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Studi Cassinati, anno 2010, n. 1
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Il 6 febbraio 2010, a San Donato V. C., si è tenuta una tavola rotonda dal titolo “I Longobardi in Valle di Comino e nel Lazio Meridionale – Usi e costumi – diritto – lingua – religiosità – territorio”, organizzata dall’Associazione di promozione sociale “Genesi”.
Quantunque l’incontro prevedesse, come si legge nel titolo, l’analisi dello stanziamento dei Longobardi in Valle di Comino e nel Lazio Meridionale, con tutti gli aspetti della loro cultura, i relatori (in ordine di intervento: Domenico Cedrone, Ferdinando Corradini, Domenico Celestino, Angelo Nicosia, Luciano Santoro e Antonio Pellegrini) si sono soffermati su due argomenti: il retaggio linguistico relativo alla toponomastica e gli ipotetici confini tra il ducato di Spoleto, il ducato di Benevento e il ducato Romano, tralasciando le altre tematiche che, ancora oggi, sono un segno tangibile della longobardizzazione nel Lazio Meridionale.
Ci si augura, come opportunamente ha fatto rilevare la moderatrice dell’incontro, Lucia Rufo, che l’iniziativa possa avere un seguito.
In breve, ecco quanto emerso dal dibattito.
Dopo l’introduzione ai lavori mediante un brano in dialetto sandonatese, letto e ideato da Lucia Rufo, contenente oltre trenta lemmi di chiara origine longobarda, ha preso la parola Domenico Cedrone, che ha posto quesiti riguardanti lo stanziamento dei Longobardi in Valle di Comino, ipotizzando che, nell’arco settentrionale della Valle, intorno all’VIII secolo, in maniera pacifica, famiglie longobarde, attraverso i valichi montani che collegano l’alta valle del Sangro con quella di Comino, si siano insediate sulle varie alture, anche se il territorio da un punto di vista giuridico apparteneva al Ducato Romano e, in seguito, al Ducato di Benevento. Il relatore ha giustificato tali insediamenti, elencando una serie di toponimi di origine longobarda che insistono ancora oggi sul territorio indagato.
A seguire, l’avvocato Ferdinando Corradini, richiamando lo storico Paolo Diacono, ha ripercorso le tappe dell’invasione longobarda, affermando che con loro non giunse soltanto una ristretta élite politico-militare, bensì un intero popolo, composto anche da anziani, donne e bambini, a sottomettere prima e a mescolarsi poi con la popolazione autoctona. Cassino e Aquino furono prese subito dai Longobardi di Benevento, che nel 702 presero anche Sora, Arpino e Arce, facendo, in questo modo, del fiume Liri un confine naturale fra l’Italia centrale e quella meridionale. Confine destinato a durare fino al 1927, allorché fu istituita la provincia di Frosinone.
A seguire ha preso la parola il Prof. Domenico Celestino, attualmente in procinto di pubblicare uno studio sulla presenza dei Longobardi nel Lazio Meridionale, per fissare alcune località che facevano da confine tra Longobardi e Bizantini e soffermandosi soprattutto su toponimi come ‘Scurcola’, ‘Staffaro’, ‘Filato’. Il relatore Angelo Nicosia ha richiamato l’attenzione su come la toponomastica, la linguistica, come pure alcuni documenti cartacei, spesso siano fuorvianti per la ricerca storica e che alcune ipotesi dovrebbero essere confortate dai reperti archeologici.
L’avvocato Luciano Santoro ha dimostrato come alcuni toponimi siano il segnale di insediamenti di Arimanni nella Valle; ad esempio: ‘Valle Romana’, in territorio di Alvito e Picinisco, ‘Fontana la Sala’ e il termine pregresso ‘Vico’ che si rileva in Vicalvi.
Il Dr. Antonio Pellegrini, infine, ha posto interrogativi in merito ai confini del Ducato di Spoleto e del Ducato di Benevento, avanzando l’ipotesi che la donazione della chiesa di S. Donato e di S. Giuliano in Comino, fatta da Ildebrando duca di Spoleto al monastero di S. Vincenzo al Volturo nel 778 d. C., potrebbe essere un falso.
In occasione della tavola rotonda, è stata allestita anche una mostra di armi longobarde, ricostruite e forgiate dall’artigiano Stefano Visco, promotore della costituzione del ‘Corteo storico longobardo’ di S. Donato V. C.
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