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Studi Cassinati, anno 2011, n. 4
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di Emilio Pistilli
Il cippo della foto è posto a margine dell’attuale via Falasca, esattamente al confine tra il comune di S. Elia Fiumerapido e Cassino: è parzialmente interrato ed inclinato ma ben visibile nella sua parte superiore, dove, al di sotto di una croce greca scalpellata a rilievo, si legge la data 1605, questa però è incisa. Solo la facciata anteriore è grossolanamente lavorata; gli altri tre lati sono molto grezzi. Per completezza aggiungo che l’ampiezza della facciata è di cm. 30, mentre dalla sommità alla base della data misura cm. 40; i due bracci della croce sono di cm. 20 circa. La sua collocazione, leggermente sopraelevata rispetto alla sede stradale, era difficilmente distinguibile a causa dei rovi che lo avvolgevano. Con l’amico Fernando Sidonio, che mi ha condotto sul luogo in seguito alla segnalazione di un residente, Ernesto D’Aliesio, abbiamo provveduto a liberarlo, almeno nella parte che ci interessava.
Cosa volesse indicare quel cippo potrebbe non essere del tutto chiaro.
Diciamo subito che più o meno esattamente sul luogo del ritrovamento passa il confine tra Cassino e S. Elia. Allora trovandosi a margine di strada si puó pensare ad un termine di confine. La data, 1605, e soprattutto la croce, ci riconducono al tempo in cui S. Germano (oggi Cassino) era una delle “università”, o comuni, come diremmo oggi, della Terra di S. Benedetto dipendenti da Montecassino. È noto che per regolare i rapporti, soprattutto fondiari, tra i vari comuni si usava installare quel genere di manufatti che consentivano di tracciare, tra l’uno e i successivi, la linea di confine.
La croce indicava al passante che il luogo era di competenza cassinese. Di tali pietre si ha notizia in varie località del territorio. Una di queste potrebbe essere la piccola stele posta su un tornante della via vecchia per Montecassino che reca incisa una croce di Malta e, al di sotto, della stessa mano, la scritta “MN”, di cui non si conosce il significato1.
In effetti i monaci cassinesi usarono collocare dei leoni di pietra agli ingressi della Terra di S. Benedetto e termini contrassegnati da croci ai confini tra i comuni.
Il luogo del nostro ritrovamento, come già detto, è proprio sul confine attuale tra Cassino e S. Elia. Se la supposizione è corretta dobbiamo constatare che quel confine è lo stesso di 4 secoli fa; ma di ciò non c’è da stupirsi, visto che gli stessi confini della Terra di S. Benedetto, assegnati dalla donazione di Gisulfo nel 744, coincidono in larghissima parte con quelli odierni tra comuni e regioni dello staterello cassinese2.
Ma già agli inizi del secolo scorso in una tavola del corso del fiume Rapido, redatta nel 1902 da Oreste Del Foco3, Ufficiale Sanitario di Cassino, troviamo notizia di un “termine” proprio in zona Falasca: senza dubbio è lo stesso di cui ci stiamo occupando.
C’è di più. Nel registro dei confini dell’abate Bernardo I Ayglerio (1263-1282) si fa cenno, nel settore di nostro interesse, ad una pietra scolpita con croce: “… scende verso il luogo detto Valle Cupa e prosegue fino alla pietra scolpita con una croce posizionata in fondo a Valle Cupa”4: si veda il documento pubblicato qui. L’abate la dà come già esistente, pertanto la sua collocazione è da ritenere antecedente alla stesura del registro. Di tale località, Valle Cupa, è rimasta traccia nella toponomastica santeliana con riferimento a due tratti di strade vicinali denominate entrambe “Via Cupa” che si snodano poche decine di metri più a monte del nostro cippo. Purtroppo dei toponimi citati nel documento ben pochi sono sopravvissuti fino ad oggi, ma qualcuno di essi conferma la corrispondenza tra gli antichi e gli attuali, come, per esempio, i successivi “ad pontem de Tabulellis”, il vecchio “ponte di tavole” sull’odierna via S. Domenico Vertelle (ormai sostituito da un ponte in muratura), “Carpeneta”, oggi Carpineto, ad Sanctum Michaelem de Monte, la frazione S. Michele.
Dunque già nel lontano medioevo nello stesso luogo era situato un cippo contrassegnato da una croce e che potrebbe essere lo stesso odierno. Senonché ci crea problemi la data del 1605. Potremmo risolvere la questione supponendo che la pietra fosse la stessa ricordata dal regesto di Bernardo Ayglerio e che la data vi fosse stata scolpita posteriormente, nel 1605, appunto. A conforto di tale ipotesi puó addursi la diversa tipologia dei segni grafici: la croce è in rilievo mentre la data è in incisione.
Resta comunque la domanda: chi e perché ha segnato quella data?
Dobbiamo risalire al tempo dell’abate Desiderio III da Monreale (ab. genn. 1603 – dic. 1604), o meglio dell’abate Gregorio II Casamata da Castiglione Aretino (ab. genn. 1605 – 2 ago. 1608) per poter dare una spiegazione attendibile e definitiva.
Ci informa l’archivista cassinese Erasmo Gattola (1662-1734) che un contenzioso per i confini era sorto all’inizio del 1600 tra S. Germano e S. Elia e che fu risolto proprio nel 1605. Ma diamo la parola a lui.
“Dall’anno 1599 si aprì un acceso contenzioso nel Sacro Consiglio tra gli abitanti di S. Germano e S. Elia per i loro confini, ma senza il conforto di alcun decreto regio essendosi succedute in precedenza otto ispezioni di consiglieri: dapprima Giovanni Battista Manzo, poi per due volte Michele da Villanova, quindi Giovanni Vincenzo Macedonio; per la quinta volta Giacomo Agnello de Bottis con il ricordato Villanova e Tommaso Altomare, che, colpito da malattia, dovette ritornarsene a Napoli; una sesta volta con Giovanni Felice Scalaleone, Gaspare Pinario e Francesco Daroga, che pubblicarono la sentenza nel 1576. Successivamente gli stessi Scalaleone e Pinario fissarono i termini nel mese di aprile 1577. Infine nel 1605 Scipione de Curtis e Luigi Sciavares si recarono in loco e, prima di fissare i termini, convocarono Sangermanesi e Santeliani per stabilire dove porli. Ma gli abitanti di S. Elia non accettarono che i confini fossero tracciati in linea retta; perciò di comune accordo fu convocato l’archivista per le misure. Questi esibì i confini di entrambe le università descritti nel regesto di Bernardo abate nel 1278. I Sangemanesi asserirono che quel regesto, come pure gli altri documenti venivano custoditi nell’archivio cassinese con somma cura e fedeltà dai monaci addetti e che tutte le liti sorte tra i castelli per i loro confini venivano esaminate e risolte alla luce del regesto di Bernardo, e riconobbero che i confini di S. Germano da occidente, cioè dalla parte che volge verso Roma, passano per Porta Palda o Paola e di lì, toccando le mura della rocca di S. Germano, volgono verso monte Maio e che la stessa Porta Paola dista dalla città soltanto due tiri di schioppo. I Sangermanesi mostrarono quei confini al consigliere regio di Villanova con il conforto di molti testimoni, sostenendo che i regesti, i libri, gli strumenti ed ogni altra scrittura pubblica del sacro cenobio cassinese, della chiesa di S. Germano, ecc. sono del tutto degni di fede ed approvati dal sacro consiglio e dagli altri tribunali, cosa che dimostrarono con altre scritture e testimoni”5.
È evidente che ai Santeliani fu imposta la tesi di S. Germano e che per renderla operativa, ed anche visibile, fu posto il termine lapideo con la data della risoluzione, 1605. Resta tuttavia aperta la questione se il cippo fosse lo stesso di Bernardo abate con il riutilizzo del 1605 o se si fosse provveduto ad un installazione ex novo.
Personalmente propenderei per la prima ipotesi, anche se la cosa non mi sembra di grande importanza.
Resta un’ultima domanda da porci: perché quel termine è stato posto su una via assolutamente secondaria rispetto alla viabilità odierna? Qui è abbastanza agevole rispondere: nei tempi passati quella strada era, forse, la più importante per il collegamento tra Cassino, S. Elia e Vallerotonda. Va ricordato, infatti, che l’attuale via Sferracavalli ha origine relativamente recente essendo stata deliberata la sua rotabilizzazione solo nel 1819 e resa transitabile molto più tardi 6.
Cosa volesse indicare quel cippo potrebbe non essere del tutto chiaro.
Diciamo subito che più o meno esattamente sul luogo del ritrovamento passa il confine tra Cassino e S. Elia. Allora trovandosi a margine di strada si puó pensare ad un termine di confine. La data, 1605, e soprattutto la croce, ci riconducono al tempo in cui S. Germano (oggi Cassino) era una delle “università”, o comuni, come diremmo oggi, della Terra di S. Benedetto dipendenti da Montecassino. È noto che per regolare i rapporti, soprattutto fondiari, tra i vari comuni si usava installare quel genere di manufatti che consentivano di tracciare, tra l’uno e i successivi, la linea di confine.
La croce indicava al passante che il luogo era di competenza cassinese. Di tali pietre si ha notizia in varie località del territorio. Una di queste potrebbe essere la piccola stele posta su un tornante della via vecchia per Montecassino che reca incisa una croce di Malta e, al di sotto, della stessa mano, la scritta “MN”, di cui non si conosce il significato1.
In effetti i monaci cassinesi usarono collocare dei leoni di pietra agli ingressi della Terra di S. Benedetto e termini contrassegnati da croci ai confini tra i comuni.
Il luogo del nostro ritrovamento, come già detto, è proprio sul confine attuale tra Cassino e S. Elia. Se la supposizione è corretta dobbiamo constatare che quel confine è lo stesso di 4 secoli fa; ma di ciò non c’è da stupirsi, visto che gli stessi confini della Terra di S. Benedetto, assegnati dalla donazione di Gisulfo nel 744, coincidono in larghissima parte con quelli odierni tra comuni e regioni dello staterello cassinese2.
Ma già agli inizi del secolo scorso in una tavola del corso del fiume Rapido, redatta nel 1902 da Oreste Del Foco3, Ufficiale Sanitario di Cassino, troviamo notizia di un “termine” proprio in zona Falasca: senza dubbio è lo stesso di cui ci stiamo occupando.
C’è di più. Nel registro dei confini dell’abate Bernardo I Ayglerio (1263-1282) si fa cenno, nel settore di nostro interesse, ad una pietra scolpita con croce: “… scende verso il luogo detto Valle Cupa e prosegue fino alla pietra scolpita con una croce posizionata in fondo a Valle Cupa”4: si veda il documento pubblicato qui. L’abate la dà come già esistente, pertanto la sua collocazione è da ritenere antecedente alla stesura del registro. Di tale località, Valle Cupa, è rimasta traccia nella toponomastica santeliana con riferimento a due tratti di strade vicinali denominate entrambe “Via Cupa” che si snodano poche decine di metri più a monte del nostro cippo. Purtroppo dei toponimi citati nel documento ben pochi sono sopravvissuti fino ad oggi, ma qualcuno di essi conferma la corrispondenza tra gli antichi e gli attuali, come, per esempio, i successivi “ad pontem de Tabulellis”, il vecchio “ponte di tavole” sull’odierna via S. Domenico Vertelle (ormai sostituito da un ponte in muratura), “Carpeneta”, oggi Carpineto, ad Sanctum Michaelem de Monte, la frazione S. Michele.
Dunque già nel lontano medioevo nello stesso luogo era situato un cippo contrassegnato da una croce e che potrebbe essere lo stesso odierno. Senonché ci crea problemi la data del 1605. Potremmo risolvere la questione supponendo che la pietra fosse la stessa ricordata dal regesto di Bernardo Ayglerio e che la data vi fosse stata scolpita posteriormente, nel 1605, appunto. A conforto di tale ipotesi puó addursi la diversa tipologia dei segni grafici: la croce è in rilievo mentre la data è in incisione.
Resta comunque la domanda: chi e perché ha segnato quella data?
Dobbiamo risalire al tempo dell’abate Desiderio III da Monreale (ab. genn. 1603 – dic. 1604), o meglio dell’abate Gregorio II Casamata da Castiglione Aretino (ab. genn. 1605 – 2 ago. 1608) per poter dare una spiegazione attendibile e definitiva.
Ci informa l’archivista cassinese Erasmo Gattola (1662-1734) che un contenzioso per i confini era sorto all’inizio del 1600 tra S. Germano e S. Elia e che fu risolto proprio nel 1605. Ma diamo la parola a lui.
“Dall’anno 1599 si aprì un acceso contenzioso nel Sacro Consiglio tra gli abitanti di S. Germano e S. Elia per i loro confini, ma senza il conforto di alcun decreto regio essendosi succedute in precedenza otto ispezioni di consiglieri: dapprima Giovanni Battista Manzo, poi per due volte Michele da Villanova, quindi Giovanni Vincenzo Macedonio; per la quinta volta Giacomo Agnello de Bottis con il ricordato Villanova e Tommaso Altomare, che, colpito da malattia, dovette ritornarsene a Napoli; una sesta volta con Giovanni Felice Scalaleone, Gaspare Pinario e Francesco Daroga, che pubblicarono la sentenza nel 1576. Successivamente gli stessi Scalaleone e Pinario fissarono i termini nel mese di aprile 1577. Infine nel 1605 Scipione de Curtis e Luigi Sciavares si recarono in loco e, prima di fissare i termini, convocarono Sangermanesi e Santeliani per stabilire dove porli. Ma gli abitanti di S. Elia non accettarono che i confini fossero tracciati in linea retta; perciò di comune accordo fu convocato l’archivista per le misure. Questi esibì i confini di entrambe le università descritti nel regesto di Bernardo abate nel 1278. I Sangemanesi asserirono che quel regesto, come pure gli altri documenti venivano custoditi nell’archivio cassinese con somma cura e fedeltà dai monaci addetti e che tutte le liti sorte tra i castelli per i loro confini venivano esaminate e risolte alla luce del regesto di Bernardo, e riconobbero che i confini di S. Germano da occidente, cioè dalla parte che volge verso Roma, passano per Porta Palda o Paola e di lì, toccando le mura della rocca di S. Germano, volgono verso monte Maio e che la stessa Porta Paola dista dalla città soltanto due tiri di schioppo. I Sangermanesi mostrarono quei confini al consigliere regio di Villanova con il conforto di molti testimoni, sostenendo che i regesti, i libri, gli strumenti ed ogni altra scrittura pubblica del sacro cenobio cassinese, della chiesa di S. Germano, ecc. sono del tutto degni di fede ed approvati dal sacro consiglio e dagli altri tribunali, cosa che dimostrarono con altre scritture e testimoni”5.
È evidente che ai Santeliani fu imposta la tesi di S. Germano e che per renderla operativa, ed anche visibile, fu posto il termine lapideo con la data della risoluzione, 1605. Resta tuttavia aperta la questione se il cippo fosse lo stesso di Bernardo abate con il riutilizzo del 1605 o se si fosse provveduto ad un installazione ex novo.
Personalmente propenderei per la prima ipotesi, anche se la cosa non mi sembra di grande importanza.
Resta un’ultima domanda da porci: perché quel termine è stato posto su una via assolutamente secondaria rispetto alla viabilità odierna? Qui è abbastanza agevole rispondere: nei tempi passati quella strada era, forse, la più importante per il collegamento tra Cassino, S. Elia e Vallerotonda. Va ricordato, infatti, che l’attuale via Sferracavalli ha origine relativamente recente essendo stata deliberata la sua rotabilizzazione solo nel 1819 e resa transitabile molto più tardi 6.
Confines et determinationes territorii Sancti Germani
A prima parte incipiente est mons Mayus et pergit / ad campum de Oliveto, et salit ad monasterium / Sancti Mathei servorum Dei, et ascendit ad locum qui dicitur / la Serra dello Pyloczo, et inde salit ad locum / qui dicitur Serra alta et descendit ad locum, ubi dicitur / Peromenada, deinde mergit in locum qui dicitur Valle / Cupa; et pergit ad Petram mercatam sculptam ad / Cruces positam in pede Vallis Cupe, deinde pergit / ad rivum et locum ubi dicitur la Prisa.
A secunda / parte incipiente est ipse locus qui dicitur la Prisa / et descendit in locum ubi dicitur Vado Rivo de Clya et per/git directe per viam publicam et vadit ad pontem / Verrarii sive ad pontem de Tabulellis et vadit ad ec/clesiam Sancte Trinitatis, et pergit per viam cupam de Sancto Paulo, deinde vadit per viam cupam de Carpeneta / et salit ad locum qui dicitur Petra Erta, et pergit ad locum / ubi dicitur la Pinchara, et deinde vadit ad Sanctum Michae/lem de Monte.
A tertia parte incipiente est Sanctus / Michael de Monte et vadit ad locum ubi dicitur la Cerasa / et mergit ad ecclesiam Sancti Angeli de Monte, et descendit / ad locum ubi dicitur Sprumaro, deinde mergit in locum ubi dicitur / le Vigne, et vadit ad locum ubi dicitur Morrone et descen/dit in fossatum Vernoticum deinde mergit per ipsum fossatum / usque in flumen Liris, deinde salit per crepidinem ipsius / fluminis et ascendit usque ad ecclesiarn Sancti Marci de/inde pergit ad Pontem lineum et ascendit ad portam Paldi, et salit ad Radices Montis monasterii Casinensis / et pergit circa Radices dicti Montis, deinde mergit in fossatum et salit et vadit ad locum ubi dicitur mons Ma/yus que est prima finis.
Registrum confinium di Bernardo I ayglerio (1263-1282) in Arch. di Montecassino, /fol. 2r/ <II.>.
Pubblicato per la prima volta da Faustino Avagliano in G. Lena, San Germano tra antico regime ed età napoleonica – Il Catasto Onciario del 1742, Montecassino 2000.
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Pubblicato per la prima volta da Faustino Avagliano in G. Lena, San Germano tra antico regime ed età napoleonica – Il Catasto Onciario del 1742, Montecassino 2000.
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1 Ho avuto modo di segnalarla in “Antiche strade per Montecassino”, Lamberti, Cassino 1992, pagg. 9-10.
2 Per la questione vd. la mia ricerca “I confini della Terra di San Benedetto dalla donazione di Gisulfo al sec. XI”, CDSC onlus 2006.
3 O. Del Foco, Cassino e le sue acque in rapporto al miglioramento delle condizioni igieniche della Città e dei dintorni, Milano 1902, ristampa anastatica 2005 a cura del consorzio di Bonifica “Valle del Liri”.
4 “Registrum confinium” di Bernardo I Ayglerio (1263-1282), manoscritto in Archivio di Montecassino, /fol. 2r/ <II.>, pubblicato solo relativamente ai confini di S. Germano da Faustino Avagliano nella presentazione al volume di Gaetano Lena “San Germano tra antico regime ed età moderna”, I, Montecassino 2000, pag. 10: “… mergit in locum qui dicitur Valle / Cupa; et pergit ad Petram mercatam sculptam ad / Cruces positam in pede Vallis Cupe …”.
5 E. Gattola, Accessiones ad historiam Abbatiae Cassinensis, II, Venezia, Coleti, 1744, pagg. 639-640: “[pag. 639] Ab anno 1559 summa animorum contentione lis in S. Consilio agitabatur inter incolas S. Germani, et S. Eliae pro suis finibus, nullique quod sciam, fines plurium regiorum consiliarorum praesentia honestati, cum octo vicibus plures consiliarii illos inviserint, nempe primum Johannes Baptista Manzus. Deinde ac, tertium Michael a Villanova. Quartum Johannes Vincentius Macedonius. Quintum Jacobus Agnellus de Bottis, memoratus Villanova, et Thomas Altomare, [pag. 640] qui morbo correptus Neapolim initio itineris repetiit. VI Joannes Felix Scalaleone, Gaspar Pinarius, et Franciscus Daroga, qui an. 1576 sententiam pulicarunt. VII iidemque Scalaleone, et Pinarius an. 1577, mense Aprilis fixere terminos. VIII hoc an. 1605 Scipio De Curtis, et Aloysius Sciavares locum adiere; at priusquam terminos figerent, conventionem inter sese iniere Sangermanenses, et Sancteliani de locis quibus termini figendi erant. Illos tamen a regiis consiliariis ad lineam rectam fixos non esse conquesti sunt oppidani S. Eliae, quare communi consensu Tabularius ad eos commensurandos fuit evocatus. Utraque vero haec universitas fines suos a Bernardo Abbate an. 1278 in regesto descriptos presentavit, atque Sangermanenses articulo V, VI e VII asseruere regestum illud, aliaque monumenta in archivo Cassinensi summa diligentia, et fide per monachos ad id deputatos semper custodita; et regesto Bernardi tam in judicio, quam extra fidem omnem adhibitam, litesque de finibus oppidorum ortas ejus testificatione examinatas, diremptasque, articulo 172 e 173 fatentur, fines S. Germani ab Occidente, seu illa ex parte qua Romam pergitur ad portam Paldam, seu Paulam pervenire, indeque tangendo moenia arcis S. Germani ad montem Majum pergere, eamque portam Paulam duobus tantum sclopeti ictibus urbe distare. Quos fines regio consiliario de Villanova ipsimet Sangermanenses demonstrarunt, multisque adductis testibus probarunt. Fassi sunt etiam articulo 186 regesta, libros, instrumenta, aliasque scripturas publicas sacri coenobii Casinensis, ecclesiae S. Germani etc. fide dignissimas esse, probatasque a sacro consilio, aliisque tribunalibus: quod etiam scripturis, ac testibus comprobarunt”.
6 Nel 1819 il consiglio distrettuale di Sora deliberò la rotabilizzazione della strada; nel 1824 l’ing. Giuliani riceve l’incarico di redigere il progetto; nel 1844 il consiglio distrettuale di Sora chiede la provincializzazione per assicurarne il mantenimento; nel 1859 le 19 miglia risultano ultimate: A. di Biasio, Territorio e viabilità nel Lazio meridionale, Caramanica, 1997; P. Vassalli, Storia di Atina, 1949, pag. 218 dice che fu aperta al traffico nel 1824.
2 Per la questione vd. la mia ricerca “I confini della Terra di San Benedetto dalla donazione di Gisulfo al sec. XI”, CDSC onlus 2006.
3 O. Del Foco, Cassino e le sue acque in rapporto al miglioramento delle condizioni igieniche della Città e dei dintorni, Milano 1902, ristampa anastatica 2005 a cura del consorzio di Bonifica “Valle del Liri”.
4 “Registrum confinium” di Bernardo I Ayglerio (1263-1282), manoscritto in Archivio di Montecassino, /fol. 2r/ <II.>, pubblicato solo relativamente ai confini di S. Germano da Faustino Avagliano nella presentazione al volume di Gaetano Lena “San Germano tra antico regime ed età moderna”, I, Montecassino 2000, pag. 10: “… mergit in locum qui dicitur Valle / Cupa; et pergit ad Petram mercatam sculptam ad / Cruces positam in pede Vallis Cupe …”.
5 E. Gattola, Accessiones ad historiam Abbatiae Cassinensis, II, Venezia, Coleti, 1744, pagg. 639-640: “[pag. 639] Ab anno 1559 summa animorum contentione lis in S. Consilio agitabatur inter incolas S. Germani, et S. Eliae pro suis finibus, nullique quod sciam, fines plurium regiorum consiliarorum praesentia honestati, cum octo vicibus plures consiliarii illos inviserint, nempe primum Johannes Baptista Manzus. Deinde ac, tertium Michael a Villanova. Quartum Johannes Vincentius Macedonius. Quintum Jacobus Agnellus de Bottis, memoratus Villanova, et Thomas Altomare, [pag. 640] qui morbo correptus Neapolim initio itineris repetiit. VI Joannes Felix Scalaleone, Gaspar Pinarius, et Franciscus Daroga, qui an. 1576 sententiam pulicarunt. VII iidemque Scalaleone, et Pinarius an. 1577, mense Aprilis fixere terminos. VIII hoc an. 1605 Scipio De Curtis, et Aloysius Sciavares locum adiere; at priusquam terminos figerent, conventionem inter sese iniere Sangermanenses, et Sancteliani de locis quibus termini figendi erant. Illos tamen a regiis consiliariis ad lineam rectam fixos non esse conquesti sunt oppidani S. Eliae, quare communi consensu Tabularius ad eos commensurandos fuit evocatus. Utraque vero haec universitas fines suos a Bernardo Abbate an. 1278 in regesto descriptos presentavit, atque Sangermanenses articulo V, VI e VII asseruere regestum illud, aliaque monumenta in archivo Cassinensi summa diligentia, et fide per monachos ad id deputatos semper custodita; et regesto Bernardi tam in judicio, quam extra fidem omnem adhibitam, litesque de finibus oppidorum ortas ejus testificatione examinatas, diremptasque, articulo 172 e 173 fatentur, fines S. Germani ab Occidente, seu illa ex parte qua Romam pergitur ad portam Paldam, seu Paulam pervenire, indeque tangendo moenia arcis S. Germani ad montem Majum pergere, eamque portam Paulam duobus tantum sclopeti ictibus urbe distare. Quos fines regio consiliario de Villanova ipsimet Sangermanenses demonstrarunt, multisque adductis testibus probarunt. Fassi sunt etiam articulo 186 regesta, libros, instrumenta, aliasque scripturas publicas sacri coenobii Casinensis, ecclesiae S. Germani etc. fide dignissimas esse, probatasque a sacro consilio, aliisque tribunalibus: quod etiam scripturis, ac testibus comprobarunt”.
6 Nel 1819 il consiglio distrettuale di Sora deliberò la rotabilizzazione della strada; nel 1824 l’ing. Giuliani riceve l’incarico di redigere il progetto; nel 1844 il consiglio distrettuale di Sora chiede la provincializzazione per assicurarne il mantenimento; nel 1859 le 19 miglia risultano ultimate: A. di Biasio, Territorio e viabilità nel Lazio meridionale, Caramanica, 1997; P. Vassalli, Storia di Atina, 1949, pag. 218 dice che fu aperta al traffico nel 1824.
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