Febbraio 1944: missione e morte a Cassino del medico tedesco Artur Schoettle*

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Studi Cassinati, anno 2009, n. 4
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di Harald Schoettle

“Dr. med. Artur Schoettle: Sein Einsatz und Tod in Cassino im Februar 1944”

Circa cinque anni fa cominciai a raccogliere materiale per acquisire una documentazione la più dettagliata possibile sulla vita di mio padre ed ebbi così la fortuna di poter consultare almeno nove persone fra quelle che lo avevano conosciuto. Tutto quello che sapevo fino ad allora lo avevo saputo dai racconti di mia madre dai quali, però, mio padre appariva idealizzato. Quando, il 23 febbraio 1944, egli morì in seguito agli avvenimenti bellici, avevo tre anni e mezzo. I miei fratelli, invece, avevano due anni l’uno e otto mesi l’altro e naturalmente non lo potevano ricordare. Per me, invece, visto anche che c’erano molte fotografie della prima infanzia con lui, si è creato un intreccio tra racconti e foto al punto da poter quasi affermare di averlo conosciuto realmente.
Dopo la battaglia di Stalingrado mio padre fu chiamato alle armi – era il mese di febbraio del 1943 – e da allora ebbe il permesso di tornare a casa soltanto due volte.
Il primo ottobre 1943 gli alleati avevano occupato Napoli e durante l’inverno avevano faticosamente respinte le truppe tedesche fino alla cosiddetta linea Gustav. La linea Gustav correva attraverso l’Italia a metà tra Napoli e Roma e con una strettoia fortificata molto forte presso Cassino, che doveva essere superata dagli alleati nella loro avanzata verso Roma attraverso la valle del Liri.
Il II e III battaglione della 3 Panzer-Grenadier-Division (PGD)1 sono sul Colle Abate, a circa 1,5 km a nord di Cassino e nord-est da Terelle, da dove il 15 febbraio 44 videro il bombardamento del monastero di Montecassino.
Il secondo battaglione, al quale apparteneva mio padre, viene impiegato il 19 febbraio alla stazione ferrovia di Cassino, cioè un giorno dopo che questa era stata strappata dalle mani dei Maori di Nuova Zelanda (18.2.1944). Vengono occupati la stazione, il deposito delle locomotive, e il “Felsennest” [letteralmente, rocca o nascondiglio inaccessibile sulla roccia, probabilmente lo sperone roccioso delle Terme Varroniane, ndr] ad ovest, avamposti di combattimento vengono spostati in avanti fino al ponte sul Rapido già devastato. In questi combattimenti sono caduti dalla parte tedesca 19 uomini, e 102 sono feriti2.
Il 18 febbraio 1944 gli alleati sono riusciti a spostare in avanti il fronte al nord di Cassino per ca. 4 km verso ovest per una lunghezza di ca. 10 km. In questo giorno la cima dell’Albaneta e la “testa di serpente” vengono prese dagli Americani ma riconquistate dai Tedeschi3. Anche all’estremità meridionale del fronte gli inglesi il 18 febbraio sono riusciti a spostarlo di 2 o 4 km per una lunghezza di ca. 20 km, cosicché si trovano ad avere il Garigliano alla spalle. Ma lo scopo di farsi strada nella valle del Liri non fu raggiunto. Il bombardamento del monastero non li aveva portati più vicino al loro obiettivo. Al contrario, perché adesso i paracadutisti tedeschi si erano appostati nelle rovine del monastero e si trovavano in una migliore posizione di osservazione e di difesa. Per questo gli alleati cambiarono la loro strategia e adesso volevano puntare direttamente sulla città di Cassino e, nello stesso tempo, alla conquista di Montecassino.
Il II Battaglione della 3ª Divisione di Fanteria meccanizzata il 19 febbraio ‘44 fu trasferito sulla strada che da Villa Santa Lucia va a sud verso la statale 6 in una zona che si estende per circa 2 km ad ovest di “Phantom Ridge” [la Cresta del Fantasma, ndr] che ancora il giorno precedente era fortemente contesa presso masseria Albaneta4.
Il motivo dello spostamento era dettato dal cambiamento della situazione perché, dopo gli attacchi senza successo ai fianchi, la direzione degli alleati di colpo si dovette concentrare sulle posizioni chiave, cioè Cassino e Montecassino. Le quote 374, 375 e 453 situate in direzione sud ovest da Montecassino sono ad una distanza di soli 1100 m. ca. dalla strada n. 6 e in quel momento si trovavano in mano tedesca. Ma la strada n. 6 era minacciata dal tiro aereo cosicché i movimenti di giorno erano pericolosi5.
Il 20 febbraio la divisione Baade della 90ª divisione Panzer Grenadier fu sostituita dal terzo reggimento paracadutista sotto il comando del colonnello Heilmann. Si assunsero la difesa del settore Montecassino e Cassino, tra la strada n. 6, che viene da ovest e volge verso nord, ed il Colosseo. Al colonello Heilmann posizionato sul lato destra anche fu assegnato il comando sul secondo reggimento Panzer Grenadier 8 della terza divisione. Quindi il battaglione di mio padre fu appostato a sud di Cassino. Qui era esposto alla osservazione dal Monte Trocchio occupato dai Neozelandesi. Dopo giorni di relativa tranquillità, ancora si trovavano in prima linea soprattutto davanti alla stazione ferroviaria di Cassino dove c’era maggiore contesa. L’unità medica era vicino alla zona del fronte di combattimento.
Dalla zona del Terelle mio padre e il suo infermiere Neubeck andarono [in macchina], attraverso Villa Santa Lucia e la statale n. 6, verso sud, fino all’incrocio dove si dirama la strada Ausonia in direzione di Gaeta. Qui la strada 6 fa una curva a sinistra verso nord in direzione di Cassino. Esattamente all’altezza della curva, a destra della strada, subito dopo la diramazione della strada Ausonia per Gaeta, era situato un edificio di due piani6. Questo è il punto dove la linea ferroviaria e la strada 6 sono più vicine a distanza di ca. 250 m. La biforcazione della strada è ca. 300 m. a nord della ferrovia, vicino il Colosseo.
Lì mio padre e il suo infermiere Neubeck arrivarono con il loro autoveicolo sanitario il 19.2.44 verso mezzanotte. La distanza percorsa è ca. 15 km. Siccome lo spostamento era possibile soltanto dopo l’inizio del buio, si puó presumere che siano stati in giro per ca. 4/5 ore7.
Nella lettera che scrisse l’infermiere Neubeck a mia madre dopo la morte di mio padre, l’edificio di due piani viene denominato come base. Fu il luogo dove, quattro giorni dopo, morì mio padre. Questa base si trovava, come detto, vicino alla biforcazione Cassino Gaeta.
I portatori dei feriti pernottavano nella base, mio padre e Neubeck andavano in un fienile dove trovavano “buon cameratismo”. Nella notte da domenica a lunedi avevano 3 ore per andare al comando di battaglione. Alla mattina del lunedì trovarono una casa demolita con una cantina intatta dove andarono a ripararsi. Dal Monte Trocchio il nemico aveva buona visibilità. Davanti a loro era il monastero di Montecassino. In questa area a sud ovest di Cassino dal 20 al 22 febbraio erano alla ricerca di un posto di medicazione per la cura dei feriti. Qui il nemico aveva la visuale libera. Il Monte Trocchio (424 m.) a est del fiume Gari è a distanza di solo ca. 4 km, e in quel momento era occupato dai Neozelandesi.
Mio padre morì il 23.2.1944 verso le ore 18 per il cannoneggiamento sulla casa di due piani, che crollò e seppellì i suoi camerati. Probabilmente l’attacco fu effettuato con colpi di mortaio, collocati dietro il Monte Trocchio. Non vi furono grandi combattimenti quel giorno.
Da un libro su Montecassino sono venuto a sapere che il 23 febbraio a Cassino il sole tramonta alle 17:30. Quindi il cannoneggiamento dell’edificio ebbe luogo al crepuscolo. Tutto il giorno aveva piovuto a dirotto. Poco dopo mezzogiorno ci furono temporali e in montagna nevicava. Alla data della morte di mio padre il secondo battaglione era subordinato al primo corpo dei paracadutista, noto anche come “diavoli verdi” di Montecassino, e comandato dal tenente generale Richard Heidrich.
Estratti dalle lettere che ricevette mia madre dalla zona di combattimento di Cassino dopo la morte del suo marito.
Il 26 febbraio 1944 mia madre, allora domiciliata a Posen, [oggi Poznan in Polonia], ricevette con posta militare una lettera con una informazione di morte, scritta da Karl-Ernst Bleß, Comandante del battaglione II./Grenadier-Regiment (m) 8 (II battaglione dell’8° reggimento di fanteria motorizzata)
“Stimata signora! Sono seduto qui di fronte al nemico nella mia trincea e, come comandante di Suo marito, ho l’obbligo incredibilmente grave di informarLa che il mio migliore e più bravo medico del battaglione che mai abbia avuto, il medico assistente Dott. Arthur Schoettle, il 23 febbraio 1944 verso le ore 18.00, presso Cassino, colpito in pieno dall’artiglieria è morto da eroe. Per lui la morte è stata istantanea. Voglia Dio darLe la forza di sopportare e superare questo duro colpo del destino, in particolare per i tre ragazzi, ai quali teneva così tanto il mio medico e camerata. Lo so, egregia gentile signora, che è difficile trovare consolazione al ricevere una così dura notizia, e dare conforto come soldato che ogni ora guarda la morte in faccia, anche perché la guerra già ha già causato perdite nella mia famiglia.
Innanzitutto posso assicurarLa che il secondo battaglione ed io in persona, sempre e per tutti gli aspetti, siamo a Sua disposizione se vuole rivolgersi con fiducia a noi.
“Gentile signora, adesso Le descriverò come è caduto Suo marito, così potrà commemorarlo con orgoglio. Il 23 febbraio 1944 a sera Suo marito, si trovava in una casa dietro la linea del fronte e curava i soldati feriti da schegge di granata. Come di consueto, nella sua sollecitudine verso i feriti non si curava del fuoco dell’artiglieria. Lì lo colpì il destino imperscrutabile. Una nuova raffica di proiettili pesanti colpì la casa dove in quel momento si trovava con i suoi feriti, seppellendo lui e i suoi soldati sotto le schegge e le macerie della casa di due piani. Tra l’ululare delle granate in arrivo, uno dei soldati sentì che il Dott. Schoettle voleva mettere in guardia gli altri camerati gridando “attenzione”. Purtroppo in quel momento ci fu il sacrificio della sua vita, come immediatamente dopo le esplosioni delle granate fu constatato dal commando di salvataggio sotto la direzione di un medico di stato maggiore. Quello mi informò che Suo marito e gli altri soldati trovarono una morte rapida e indolore. Tutto questo è accaduto all’improvviso in maniera ineluttabile”.
Il 25 aprile 1944 il maresciallo maggiore di sanità Rudolf Neubeck scrisse la seguente lettera a mia madre:
“Cara signora Schoettle, ora certamente volete sapere qualcosa degli ultimi giorni ed ore del Suo caro marito. Mi scusi se nella mia lettera precedente non l’ho fatto. Non volevo appesantire il Suo cuore, perché so che per Lei è molto molto penoso. Adesso voglio mettere per iscritto gli ultimi giorni del Suo caro marito.
“Sabato 19 febbraio si andò di nuovo in azione nell’area di combattimento di Cassino; a mezzanotte andammo avanti con la nostra ambulanza. Sapevamo che Cassino sarebbe stata teatro di pesanti combattimenti, in quanto il nostro tragitto era stato accompagnato da fuoco di artiglieria pesante. Arrivati alla base, luogo del decesso del Suo caro marito, lasciammo indietro i barellieri. Rimasi solo con Suo marito. Dormimmo in un fienile fino al mattino successivo. Ma per non essere visti dal nemico potevamo avanzare soltanto di sera. Giunse la domenica, l’ultima in cui potetti vedere il Suo caro marito. In quel granaio trovavamo buon cameratismo con un maresciallo maggiore bevendo qualche bicchiere di vino rosso. Con esso i nostri pensieri andarono alla patria, ai nostri cari. Il Suo caro marito parlava con piacere della sua moglie e, in particolare, molto dei suoi cari figli. Ci ha mostrato la sua famiglia per la quale riteneva di essere stato sempre un padre premuroso. Fuori cadevano le granate e intorno a noi infuriava la guerra. Venne la sera e ci richiamò il dovere. Verso le 19 ci mettemmo in cammino e dopo circa 3 ore arrivammo al posto di combattimento del battaglione. Durante il viaggio perdemmo di vista i nostri barellieri, perciò rimasi solo con Suo marito. Un posto di soccorso della truppa non esisteva, il precedente era stato abbattuto. Così dovemmo cercare un altro luogo di soccorso. Ma questo lo potevamo fare solo di notte, perché il nemico era appostato sulle alture intorno a noi ed aveva una visuale molto chiara. Cercammo e cercammo per tutta la notte, ma la nostra fatica fu inutile. Venne l’alba e il sole regalava i suoi primi raggi alla terra. Adesso bisognava affrettarsi per trovare un riparo. Scoprimmo una casa abbattuta e trovammo un piccolo bunker sotto i ruderi di questa casa. Qui dormimmo mentre le cannone tuonavano incessantemente. Davanti a noi l’altura di Montecassino con l’abbazia bombardata. Appena qualche giorno prima le campane di questa abbazia avevano lasciato risonare le loro voci, ma adesso dovevano tacere, tacere per sempre. Dormimmo tutto il giorno per essere in forze per la notte successiva. Era già lunedì il 21 febbraio 44. Lentamente faceva buio e ci avviammo per trovare finalmente un posto soccorso. Cercavamo ancora tutta la notte e alla fine in un piccolo boschetto trovammo un bunker abbandonato. Qui restammo e ci organizzammo. Così facemmo per tutto il giorno seguente (martedì il 22 febbraio). Alla sera del martedì mi avviai con Suo marito per cercare i nostri portaferiti. Li trovammo dopo una breve ricerca e insieme ritornammo al nostro bunker. A sera arrivò la posta, il Suo caro marito ricevette diverse lettere e due piccoli pacchetti con biscotti e prosciutto d’oca affumicato. Era molto contento, e pensava di scrivere il giorno successivo. Purtroppo non gli riuscì di farlo, perché quel giorno fu l’ultimo della sua vita. Durante la notte ci fu molto lavoro per noi, e così fu giunse presto il mattino del 23 febbraio. Era tempo piovoso e le goccia di pioggia penetravano fino al nostro modesto alloggio di terra. Per diversi giorni non avevamo potuto lavarci, e quindi al mattino facemmo grande toletta. Dopo prendemmo il caffè, fatto dal nostro buon Karthe. Il Karthe era molto benvoluto da tutti noi, particolarmente dal suo caro marito. Lo chiamavano il maestro, egli si prese cura di suo marito con cibi, bevande, e tant’altro. Dopo il caffè, il nostro caro medico assistente si mise in cammino a cercare un luogo di soccorso più vantaggioso. Da questo cammino non tornò mai più. Verso sera, alle ore 18, fu trovato morto l’eroe nella casa dove qualche giorno prima avevamo trovato i camerati così gentili. Questa notizia colpì profondamente tutti noi che non potevamo credere che il nostro assistente medico fosse stato così duramente colpito dal destino.
“Cara signora Schoettle, i miei pensieri spesso andavano a Lei lontana, e questo mi faceva un male terribile. Ma non dovevamo perdere la testa, e dovevamo continuare a fare il nostro dovere. Per tutti noi il Suo caro marito, il buon medico assistente Dott. Schoettle non potrà essere dimenticato. Cara signora Schoettle, purtroppo non potevamo sistemare la tomba del Suo caro marito, questo, particolarmente, dispiace a tutti noi. Se fosse stato possibile avremmo fatto di tutto, perché ciò era dovuto al nostro caro medico assistente. Con questo ho descritto gli ultimi giorni del Suo caro marito, come avevo promesso. Dolori e sofferenze furono risparmiati al Suo caro marito, perché Dio gli riservò una morte rapida”.
Quali conseguenze ebbe la morte precoce del padre per i suoi tre piccoli figli?
Mio padre ha visto il mio fratello più piccolo solamente una volta, qualche settimana dopo la sua nascita. Per certo si puó supporre che i miei due fratelli avevano fatto le esperienze della loro prima infanzia in un altro contesto psicologico rispetto a me. Poco o per nulla hanno conosciuto il padre. Entrambi raccontano che mai ne hanno sentito la mancanza. Anche io, nella mia infanzia e gioventù, non ero cosciente di essere orfano di padre. Soltanto più tardi mi resi conto che mi mancava, e che sempre avevo cercato un “padre sostitutivo”. Per fortuna ci fu sempre un tale “padre sostitutivo” per me, in particolare nel periodo quando ho vissuto per un anno con mio zio Richard, un fratello di mio padre, e dopo, quando passai quattro anni collegio vicino Stoccarda avendo educatori maschi. Come già detto, di questo soltanto più tardi mi resi conto.
La guerra persa, la perdita di tutto il patrimonio, la fuga, e il padre perduto, con certamente ebbero importanti ripercussioni psichiche e mentali per lo sviluppo dei tre fratelli. Non vorrei entrare in dettaglio, perché certamente non sono competente ad analizzare gli effetti soprattutto della mancanza del padre. Su questo ci sono libri molto validi da leggere, di autori competenti.
Per ognuno dei tre fratelli la mancanza del padre aveva un influsso probabilmente di differente misura. Generalizzazioni in questo contesto certamente sono fuori luogo.
Dopo il superamento di gravi ostacoli, finalmente ognuno dei fratelli “è diventato qualcuno”. Tutti e tre hanno raggiunto la prosperità. In questo certamente ha contribuito l’immagine luminosa del padre, che non abbiamo conosciuto, è vero, ma che dalla madre ci veniva mostrata come esempio da seguire.
Certamente la scelta della mia professione fu determinata dalla professione di mio padre. Anch’io volevo divenire chirurgo. Soltanto più tardi venni a sapere che mio padre non era chirurgo ma “soltanto” medico. Da quando fu destinato al fronte di guerra dovette preoccuparsi del primo aiuto ai feriti, e fu allora che di fatto assunse le funzioni di chirurgo in condizioni estremamente difficili. Il fatto che provavo un forte bisogno di documentare la vita di mio padre, già fa vedere quale importanza egli ebbe per me, non avendo avuto esperienza cosciente di un vero padre, altrimenti è probabile che non mi sarei impegnato così attivamente di quest’argomento.


N. B. – Le note sono del redattore ed hanno il solo scopo di integrare e, dove necessario, rettificare le indicazioni dell’Autore alla luce delle più recenti acquisizioni storiche sugli eventi che interessarono la Linea Gustav, che, tuttavia, necessitano di ulteriori approfondimenti da parte degli studiosi della materia. Il testo pervenutoci è in lingua tedesca.

* Memoria fattaci pervenire dal figlio del medico Artur.
Il prof. Harald Schoettle vive ad Amburgo; è stato direttore del Dipartimento di Traumatologia dell’ospedale nord-ovest di Francoforte; dal 2003 è in pensione.
1 La 3. Panzer-Grenadier-Division (3. P.G.D.) era composta da due reggimenti di fanteria, Panzer-Grenadier-Regiment 8 e Panzer-Grenadier-Regiment 29, su tre battaglioni ciascuno, e da altre unità. Come si evince dal testo successivo, il dott. Schoettle faceva parte del II battaglione del Panzer-Grenadier-Regiment 8.
2 Essendo ormai la zona di Monte Santa Croce tranquilla, il II battaglione del Panzergrenadier-Regiment 8 venne trasferito d’urgenza a Cassino, ma non partecipò ai combattimenti per la stazione, rimanendo di riserva.
3 Dal 7 al 10 febbraio fu la quota 593, il Calvario, a passare più volte nelle mani di Americani e Tedeschi. Il 10 febbraio 1944, la quota 593 venne riconquistata definitivamente dai Tedeschi, che ne mantennero il possesso fino al 17 maggio 1944. La Masseria Albaneta non fu mai conquistata dagli Americani. Il 18 febbraio 1944 la quota 593 fu attaccata senza successo dagli Inglesi del battaglione Sussex (4ª divisione indiana), che avevano sostituito gli Americani fin dal 12 febbraio.
4 Il “Phantom Ridge” sarà sede di aspri combattimenti fra Tedeschi e Polacchi dall’11 al 17 maggio 1944. Forse l’autore vuole dire che la strada da Terelle a Santa Lucia passava a circa due chilometri ad ovest da “Phantom Ridge”, in prossimità dell’estrema linea di difesa tedesca.
5 Le quote 374, 375 e 453 sono a nord-ovest dell’Abbazia, a picco sulla Casilina. In effetti la distanza dalla strada alla quota 453 è di 1.100 metri in linea d’aria.
6 l’edificio di cui parla ora non è più esistente poiché, distrutto dai bombardamenti, al suo posto hanno costruito altri edifici. Prima della guerra era denominato “il seminario”, che, però, a quell’epoca pare non fosse più utilizzato come tale; le sue origini dovrebbero risalire al sec. XVII, ma non disponiamo di documentazione che possa darci maggiori informazioni.
7 Va calcolato che il II battaglione dovette scendere fino ad Atina, risalire fino a Belmonte e di là prendere la strada per Terelle, quella che i Tedeschi chiamavano la “Neuman weg”.

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