Un Ulisse dei nostri tempi

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di Maurizio Zambardi

02-2011-12.jpg.jpgSabato mattina, 7 maggio 2011, all’ombra di un tiglio, un gruppo di giovani si accalca attorno ad una panchina nella piazzetta a ridosso di Viale degli Eroi, nel centro di San Pietro Infine. Il gruppo fa cerchio intorno a un uomo con berretto rosso, casacca gialla fosforescente, pantaloncini neri da ciclista e una folta e lunga barba giallastra. Alla sua sinistra una bici nera, semisepolta da borse e zaini, sistemati, però, con cura e bilanciati ai lati della sella. Nonostante il chiacchiericcio pre-elettorale delle amministrative locali il suo arrivo in piazza cattura l’attenzione della gente.
L’uomo è un “viaggiatore solitario”, me ne danno conferma alcuni ragazzi che cercano anche di farmi partecipe del loro interesse verso questa misteriosa figura. Ma io mi limito ad osservare da lontano e cerco di capire dal linguaggio gestuale le domande che i giovani gli pongono e le relative risposte di ritorno. Alcuni di loro si organizzano per procurargli qualcosa da mangiare e da bere ed anche delle sigarette, e lui ringrazia riconoscente.
Ben presto alla curiosità si somma anche tanta simpatia e ammirazione per la sua vita avventurosa che molti vorrebbero fare ma che non faranno mai.
La sua esperienza affascina come attrae il vagabondare di Boccadoro, il personaggio del romanzo di Hermann Hesse “Narciso e Boccadoro”, che oppone la sua scelta di vita a quella preordinata e regolare di Narciso.
Ad un certo punto qualcuno avanza l’ipotesi che l’uomo sia una persona scomparsa da anni, il suo volto sembra essere simile a quello visto qualche giorno fa nella trasmissione televisiva “Chi l’ha visto?” La notizia viene, però, ben presto smentita da ricerche via internet ed anche dai racconti dell’uomo. Alcuni miei impegni mi impediscono di approfondire l’argomento, ma l’occasione mi si ripresenta la sera. Trovo infatti il “viaggiatore solitario” seduto davanti al bar di mia moglie. Ora posso osservarlo piú da vicino. Il suo sguardo è profondo e rivela anche saggezza. Il suo volto è solcato da profonde rughe che lo fanno apparire piú vecchio della sua età reale. Sembra il volto di un vecchio marinaio che ha trascorso tutta la sua vita esposto al sole e alle intemperie.
Ne approfitto allora per saperne di piú e gli rivolgo alcune domande. L’uomo capisce perfettamente l’italiano, ma ha qualche difficoltà a parlarlo, e quindi, grazie all’aiuto di Tiziano, comunichiamo in inglese.
Si chiama Christian Van Limberg, ha sessant’anni e viene dal Belgio, Anversa. Ha due figli, uno di 34 e l’altro di 35 anni, e tre nipotini che, però, non vede da tanto tempo.
Si è separato dalla moglie nel 1981. Ha lavorato per molti anni in una miniera ai confini con l’Olanda, e, nonostante il suo lavoro si svolgesse a 1800 metri di profondità, si riteneva soddisfatto perché guadagnava bene. Poi, a seguito della chiusura della miniera, fu licenziato. Da allora decise di dare una svolta radicale alla sua vita, raccolse tutti i suoi risparmi e programmò di acquistare una casa nell’isola di Creta, dove si sarebbe stabilito a conclusione del suo viaggio.
E cosí, il 12 aprile del 1989, iniziò questo suo viaggio per l’Europa, prima a piedi, per 22 anni, e poi in bicicletta, negli ultimi 4 anni. La bici gli fu donata da un signore in Puglia.
Questa sua voglia di viaggiare e di conoscere le bellezze del mondo, nasceva proprio dai decenni passati al chiuso nelle viscere della terra e dal bisogno di ritrovare se stesso.
Christian Van Limberg è partito dal Belgio e ha viaggiato in lungo e in largo per la Germania, l’Austria, l’ex Cecoslovacchia, la Spagna, il Portogallo, la Francia e l’Italia. Conosce sette lingue, imparate proprio in questi suoi continui spostamenti.
Ha fatto ritorno in Belgio solo due anni fa, quando è morta la madre, con cui si teneva in costante contatto telefonico. È tornato con l’aereo, ma è rimasto lí solo pochi giorni.
Ci mostra poi alcune mappe stradali e ci fa vedere che ha percorso finora trecentomila chilometri, visitando piú di trentasettemila paesi e città. Località testimoniate e certificate per la maggior parte da timbri comunali e attestati vari. In un diario, dalla copertina blu e tenuto insieme da scotch, annota e riporta le località, le date ed anche alcune notizie, che gli serviranno – ci dice – alla fine del viaggio, quando si impegnerà a riportare questa sua esperienza in un libro.
Ora dice di provenire dalla Sardegna, dove ha visitato 272 paesi, e ci mostra orgoglioso una grossa bandiera sarda ricolma di firme e frasi (cosí come lo sono anche la sua casacca gialla e il berretto) della gente che ha incontrato.
Riferisce poi che è passato già a San Pietro Infine l’anno scorso. La sua prossima tappa è Brindisi, dove si imbarcherà per la Grecia. Poi tira fuori dal suo zaino una cartella trasparente contenente oltre ai suoi documenti anche una serie di ritagli di giornali che raccontano di lui, articoli impreziositi anche da alcune sue foto. Alcuni titoli lo riportano come il Forrest Gump europeo, altri come un Ulisse dei giorni nostri.
Non porta soldi addosso, ha però un salvadanaio di latta dove raccoglie le offerte della gente per pagarsi la nave per la Grecia.
Gli chiediamo di raccontarci qualcosa di questa sua avventura e di come lo accoglie la gente che incontra. Ci risponde che ci sono dei paesi dove la gente è molto ospitale, altri meno, altri ancora mostrano indifferenza o addirittura cattiveria. Ci riferisce infatti di una volta che alcuni balordi lo minacciarono di dargli fuoco se non andava subito via dal luogo che aveva scelto per pernottare; un’altra volta, in Romania, hanno provato piú di una volta di rubargli la bici.
Cammina zoppicando lievemente e ci dice che è a causa di un problema che ebbe alla gamba nel suo peregrinare, quella volta ne rischiò addirittura l’amputazione.
Dorme dove può, nelle parrocchie, nei municipi, sotto i ponti o per strada, insomma gli basta un riparo. Ha una tenda canadese ma la usa solo in caso di necessità, anche perché se dorme nella tenda ha paura di non accorgersi se tentano di rubargli la bicicletta, divenuta ora una sua compagna inseparabile.
Nel suo peregrinare ha sofferto la fame, la sete e il freddo, specie nelle gelide notti invernali, ed anche la solitudine che si sommava ai numerosi acciacchi di una vita disagiata, come quella del girovago, ma nonostante ciò ha accettato il tutto con filosofia.
Spera inoltre di rientrare nel Guinness World Record, come viaggiatore solitario che ha percorso piú chilometri di tutti, a piedi o in bicicletta.
Finita l’intervista gli offriamo qualcosa da bere, intanto lui mi chiede dei cartoni da poter mettere a terra nella pensilina di attesa degli autobus, cosí da poterci stendere il sacco a pelo. Purtroppo l’attesa di parlare con “l’Autorità” locale per avere una sistemazione per la notte è stato vano. L’Autorità è infatti troppo impegnata e presa dai problemi della politica paesana e non ha tempo di dar retta ad un “viaggiatore solitario”, anche perché, forse, il suo aspetto ricorda troppo quello di un vagabondo…(?)
Non ho i cartoni ma gli procuro, però, dei tappetini colorati da ginnastica, e lui mi ringrazia con garbo.
La mattina dopo spero di incontrarlo ancora per sapere come ha trascorso la notte, ma mia moglie Luciana mi dice che è andato via presto, si è preoccupato però di restituirmi i tappetini, e, dietro l’insistenza di Luciana di portarseli via, ne ha accettato solo uno.
Ciao Christian, ti auguro una buona sorte, anche se solo con la mente, io ti accompagnerò per un po’ in questo tuo fantastico viaggio alla scoperta di altre terre e di altri paesi, e chissà, forse un giorno tornerai ancora qui a San Pietro e ci racconterai di queste tue avventure e di tutta l’esperienza accumulata.
Ed ora, poiché il tuo viaggio mi fa venire in mente la famosa frase di Dante che, nel canto XXVI dell’Inferno, fa dire a Ulisse: «fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza» voglio affidartela, portala sempre con te e regalala a quante piú persone puoi.

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