la statua marmorea di San Germano scolpita nel 1492 da fra Celso, monaco benedettino nativo di San Germano, posta sul lato sinistro al di fuori del presbiterio e addossata ad uno dei pilastri della cupola; la statua è addobbata con un apparato di stoffa damascata, il che farebbe pensare di essere nel giorno della sua festa, il 30 di ottobre; ai due lati sono sistemati i due angeli reggicero, chiamati popolarmente con l’appellativo di Giacomuccio (Giacomo) e Liopoldo (Leopoldo). Anche qui il pittore ha adoperato la fotografia come base del dipinto, evidentemente a distanza di tempo in quanto, non ricordando forse l’impianto originale, ha sostituito la statua di San Germano con la statua di San Pietro della basilica Vaticana. Altre opere d’arte, appartenenti per la maggiore parte alla vecchia basilica del Salvatore, arricchivano l’interno della chiesa: l’altare monumentale posto al centro sotto la cupola, il fonte battesimale che utilizzava il vecchio pulpito cosmatesco, la Cappella del Santissimo ricca di marmi e affrescata dal De Matteis con il ciborio a forma di tempietto in bronzo dorato e la ricca Cappella del Crocifisso che custodiva il simulacro del Cristo in croce veneratissimo dal popolo3.
Di tutto questo ormai rimane solo il ricordo fotografico in quanto tutta la città, come è noto, è scomparsa sotto i bombardamenti alleati. Nella ricostruita Collegiata è stata rimessa al suo posto solo la statua di San Germano recuperata e restaurata, mentre tutti gli altri frammenti che sono stati recuperati, sono dispersi tra il museo archeologico, l’abbazia di Montecassino e qualche giardino privato, estrapolati dal loro contesto originario. Questi frammenti dovrebbero essere riuniti e sistemati magari nell’atrio della ricostruita Chiesa Madre, per testimoniare e ricordare un monumento insigne della città, frutto anche di sacrifici dei nostri avi, scomparso oltre che per cause belliche anche per la noncuranza.
1 I due erano figli del giudice Francesco Moscati, in servizio presso il tribunale di Cassino, e della cassinate Rosa De Luca, sposati il 23 febbraio 1863. Gennarino è il primo dei quattro figli nati a Cassino ed è fratello di Giuseppe Moscati, il grande medico napoletano sepolto al Gesù Nuovo a Napoli ed elevato alla gloria degli altari da Giovanni Paolo II il 22 ottobre 1987.
2 Più che un fiume si trattava di un canale che riceveva le acque derivate dal fiume Rapido tramite un sistema di chiuse situate all’inizio dell’attuale strada che va a Caira e alimentava i vari mulini e frantoi di proprietà dell’abbazia; questo fino alla soppressione napoleonica.
3 Il simulacro veniva esposto alla pubblica venerazione dal pomeriggio del sabato precedente la seconda domenica di maggio fino ai secondi vespri di detta domenica, rimanendo per il resto dell’anno coperto da una grande tela del pittore napoletano Lorenzo De Caro raffigurante la Crocefissione.
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