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Studi Cassinati, anno 2010, n. 2
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di Domenico Lollo
Paolo Mattia Castrucci in Descrizione del Ducato d’Alvito nel Regno di Napoli, parlando della chiesa di s. Simeone profeta della stessa città, a pagina 30 scrive: «[…] per la ruina dell’antica, che era dove oggi è il giardino dei frati cappuccini: contiguo al pozzo propinquo alla strada». Da ricerche effettuate fino a tutto il primo decennio del terzo millennio risulta che il toponimo il ‘Giardino dei Cappuccini’, non più in uso, era sopra la località ‘Vignola’. La Vignola è una zona conosciuta e ben delimitata. È questa posta a monte della strada vicinale che ha lo stesso nome e al di sotto della strada vicinale ‘Rampe di s. Nicola’. le suddette strade sono rilevate nei mappali del catasto aggiornato al 2005. Il Castrucci a pagina 37 della predetta opera scrive: «Sotto il detto monastero, e chiesa, vi è una strada pubblica, che principiando dalla porta dei Cappuccini, va quasi per diretta linea alla volta di levante estivo, al tempio antico della miracolosa Madonna del Campo in Cominio». Si può ritenere questa strada quella già nota a pagina 30. Essa aveva inizio nella parte bassa di via Maggiore, di poco al di sopra dell’attuale Porta Jacobelli, ed il suo primo tratto, si ritiene che fosse la strada che oggi è l’accesso alla Villa Mazzenga, già villa comunale, fino al tornante che curva verso destra. Da qui essa proseguiva in linea quasi retta e in declivio fino a congiungersi all’incrocio della strada vicinale ‘s. Poppa’. Personalmente posso testimoniare che, fino a qualche decennio fa, nelle immediate vicinanze dell’incrocio della via vicinale s. Poppa, sul lato ovest dell’edificio scolastico dell’attuale Scuola Media Statale e il muro di sostegno dell’incrocio delle suddette strade, era visibile un puteale, che a seguito dei lavori di sistemazione dell’edificio scolastico e della strada di accesso ai locali-palestra, fu interrato. Dionigi Antonelli in Abbazie, prepositure e priorati benedettini nella Diocesi di Sora nel medioevo (secc VIII-XV),1986, a pagina 134 riferisce di uno xenodochio di s. Simeone profeta, documentato a partire dall’anno 1101. Lo stesso autore in Gli ospedali delle parrocchie e degli ordini religiosi esistenti nella città e nella diocesi di Sora dal sec. XI al Sec. XIX, 2009, parlando dello xenodochio riferisce che era situato fuori porta Jacobelli, «in una zona di notevole traffico in quanto percorsa dalla strada che da Monte Albeto portava a santa Maria del Campo». È questa la strada citata dal Castrucci come ‘via pubblica’. L’Antonelli a pagina 283 della citata opera Gli ospedali…, riferisce «In questi anni tra i palazzi, che si trovano nei dintorni dell’odierna porta Jacobelli, è stato individuato gran parte dell’impianto e delle mura perimetrali dell’antica collegiata di s. Simeone» ed è concorde con Cesidio Iacobone, Alvito e la sua Valle, 2003. Certamente i due studiosi, di cui sopra, hanno consultato il documento dell’anno 1101 relativo ad una terra donata a s. Martino, vicino allo xenodochio s. Simeone profeta e una ‘vigna’ nello stesso luogo. In particolare C. Iacobone scrive che, attraverso attente indagini espletate nel posto, la stessa chiesa fosse ubicata più in basso di corso S. Castrucci, certamente dopo il primo tornante in prossimità di porta Jacobelli. Un fatto importante da segnalare è il terremoto del 1349: da questa data dobbiamo partire per esaminare le mura di Alvito che dipartono dal Castello e scendono come due grosse braccia per contenere il quartiere del Peschio, di S. Giovanni e della Platea. Il Castello fortemente danneggiato dal sisma, non aveva più la sua funzione amministrativa che certamente incomincia ad esercitarsi nell’area bassa della città. Ci si chiede come mai il duca Rostaino II, nel realizzare le mura di cinta dell’abitato, abbia lasciato fuori la chiesa-xenodochio di s. Simeone, molto probabilmente l’edificio non aveva subito danni, vero è che vi si officiò fino al 1574, quando il vescovo Tommaso Gigli consacrò la nuova chiesa con lo stesso titolo all’interno delle mura. È opportuno riferire che durante i lavori di realizzazione del parcheggio, più in basso del piazzale dei cappuccini, vennero alla luce resti di alcuni muri cementati con malta (fig.1) che nessuno prese in considerazione e che furono internati, considerata l’‘urgenza’ di completare i lavori. Questi resti di muro erano, a mio parere, propinqui la strada pubblica citata dal Castrucci e dall’Antonelli, si trovavano nel giardino dei Cappuccini e sopra l’attuale località detta ‘vignola’. Nello stesso tempo, in mezzo alla terra e al pietrame, nelle immediate vicinanze di detti muri rinvenni un frammento di una colonna o semicolonna in calcare di Vallecupa (fig. 2), esso è in mia custodia e certamente apparteneva al complesso religioso di cui mi sto occupando. È doveroso segnalare il contenuto di un manoscritto di una decina di pagine conservato nell’archivio parrocchiale della chiesa di s. Simeone, dell’abate don Crescenzo Forte che fu parroco della Collegiata fino a tutta la prima metà del secolo scorso. In esso è sintetizzata una storia della Collegiata e si annoverano i beni di proprietà della chiesa. Per quanto riguarda l’ubicazione della chiesa extra moenia, lo stesso parroco afferma che non ha elementi probanti per situare la chiesa-xenodochio di s. Simeone presso l’abitazione dei fratelli Vincenzo e Cesidio Di Bona, che abitano nella stessa località dove l’Antonelli e Cesidio Iacobone pongono il sito della chiesa-xenodochio di s. Simeone. Si riporta un passo molto significativo del Forte: «Io personalmente ho perlustrato il posto, ma in quegli antri umidi e disordinati nulla di antico mi è stato possibile rintracciare».
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