Cassino: la diruta badia di San Matteo de Castello Servorum Dei

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di Chiara Mangiante*

006.jpgCenni storici
Pietro Diacono narra che il monaco spagnolo Fortunato, venuto a Montecassino al tempo dell’abate Richerio (1038-1055), si ritirò in un luogo solitario, chiamato Castellum, dove si trovava la chiesa di San Matteo. Qui edificò un’abitazione che poi divenne un monastero, a causa dell’elevato numero di persone che vi si ritiravano a vita religiosa#1.
Tuttavia mancano documenti riguardanti la fondazione del monastero. Caravita pone tale fondazione alla fine dell’X secolo al tempo dell’abate Monsone (986-996), non portando, però, ragioni per tale ipotesi#2. Gattola considera invece San Matteo come il primo dei monasteri fondato dai Cassinesi nell’XI secolo#3. L’ipotesi del Gattola trova conferma nei primi documenti del Regesto. Il primo documento, riferito al Vescovo di Salerno Alfano e all’abate di Montecassino Richerio, presenta una datazione incerta ma puó essere posto tra il 1041-1047 o tra il 1058-10854#. Il secondo documento che riguarda San Matteo nell’XI secolo è del 1084 e si riferisce alla donazione di alcuni possedimenti, situati ad Aquino nel luogo detto Maurinoli, fatta da Giordano, principe di Capua#5. In questo documento si trova come preposito del monastero un certo Sanzio, che in un documento del 1089 viene chiamato abate6#.
A dispetto delle altre prepositure il monastero di San Matteo fu onorato del titolo di Badia. Nonostante ciò era soggetta a Montecassino come si evince dal Regesto e dalle Bolle di Lucio III, Clemente III ed Alessandro IV#7. Secondo l’ordinamento cassinese spettava all’abbazia di Montecassino eleggere i prepositi. Sembra però che fin dal principio i monaci di San Matteo avessero la libertà di eleggere essi stessi il preposito, il che venne confermato da Rainaldo II abate di Montecassino (1137-1166) con una bolla consegnata all’abate Maione di San Matteo nel 1147#8. Anche i pontefici mostrarono benevolenza verso questo monastero. Lucio III in una bolla del 15 Dicembre 1183, indirizzata all’abate Giovanni, pose la Badia sotto la protezione della Santa Sede e le confermò i privilegi che le avevano conferito gli abati di Montecassino Rainaldo, Teodino e Pietro, specialmente riguardo l’elezione dell’abate e i suoi possedimenti#9. Tra questi ultimi si notano le chiese di S. Martino de monte Montano e di S. Leonardo iuxta montem Sambuculum (attuale monte Sambucaro, presso S. Vittore del Lazio). Inoltre la bolla esentò il monastero dal pagamento delle decime e l’arricchì di nuovi privilegi. Vi è, infatti, la conferma della esenzione del pane e del vino (iustitia panis et vini) che i monaci di San Matteo ricevevano giornalmente da Montecassino e da altri due monasteri vicini, S. Maria dell’Albaneta e S. Nicola della Cicogna. Alessandro IV oltre ai privilegi concessi dai suoi predecessori e da lui confermati ne aggiunse altri, tra cui quello di poter celebrare il divino ufficio clausis ianuis exclusis excommunicatis et interdictis non pulsantis campanis suppressa voce nel tempo di interdetto#10.
Nel 1229 durante la lotta tra Papa Gregorio IX e Federico II le milizie si stanziarono in questa zona. Riccardo da San Germano racconta che nel mese di marzo dello stesso anno ebbe luogo una battaglia tra l’esercito papale e quello imperiale nei pressi di San Matteo che, sei mesi dopo, fu saccheggiato dai Saraceni (arruolati nell’esercito di Federico) i quali misero in fuga i monaci#11. L’anno seguente, con la pace tra il Papa e l’Imperatore, i monaci ritornarono nel monastero.
Per il XIII secolo numerose notizie provengono dal Regesto dell’abate Bernardo. Nel 1272 preposito del monastero era un certo Leone, il quale si rivolge a Bernardo per avere il permesso di riedificare un montano appartenente al suo monastero e situato a Piedimonte, nei pressi della chiesa di Santa Lucia#12. L’anno successivo Leone si dimise spontaneamente dal suo incarico e i monaci, dopo aver chiesto licenza all’abate di Montecassino, passarono all’elezione di un nuovo abate, eleggendo Benedetto di Mignano della loro comunità. Per gravi difetti occorsi durante l’elezione e per l’incapacità di costui a tale carica, Bernardo dichiarò l’elezione nulla e, con il consenso del capitolo cassinese, elesse di sua autorità un altro abate#13. Venne così nominato un monaco cassinese di nome Giacomo di Pontecorvo al quale Bernardo concesse libera amministrazione in spiritualibus et temporalibus, salva debita subiectione reverentie et obedentia monasterio casinensi14 e, ulteriore concessione (ad augmentum gratiae), gli conservò il suo posto nel coro, voce del capitolo cassinese, e tutta la dignità monacale (integram monachalem iustitiam). L’abate Bernardo tenne in grande considerazione Giacomo e gli affidò vari compiti anche dopo la sua elezione a preposito#15. È probabile che dal 1273, dopo l’elezione di Giacomo da Pontecorvo, i prepositi di San Matteo fossero eletti dall’abate cassinese. Gattola riferisce che nel Regesto I delle Visite Pastorali dell’anno 1370, tra gli abati, la cui elezione veniva fatta dall’Abate di Montecassino, si trova citato anche quello di San Matteo, che,  nel 1371, era un certo Giovanni Papa da Gaeta#16. Nel 1397 è ricordato come preposito di S. Matteo Meulo di Pontecorvo#17. Dopo la morte di Meulo Gregorio XII ordinò che l’elezione dell’abate fosse riservata alla Santa Sede e dette il monastero di San Matteo in commenda a Giovanni Benedetto, arcivescovo di Ravenna il quale, con una bolla datata il 17 aprile 1410 a Gaeta, nominò vicario generale della sua commenda dompnum Cecchum monachum monasterii Montiscasini#18. Di Gregorio XII ci sono quattro documenti datati il 3 agosto 1411 sempre redatti a Gaeta. Nel primo19# documento il Pontefice revoca la commenda di San Matteo all’arcivescovo di Ravenna Giovanni e nomina abate di regime dello stesso monastero Franciscum Prepositum S. Nicolai de turre pagana Beneventan eiusdem Ordinis; nel secondo il Pontefice assegna all’arcivescovo di Ravenna Giovanni, una volta abate commendatario di San Matteo, 50 fiorini d’oro ex fructibus redditibus et proventibus eiusdem monasterii S. Mathei, annis singulis, in festo dicti sancti#20; lo stesso argomento è trattato nel terzo documento21# indirizzato al preposito Francesco di San Matteo; nel quarto#22 Gregorio XII raccomanda Francesco preposito di San Matteo alle cure dell’abate di Montecassino e gli concede, dopo il giuramento di fedeltà prestato al Cardinale Angelo Barbadico del titolo dei SS. Pietro e Marcellino, la possibilità di ricevere la benedizione abbaziale da qualunque vescovo che avesse l’autorità e la comunione della Santa Sede Apostolica (gratiam et communionem Apostolicae Sedis habente)#23. Francesco governava S. Matteo ancora nel 1420 e durante il suo governo mise mano alla riparazione del monastero e, per tutelarne i diritti, il 17 dicembre 1411 fece redigere dal notaio Nicola Bergo di San Germano un trasunto della Bolla di Alessandro IV#24. Fece pure diverse vendite, diede in affitto e in enfiteusi le case e le terre del suo monastero, e di queste vendite ed affitti volle che fosse scritto un memoriale#25.
In una bolla di Eugenio IV del 1441 si rileva che la prepositura era interamente abbandonata e distrutta (penitus desolatum et destructum). Il Papa unì all’abbazia cassinese i suoi beni che in quel momento rendevano solo sessanta fiorini d’oro; ma tale unione fu fatta fino a che ci fosse il beneplacito papale e della Santa Sede (usque ad nostrum et Sedis Apostolicae beneplacitum) e venne aggiunto il divieto di vendita degli immobili e mobili preziosi del monastero. Nel 1455 vi abitava un tale monaco Laurencium de Aquino a cui doveva essere affidata la cura di ciò che restava e dei campi intorno#26. Ma in una nota di un documento27# si evince che con ogni probabilità le carte del monastero erano già state trasportate nell’archivio cassinese nel 1454. Callisto III separò S. Matteo da Montecassino e lo diede in commenda a Pietro de Manatiis, canonico di Torcello e vicario generale dell’abate commendatario cassinese. Ma ciò durò fino a quando Pietro venne eletto vescovo di Nimosia, nel regno di Cipro, nel 1457#28. I monaci cassinesi, allora, si rivolsero al Cardinale Ludovico Scarampo, abate commendatario di Montecassino (1454-1465) e lo pregarono di unire di nuovo al monastero cassinese i beni di S. Matteo. Con una bolla#29, scritta a Rodi il 5 Aprile 1457, il Cardinale unì definitivamente S. Matteo con tutti i suoi beni all’Abbazia cassinese e tale unione fu confermata da Callisto III il 12 febbraio 1458. Nella Bolla di Ludovico si reca la ragione di tale unione, essendo stato il monastero per molti anni abbandonato e privo del suo abate e inoltre si aggiunge la speranza che le sue strutture fossero opportunamente riparate e conservate e che i suoi beni fossero incrementati.
Non si conosce il periodo della fine definitiva e dell’abbandono del monastero. Divenne abbazia titolare e il primo abate titolare fu probabilmente D. Pietro Biema di Verona, monaco cassinese#30. Un illustre personaggio cassinese che ebbe il titolo di abate di S. Matteo è Erasmo Gattola archivista e storico di Montecassino.


Sito e localizzazione
Monte Castellone è situato tra il massiccio di Monte Cairo e Montecassino ed arriva ad un’altitudine di 770 m s.l.m. Il monastero è stato localizzato ad un’altitudine di circa 702 m. s.l.m., con coordinate N 41°30’52” – E 13°47’41” (fig.1).
Per il momento sul sito sono state effettuate due ricognizioni#31.
Del complesso monastico rimangono i resti di un’ ambiente identificabile con una cisterna, vari tratti di muri affioranti che delimitano due ambienti, una piccola cisterna interrata, strati di crollo, tegole e coppi sparsi nell’area. Tutte queste strutture sono in mediocre stato di conservazione e ricoperte da una fitta vegetazione che rende difficile una ricognizione e una documentazione approfondita.
La cisterna presenta una lunghezza di circa 10 metri e una larghezza nella parte meridionale di 2,45 metri e nella parte settentrionale di 3,70 metri. Dei tre tratti murari ancora in piedi, per un’altezza massima di 1,50 metri, è impossibile indicare lo spessore, in quanto la cisterna risulta in parte interrata. L’interno, poi, è riempito da strati di crollo. Sono stati individuati boccagli e tracce di canali di raccolta d’acqua. Grazie a questi elementi e alla forma della struttura si è identificato l’ambiente come una cisterna (figg. 2-3).
A Nord-Est della cisterna sono stati individuati due ambienti (fig. 4). Il primo (2) è delimitato da due strutture murarie: il muro (D) è costituito da bozze calcaree di varie dimensioni, con blocchi più grandi e ben squadrati  e con l’inserimento di un filare di laterizi. La tessitura è a filari orizzontali irregolari. La struttura si conserva per una lunghezza di 2,50 metri. All’angolo con il muro (E) i tre blocchi posti in verticale misurano, partendo da quello più in basso, rispettivamente cm 35×50; 32×30;12×30 (fig. 5).
Il muro (E) si conserva per una lunghezza di 3,30 metri e per un’altezza massima di 1,55 metri: è costituito da bozze calcaree di medie e grandi dimensioni in filari irregolari con l’uso di zeppe e scaglie di riempimento e l’uso in qualche punto di coppi o laterizi (fig. 6)
Il paramento di entrambi i muri è visibile solo all’esterno perché la parte interna dell’ambiente è completamente riempito di terra, vegetazione e strati di crollo. Entrambi i muri presentano uno spessore tra i 70 e gli 80 cm.
A più di 3 metri di distanza, in direzione sud, dal muro (D) è conservato per circa 2 metri un altro tratto murario, costituito da bozze di medie e grandi dimensioni con l’uso di scaglie e laterizi.
Dell’ambiente 3 si conservano integralmente o in parte tutte e quattro le pareti (fig.7). Il muro (H) si conserva per una lunghezza di 5,20 metri mentre il muro (I) per una lunghezza di 4,50 metri. Entrambi i muri presentano un’altezza media massima di 1,50 metri. Il muro (L) si conserva per circa 3 metri e quello (G), il meno conservato, per 1,50 metri. L’ambiente è in cattivo stato di conservazione ed avvolto da una fitta vegetazione.
A Nord-Est è stata rinvenuta una piccola cisterna quadrangolare interrata e riempita di terra per quasi la sua totalità. La cisterna misura metri 2,35×1,70 e presenta angoli arrotondati.
A poca distanza dalla grande cisterna, sono stati individuati resti di un piccolo tratto viario: purtroppo non è stato possibile rintracciare altri tratti o capire la possibile direzione della strada (fig. 8).
Le foto e i disegni sono dell’autrice.

Bibliografia:
Caplet 1890: A.M. Caplet, Regesti Bernardi I abatis Casinensis fragmenta, Roma, 1890.
Caravita 1871: A. Caravita, I codici e le arti a Montecassino, Montecassino, 1871.
Fabiani 1968: L. Fabiani, La Terra di San Benedetto, Cassino, 1968.
Gattola 1733: E. Gattola, Historia Abbbatiae Cassinensis, voll. 2, Venezia, 1733.
Gattola 1734: E. Gattola, Accessiones, voll. 2, Venezia, 1734.
Inguanez 1914: M. Inguanez, Regesto dell’antica Badia di San Matteo de Castello, Montecassino, 1914.


* L’articolo è un estratto della Tesi di laurea Insediamenti monastici nella Terra Sancti Benedicti tra VIII e XII secolo discussa presso la Facoltà di Conservazione dei beni culturali dell’Università degli Studi della Tuscia.
1# Il brano di Pietro Diacono tratto da De ortu et vita Justorum Casinensium cap. 54 è contenuto in Inguanez 1914, pag. XVI. Pietro Diacono narra la vita santa di Fortunato e i miracoli da lui operati che attiravano a lui un gran numero di fedeli. Cfr. anche FABIANI 1968, II, pag. 194 e Inguanez 1914, pag. XVI.
2# Caravita 1871, I, pag.103.
3#Gattola 1733, I, pag. 401.
4# Nel documento compare come vescovo di Salerno Alfano che però divenne Arcivescovo nel 1058, quando cioè l’abate Richerio (1038-1055) era già morto da due anni. Inguanez nella sua edizione critica non apporta alcuna correzione per mancanza di dati correttivi da proporre con sicurezza. Propone quindi due datazioni, o fino al 1047, ma in questo caso al posto di Alfano si deve sostituire il nome di Amato, ricordato arcivescovo fino al 1047; oppure la data dovrebbe andare tra il 1058 e il 1085 anni in cui fu arcivescovo di Salerno Alfano. Inguanez 1914, pag. XVI-XVII nota 5 e per il documento pag. 1, n. I.
5# Inguanez 1914, pag. 2, n. II.
6# Inguanez 1914, pag.7, n. V. È la stessa persona che si trova nei diplomi di Giordano, inseriti nel regesto e riportati da Gattola, anche se il nome è scritto in modo diverso.
7# Le Bolle papali sono riportate in Gattola 1733, I, pp.402-405 e il documento del Regesto è in Inguanez 1914, pag. 2, n. II.
8# Bolla riportata in Gattola 1733, I, pag. 401: concedimus et confirmamus, ut sicut vestri maiores mira plane sanctitate prediti habuisse noscuntur ita et vos liberam habeatis potestatem vobis priorem elegendi. (Concediamo e confermiamo, proprio come era riconosciuto ai vostri predecessori, dediti alla totale santità, che anche voi abbiate la facoltà di eleggere da voi il priore).
9# Bolla riportata in Gattola 1733, I, pag. 402.
10# “a porte chiuse con l’esclusione degli scomunicati e degli interdetti senza il suono della campana”, in Gattola 1733, I, pag. 405.
11# Inguanez 1914, pag. XXIII.
12# Caplet 1890, pag. 126, n. 299.
13# Caplet 1890, pag. 158, n. 437.
14 “Nelle cose spirituali e temporali, fatto salvo l’obbligo della sottomissione e obbedienza al monastero cassinese”.
15# Caplet 1980, pag. 192, n. 437 , pag. 205, n. 475, pag. 197,  n. 446.
16# Gattola 1733, I, 407. Il Regesto non è più conservato nell’archivio e l’unico a riportarlo è il Gattola. Il documento riguardante l’abate Giovanni Papa da Gaeta è riportato in Inguanez 1914, p. 143, n. I.
17# Inguanez 1914, pag. XXVII.
18# Inguanez 1914, pag. 146, n. II.
19# Inguanez 1914, pag. 147, n. III.
20 #“dalle rendite dei frutti e i proventi dello stesso monastero di S. Matteo per ogni singolo anno, nel giorno della festa di S. Matteo”, Inguanez 1914, pag. 150, n. IV.
21# Inguanez 1914, pag. 151, n. V.
22# Inguanez 1914, pag. 153, n. VI.
23# Inguanez 1914, pag. 156, n. VII.
24# Inguanez 1914, pag. XXVIII.
24# Inguanez 1914, pag. XXIX, al suo tempo questo memoriale è ancora conservato.
26# Inguanez 1914, pag. XXX: nel 1456 esisteva ancora la chiesa adi S. Matteo come ricorda lostesso Laurencium nel Reditus Mons. S. Mathei, cfr. nota 1.
27# Riportato in Inguanez 1914, pag. 143, n. I.
28# Gattola 1733, I, pag. 408.
29# Riportata in Inguanez 1914, pag. 163, n. IX.
30# Ne tesse l’elogio P. D. Cornelio Ceraso, negli elogi dei monaci defunti di Montecassino, ed è riportato in Gattola 1733, II, pag. 755. E’ riportata anche la data della sua morte, l’8 Dicembre 1644.
31# Devo ringraziare Sergio Saragosa per avermi fatto conoscere il sito e per la prima ricognizione, e Paolo e Giovanni Gallozzi per avermi accompagnato una seconda volta.

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