Studi Cassinati, anno 2012, n. 2
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di Gaetano De Angelis Curtis
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Periodicamente e ciclicamente le vicende che agitano il Tribunale di Cassino, relative a tentativi di soppressione, trasferimento e ridimensionamento, finiscono per riverberarsi nelle vie e nelle piazza della città dove è chiamata a raccolta l’intera società civile locale a difesa di quello che storicamente appartiene a questo territorio. Sono molteplici le agitazioni e le manifestazioni che si sono tenute nel corso dei centocinquant’anni di vita del Tribunale. Tuttavia quelle svoltesi a partire dal secondo dopoguerra in poi hanno avuto sempre come filo comune e conduttore quello della difesa dell’integrità o addirittura della sopravvivenza dell’istituzione giudiziaria. Oggigiorno la storia, di nuovo, si sta ripetendo. Il 21 giugno 2012, per la terza volta negli ultimi sessantacinque anni, c’è stata una mobilitazione generale di protesta. È da circa un anno che le voci della possibile chiusura del Tribunale si rincorrono. Un nuovo-vecchio pericolo è (ri)comparso a minacciare Cassino, in questa occasione ancor più grave perché più subdolo in quanto dettato solo da questioni economico-finanziarie. Ecco dunque l’imponente manifestazione di ferma e netta opposizione per l’adozione di una politica dei tagli indiscriminati che finisce per colpire un baluardo della legalità posto a stretto confine con territori controllati dalla criminalità organizzata, oltre a rappresentare un volano di sviluppo sociale ed economico locale, solo sulla base di scellerate motivazioni di contenimento della spesa pubblica. Allora il 21 giugno scorso centinaia di persone hanno manifestato la loro ferma opposizione al disegno governativo. Era da tempo che per le strade di Cassino non si vedevano tanti sindaci con la loro fascia tricolore, tanti gonfaloni non solo di Comuni rientranti nella giurisdizione del Tribunale ma anche di Comuni non direttamente interessati ma giunti a sostegno delle giuste rivendicazioni locali, menifestare assieme ai rappresentanti del Parlamento italiano, a quelli della Regione Lazio e della Provincia di Frosinone, agli utilizzatori professionali (avvocati, dipendenti a tempo indeterminato e precari), a semplici cittadini. Hanno sfilato compatti e chiassosi mentre, contemporaneamente, si assisteva, come protesta, alla serrata dei negozi. Hanno raggiunto piazza Labriola, dove, di fronte all’ingresso del Palazzo di giustizia, il sindaco di Cassino, che precedentemente aveva già minacciato la restituzione della Medaglia d’Oro al V.M. concessa a Cassino «in omaggio riverente al Suo martirio», ha letto un estratto della delibera per la salvaguardia del Tribunale di Cassino, che sindaci e amministratori dei Comuni presenti hanno votato e approvato per acclamazione. Dunque a sessant’anni di distanza ancora a temere e tribolare per la sopravvivenza del Tribunale dopo i primi due momenti di forte tensione sociale prodottisi a cavallo degli anni Cinquanta del Novecento. Il 13 e 14 ottobre 1947 furono due giorni di sciopero con blocco totale delle comunicazioni tra Roma e Napoli in seguito agli sbarramenti posti dai manifestanti lungo la via Casilina all’ingresso nord e nel centro della città. Il secondo momento si ebbe nel maggio del 1951 in seguito alla presentazione da parte dell’on. Cesare Augusto Fanelli di un progetto di legge tendente all’istituzione a Sora di un Tribunale ricavato dalla bipartizione della circoscrizione giudiziaria di quello di Cassino. In quest’ultima occasione i resoconti della mobilitazione popolare e delle proteste dei rappresentati istituzionali trovarono spazio sui quotidiani provvisti della cronaca locale ma anche su «Il Mattino d’Italia», un giornale «democratico indipendente», diretto da Ugo Angiolillo e stampato a Napoli. La seconda pagina del giornale era dedicata alla sezione «Vita della Campania» e in essa trovarono spazio, nelle giornate del 9, 10 e 12 maggio 1951, tre articoli sulla vicenda del Tribunale di Cassino (a dimostrazione del forte legame ancora esistente all’epoca delle aree cassinati con il napoletano), a firma di Giuseppe Tomasso e Alberto de Angelis. Appare diversa, naturalmente, la provenienza del pericolo che minacciava allora (un progetto di legge tendente all’istituzione del Tribunale di Sora) e minaccia ora (una legge, la 148/2011, definita, per assurdo, «salva Italia», di razionalizzazione che per i cittadini colpiti si traduce solo in un depotenziamento nell’erogazione dei servizi pubblici o, ancor peggio, nella chiusura degli uffici statali operanti sul territorio) l’organo giudiziario della «Città martire», ma i resoconti di quegli articoli del 1951 (in merito al «grandioso comizio» tenuto, alla «serrata», alla «solidarietà», alla «giusta richiesta», alla difesa strenua del Tribunale, allo sciopero contro un’ingiustizia, alle risposte con la minaccia di restituzione della Medaglia d’oro al V.M., al rigetto dei progetti predisposti altrove, all’appellarsi al senso di giustizia dei governanti) si adattano alla perfezione anche alla situazione delineatasi oggi e sembra proprio di leggere dei pezzi giornalistici scritti sessant’anni dopo, a cavallo del 21 giugno 2012.
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