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Studi Cassinati, anno 2010, n. 1
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di Duilio Ruggiero
Pietro Duratorre è stato il secondo Sindaco di Castelforte dopo l’Unità d’Italia e rivestì la carica, salvo brevissimi periodi, ininterrottamente dal 1862 sino alla morte avvenuta nel 1866.
Capeggiava la corrente politica avversa alle famiglie D’Orvé-Cimino, legate alla dinastia borbonica e che quasi per un secolo avevano detenuto il potere amministrativo locale. Schierava tra gli altri Gennaro Mattei e Gaspare Leo, cospiratori, che avevano subito col processo alla Setta dell’Unità d’Italia del 1848-50, carceri e multe.
Apparteneva ad una delle famiglie più in vista di Castelforte che aveva espresso eminenti sacerdoti, diversi amministratori locali ed a livello distrettuale e molti ottimi professionisti.
Nato a Castelforte nel 1830, figlio di Michele e di Diana De Luca, aveva sposato Teresa Paglioli proveniente dalla borghesia di un altro paese.
Le prime elezioni comunali dopo l’Unità Nazionale furono tenute il 19 maggio 1861 ((iscritte a votare solamente 59 persone). Molti gli uomini della vecchia classe dirigente, ma per la prima volta compaiono nomi di persone messe al bando dalle autorità borboniche
Pietro Duratorre compare nella tabella dei consiglieri comunali di Castelforte inviata al Capo della Provincia dal sotto prefetto di Formia in Gaeta il 18 ottobre 1862 (nota n. 9137). Pietro Duratorre era entrato nell’amministrazione comunale con l’elezione del quinto come previsto per il rimpiazzo.
Il 7 ottobre (n. 8519), oggetto: Pel Sindaco di Castelforte , la Sottoprefettura scrive al Prefetto: ”Di replica all’emarginato di lei foglio, compiegando la Tabella dei Consiglieri Comunali di Castelforte, le propongo tra essi a Sindaco di Castelforte il Sig. Pietro Duratorre, a rimpiazzo del Sig. Luigi Cinquanta che ha rinunciato. Egli è preferibile agli altri, appartiene ad una delle famiglie più ricche e più influenti di colà, e nutre sentimenti patriottici e di attaccamento all’attuale governo”.
Il 30 ottobre 1862, la Prefettura di Caserta (nota n. 10220) scrive al Ministero dell’Interno, Segr.to Generale, Torino: “Il Sig. Cinquanta, il quale à finora esercitato lodevolmente la carica, per sopraggiunti bisogni di famiglia e per la poco florida salute à presentato adesso la rinuncia. Il Sotto Prefetto del Circondario, nell’appoggiare la domanda del Sig. Cinquanta, propone in di lui rimpiazzo l’altro consigliere Sig. Pietro Duratorre, preferibile agli altri ed appartenente ad una delle famiglie più ricche ed influenti del paese e dotato di sentimenti patriottici e liberali. Ed il sottoscritto nell’uniformarsi allo avviso del Sotto Prefetto, si fa a provocare il relativo R. Decreto di nomina rassegnando la Tabella dei Consiglieri”.
Il relativo R. Decreto di nomina del Sig. Pietro Duratorre alla carica di Sindaco del Comune di Castelforte per il triennio 1861-62-63, viene rimesso alla Prefettura dal Ministero dell’Interno in data 11 novembre 1862 e con nota n. 23146 dalla Prefettura al Sotto Prefetto.
Il 29 agosto 1863 con nota n. 7826 il Sotto Prefetto di Gaeta, “previene la Prefettura di aver impartita autorizzazione al Sindaco di Castelforte per convocare straordinariamente il Consiglio per deliberare sulla formazione di un battaglione Mandamentale di Guardia Nazionale”. Castelforte doveva fornire una compagnia della quale era Capitano Gennaro Mattei e Luogotenenti Luigi Cimino e Gaspare Leo, Sottotenenti Antonio Faraone e Filippo Duratorre.
All’inizio del 1865 il Consiglio Comunale è composto da: Duratorre Pietro (Sindaco), Caracciolo Giov.Battista, Cimino Luigi, Cimino Francesco, Cinquanta Biagio, Cinquanta Francesco, Cinquanta Luigi, Duratorre Giuseppe, Duratorre Filippo, Duratorre Vincenzo, Faraone Antoniom Faraone Celestino, Fusco Severino, Gallucci Erasmantonio, Gaveglia Martino, Leo Nicola, Mattei Ettore, Mattei Gennaro, Mattei Salvatore, Petrucci Vincenzo. La Giunta comunale che affianca il Sindaco Pietro Duratorre comprende tra gli altri gli assessori Leo Nicola, Leo Gaspare, Mattei Raimondo, Faraone Antonio, Cimino Luigi.
Il Duratorre organizzò e capeggiò una “spedizione punitiva contro la popolazione ed il rappresentante amministrativo di S. Castrese”, in tenimento di Sessa Aurunca, che ripetutamente si erano resi colpevoli di furto nei confronti di cittadini di Castelforte; l’azione fu compiuta dopo inutili e vane diffide ed avvertimenti, ma fu considerata dalle autorità di governo “atto poco giustificabile”.
In seguito al rapporto del Sotto Prefetto del 24 aprile 1866 n. 4722 alla Prefettura, Pietro Duratorre, con Real Decreto del 28 giugno 1866, inviato dalla Prefettura al Capo del Circondario il 30 agosto, fu destituito dalla carica di Sindaco. Lo stesso Sotto Prefetto il 27 aprile 1866, prot. n. 9435, aveva scritto alla Prefettura che “allora (al momento dell’azione) non si era intrapresa la Guerra Nazionale” (Terza Guerra d’Indipendenza). Quando le faccende politiche si fecero più gravi, con dispaccio segreto, propose la sospensione di ogni misura contro il Duratorre, come colui che in tempi eccezionali “per fermezza di carattere, per sani principi, era l’unico che poteva offrire al Governo sicura garanzia che l’ordine nel Comune, anzi nel Mandamento, non verrebbe turbato”. Ma la sospensione pervenne alla Sotto Prefettura che telegrafò immediatamente al Prefetto dicendo che “ove non avesse disposto diversamente per le ragioni esposte precedentemente avrebbe ritenuto il Decreto di sospensione presso l’Ufficio di Sottoprefettura”.
Il Sotto Prefetto ricordò ancora che “intanto il Duratorre ebbe agio di rendere importanti servizi per la presentazione degli iscritti di leva, per le votazioni provocate nel suo Comune a favore dei contingenti poveri e dei combattenti le patrie battaglie, non che esercitando con grave rischio e pericolo della vita le funzioni di Ufficiale di Polizia Giudiziaria”. Il Sotto Prefetto continua: “prima di dar corso a tale disposizione mi permetto di rassegnare alla S.V. Ill.ma che applicata ora (la sospensione) la ravviserei inopportuna mentre forse era conveniente quando il fatto di S. Castrese era accaduto da pochi giorni. E poiché la destituzione del Duratorre arrecherebbe grave nocumento alla cosa pubblica, oso pregarla a voler interporre i suoi valevoli uffici affinché il Decreto di cui sopra possa venire revocato”.
In data 30 agosto 1866 la Prefettura di Caserta propose al Ministero dell’Interno, a Firenze, (allora capitale del Regno e sede del Governo unitario) l’annullamento del R. Decreto di rimozione in quanto “essendo il Duratorre l’unico soggetto di quel Consiglio Comunale che non era borbonico, clericale e manutengolo di briganti, reputava conveniente nell’interesse del servizio di non darsi altro seguito alla pratica ritenendolo abbastanza punito con la sospensione sofferta”.
Il Ministero dell’Interno in data 17 settembre 1866 revoca il Decreto di rimozione comunicando la Riservata al Prefetto: “questo Ministero ha rassegnato alla firma del Luogotenente Generale di S.M. in udienza del 12 corrente il Decreto col quale il Signor Duratorre Pietro è restituito nella carica di Sindaco di Castelforte di cui era stato rimosso con R. Decreto 28 giugno ultimo scorso”.
Il Sindaco Pietro Duratorre tentatò di far costituire il feroce bandito Tommaso Saltarelli (col quale aveva anche legami di comparanza), che, evaso dal Carcere Mandamentale di Traetto (l’attuale Minturno), terrorizzava la zona con Antonio Mazzarella1; ma venne attirato in un tranello. Il fuorilegge, che in passato era stato legato al Duratorre da molta confidenza, aveva promesso di costituirsi soltanto ed esclusivamente al vecchio amico Sindaco. Già la pretesa di incontrarsi solo con lui ed in luogo lontano dall’abitato e senza inoltre che ne fossero informate le forze dell’ordine avrebbe dovuto mettere in sospetto la richiesta del fuorilegge. Pietro Duratorre comunque aderì malgrado le implorazioni della giovane moglie a non farlo. La moglie del Duratorre dall’ampio terrazzo del palazzo che affacciava nella valle implorava il marito a non andare mentre quello con passo deciso si avviava verso l’appuntamento. Dal terrazzo ella potette assistere a tutta la scena dell’assassinio di suo marito.
La zona dell’incontro prescelto era una stretta gola dove scorreva il Rio Grande tra le pendici ripide del colle S. Martino, il Monte Siola ed il Colle Cimbrone.
Era il giorno 29 ottobre 1866, verso le ore 15. I due incominciarono a parlare amichevolmente alla distanza di una decina di metri. Mentre il Sindaco Duratorre cercava di convincere il Saltarelli a rinunciare alla latitanza, fu ucciso dal Mazzarella, appostato dietro un albero di carrubo, ai piedi del Colle Cimbrone (località Scesa) nelle immediate adiacenze dell’abitato. Il Duratorre venne colpito da una prima scarica e subito dopo da un secondo colpo che gli cagionarono diverse ferite in varie parti del corpo. I due complici, poi, infierirono ferocemente sul cadavere dell’ucciso seviziandolo orrendamente.
È da credere che il Saltarelli per eliminare il sindaco si sia servito dell’opera dell’altro bandito in quanto impossibilitato ad usare armi da fuoco, perché era rimasto quasi cieco in seguito ad una rissa tra fuorilegge avvenuta qualche tempo prima a Coreno. Il Saltarelli con uno stiletto (arma da punta e da taglio) causò altre dieci ferite in diverse parti del corpo dell’ucciso ed infierì ancora con rabbiosa violenza cagionandogli altre due ferite al collo, tre al torace e dodici alle mani, ed inoltre lo mutilò dei testicoli che poi furono abbandonati sul cadavere.
Si racconta che il Duratorre, dopo il primo arresto del Saltarelli, aveva orinato con disprezzo sulle funicelle che legavano i polsi del catturato in modo da renderle umide e più stringenti; questi avrebbe giurato di fargliela pagare.
Furono proprio le sue doti di attaccamento al dovere, la sua spregiudicata baldanza e la sua temerarietà che causarono la morte del Duratorre. Egli avrebbe dovuto temere la minaccia pronunciata nei suoi confronti al primo arresto dal bandito; ma forse, contando sulla sua autorità di Sindaco, sul suo prestigio e sulla sua ascendenza, non credette alle minacce di vendetta del fuorilegge.
In seguito all’efferato delitto la zona venne presidiata a lungo da carabinieri e da reparti dell’esercito che davano la caccia ai due feroci assassini, che, braccati anche dalla Guardia Nazionale, dovettero allontanarsi da quelle località e si costituirono alla Polizia Pontificia di Vallecorsa sperando di sfuggire alla giustizia italiana. Furono però ugualmente consegnati alle autorità italiane . Era troppo noto il barbaro assassinio commesso e le modalità con le quali aveva infierito sul cadavere dell’ucciso.
Tommaso Saltarelli e Antonio Mazzarella, dopo la cattura, vennero processati dalla Corte d’Assise Ordinaria del Circolo di S. Maria C.V. composta da Filippo Capone Presidente e dai Giudici assessori Francesco Dragonetti e Luigi Mascitelli. P. M.il Procuratore del Re Comm. Orazio, Cancelliere Domenico Di Lorenzo. Oltre per l’assassinio del Sindaco Pietro Duratorre, erano accusati di mancato assassinio di Luigi De Bernardis e di Carmine Romano (24 maggio 1866), di grassazione e minacce nei confronti di Francesco Romano (22 luglio 1866) e di Francesco Siena (25 luglio 1866), oltre a vari altri reati, il Saltarelli anche di recidiva per essere stato altra volta condannato a 15 anni di ferri.
La sentenza emessa il 16 novembre 1868 condannò entrambi alla pena di morte. Questi produssero ricorso alla Corte di Cassazione che respinse l’istanza (partecipazione della Proc. Gen. Della Corte d’Appello al Procuratore del Re in data 26 luglio 1870 n. 949). Ad ambedue, poi, con R. Decreto del 23 febbraio 1871 la pena di morte inflitta era stata commutata in quella dei lavori forzati a vita. Morirono dimenticati da tutti nel Penitenziario di Santo Stefano.
Oggi del feroce assassino si ricorda soltanto il satirico ed orribile soprannome. Tuttavia il ricordo del bandito, nella Valle di Suio, dove era nato, ancora affiora vago e non del tutto rispondente alla cronaca ufficiale che ce l’ha tramandato. Da taluni era ritenuto il “Robin Hood” della “Foresta di Suio”
Il compianto Domenico Falso “Mimmo” (24.10.1942 – 13.10.1998), nativo della zona, autore di molte liriche e racconti nel nostro vernacolo – curava una rubrica settimanale sul dialetto e sulla tradizioni locali, rubrica condotta puntualmente con rara competenza – ha dedicato alcune trasmissioni al bandito. Prima della morte lavorava appassionatamente intorno a un romanzo biografico su di lui, “Uastemamaronne”, elaborando i racconti e i ricordi dei suoi parenti anziani ascoltati nelle lunghe sere invernali vicino al focolare, alla luce di una fioca lanterna. Anche questo scritto in dialetto (e, se non vado errato, anche in lingua italiana) era quasi pronto per essere pubblicato.
1 I due assassini di Pietro Duratorre erano Antonio Saltarelli fu Pasquale, da Suio di Castelforte, soprannominato Vastemamaronne (bestemmia Madonne), di professione bracciale, era celibe ed aveva all’epoca l’età di anni 26; ebbe qualche tempo prima uno scontro col bandito corenese N.N. (non sono note le vere generalità) detto “Ciociò”. Il fuorilegge corenese nella violenta colluttazione ebbe mozzi gli orecchi e due dita della mano, mentre il Saltarelli rimase quasi cieco per la pressione delle dita dell’avversario sui suoi occhi (G. La Valle, Storia di Coreno, 1984, pag. 111). Antonio Mozzarella fu Francesco nato a Coreno ma residente a S. Andrea Vallefredda, detto “uaro” (bifolco), di mestiere bracciale, era ammogliato con figli e all’epoca dei fatti aveva l’età di anni 34.
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