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Studi Cassinati, anno 2009, n. 4
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di Nicola Severino
C’è stato un tempo in cui non esistevano gli orologi che siamo abituati a vedere sui nostri polsi, sulle torri delle chiese e sui palazzi comunali; meno che mai gli orologi digitali. Il ritmo naturale del movimento di rotazione della terra e l’apparente moto del Sole, della Luna e degli altri astri nel cielo diurno e notturno, nel quotidiano alternarsi del giorno e della notte, diede la prima forma di idea dello scorrere del tempo all’uomo primitivo.
“Voler fermare, nel rapido suo corso il tempo, e fissarlo: sarebe un vano, ed insensato disegno: ma contare i momenti della sua fuga, e indicarli, l’è un portento della sagacità dell’Uomo, che occupossi ad inventar l’Orologio”. Così scriveva l’erudito Abate Sallier nel XVIII secolo. L’idea del fluire dell’acqua dovette essere molto vicina a quella dello scorrere del tempo, tanto che probabilmente gli orologi ad acqua dovettero essere sicuramente tra i primi ad essere inventati, insieme alle meridiane solari. Osservare il lento avanzare dell’ombra di un albero, o di un palo conficcato nel terreno, o di uno spigolo di una costruzione, o addirittura della vetta di una montagna, dovette dare all’uomo l’idea di poter carpire la misura del tempo, regolata di giorno dall’ombra del sole proiettata da uno “gnomone” il quale termine proprio “indicatore” vuole significare dall’antico greco. Così dovette cominciare la storia della misurazione del tempo per mezzo delle clessidre ad acqua e delle meridiane solari, nella culla della civiltà tra le popolazioni mesopotamiche. Da allora e fino ad oggi la corsa alla scoperta di questo o di quel meccanisco che consente di misurare il tempo non è mai più terminata, passando per tutte le culture e tutto il sapere umano. La storia della gnomonica inizia in Egitto attorno al 1500 a.C., con i primi orologi solari conosciuti, ma quella classica dovrà attendere gli scritti sulle coniche di Apollonio Rodi perché da essi potessero poi nascere gli orologi solari greco-romani che indicheranno il tempo ai più grandi filosofi e pensatori greco-romani, alla gente umile, ai servi, come ai Cesari, ai senatori, ai gladiatori, le ore delle vittorie e delle sconfitte, della vita e della morte in Grecia e presso i Romani fino ad almeno il IV secolo d.C., quando cioè la gnomonica cadde nel più lungo periodo di oscurità e decandenza, con qualche rara eccezione, fino al venerabile Beda.
Dal medioevo, con il retaggio da parte degli Arabi della scienza alessandrina e grazie all’opera dei monaci amanuensi, le scienze, e con esse la gnomonica, ricominciarono a brillare di luce propria per tutto il basso medioevo con la massima fulgidità nella Rinascenza, con le opere di Regiomontano, Munster, Fineo, Clavio e i Gesuiti e di pari passo con gli sviluppi della matematica e dell’astronomia che permisero la riforma del calendario gregoriano e le precise osservazioni dell’obliquità dell’eclittica sulle grandi linee meridiane italiane (per es. Firenze, basilica di Santa Maria del Fiore, San Petronio in Bologna e Santa Maria degli Angeli in Roma). Dal 1700 in poi la gnomonica e la misura del tempo per mezzo degli orologi solari, diventa una branca di studio della geometria proiettiva e descrittiva, della trigonometria rettilinea e sferica, un “passatempo” matematico, nonché una brillante applicazione dell’astronomia nautica e di posizione.
Le figlie del tempo ciociaro
Le meridiane sparse sul territorio ciociaro, di cui ho avuto il piacere ed il privilegio di essere il primo ed unico autore finora ad averne curato un censimento dettagliato negli anni 1988-1990 [vd. “Studi Cassinati”n. 4/2003], sono figlie di quest’ultimo sviluppo della gnomonica: orologi solari il cui disegno grafico viene elaborato per mezzo di metodi classici di geometria proiettiva e descrittiva. Meridiane figlie della cultura scientifica dell’800, ma soprattutto di un vecchio sapere tramandato nelle affascinanti pagine scritte soprattutto dai monaci gesuiti e olivetani e rese moderne sulla base degli studi di importanti autori come Blaise Garnier, Monge, Claudio Pasini, Enrico Garnier per arrivare con quest’ultimo al ‘900, e via di seguito. Gli ingegneri e gli astronomi, nostri conterranei, che hanno progettato e realizzato alcune tra le più importanti meridiane della Ciociaria, dovettero rifarsi proprio a questi autori. Ma uno di loro era davvero un grande, uno di quelli che hanno fatto un pezzo di storia dell’astrofisica, dell’astronomia e della gnomonica: Padre Angelo Secchi che nel 1875 ha voluto lasciarci per suo ricordo, nella bella piazza di Alatri, una delle più importanti meridiane murali verticali d’Europa. Egli la realizzò per rendere moderna ed al passo coi tempi la sua amata Alatri: la meridiana infatti era forse l’unica nel 1875, e certamente tra le prime, ad indicare non solo l’ora solare locale della piazza di Alatri, ma anche in che momento esatto a Roma era mezzogiorno che all’epoca era fissato con il passaggio del Sole sul meridiano del Collegio Romano, come si legge scritto sulla meridiana stessa. Tali istanti del mezzodì di Roma si leggono tutti attorno a ciascuna linea oraria, su una curva a forma di 8 allungata. Questa doveva essere una grande innovazione a quei tempi che destava meraviglia ed orgoglio per la cittadinanza di Alatri. Lo stesso accadeva, in proporzioni ridotte, nella piazza di San Donato val di Comino qualche decennio più tardi, quando nel 1891, fu realizzata la meridiana in marmo con colata di piombo fuso per le linee orarie, ora visibile nella piazza Coletti. Anch’essa riporta sulla linea meridiana la curva della “lemniscata” che indica appunto quando a Roma è il momento del mezzogiorno.
Il tempo dei poveri
Ma non tutte le meridiane della Ciociaria sono così belle ed importanti come le precedenti. Il tempo scorre per tutti: per i ricchi, per gli uomini importanti e per la gente semplice, nelle città come nelle campagne. Così, a circa 2-3 km dal centro di San Donato, nella frazione Ponte di Tolle, ho scoperto una vecchia abitazione rurale sulla cui facciata esiste una meridiana a forma di mezzaluna, malamente conciata e peggio ancora descritta nelle linee orarie, ma che esprime perfettamente il desiderio e la necessità di misurare il tempo, anche approssimativamente, in zone collinari o di campagna, lontano dalle piazze e dai grandi centri abitati o dalle chiese che indicavano le ore con i rintocchi delle campane. Di queste meridiane semplici, rozze, approssimative, abbozzate, eseguite da contadini, pastori e uomini semplici, se ne trovano parecchie in tutto il territorio ciociaro e costituiscono la maggior parte del patriomonio gnomonico della nostra provincia. Altri esempi se ne trovano a Fontechiari, dove ci sono vari tentativi di mezzelune meridiane disegnate agli angoli di strade, come via Scesa, ed una meglio approntata, ma forse oggi distrutta, su una casa del sindaco in carica nella seconda metà degli anni ’80.
La meridiana più alta e tra le più belle
Si trova nel comune di Collepardo nel chiostro della Certosa di Trisulti a 700 metri di altezza. Opera certamente di un monaco certosino probabilmente sul finire del XVIII secolo, o nei primi decenni del XIX. Indica il tempo solare vero locale per mezzo di uno gnomone originale a forma di freccia, impiantato parallelamente all’asse terrestre e consolitato per mezzo di staffe a formare un “triangolo gnomonico”. Offre la lettura delle ore intere, mezzore e quarti d’ora. Un motto ammonisce il passante “Post tenebras, spero lucem” che è abbastanza eloquente. A guardia della meridiana, nessuno lo sa, ma esiste una pietra detta dai monaci locali “la pietra del tempo”, su un basamento quadrato, risalente alla fondazione della certosa dopo l’anno Mille. Essa presenta scolpito in rilievo un cerchio con un foro di 2 cm al centro e delle linee a raggiera larghe. Io l’ho identificata con una delle classiche meridiane “canoniche” utilizzate dai monaci del medioevo per scandire il ritmo delle “Ore Canoniche” , legate agli uffici religiosi. Il foro al centro, ospitava logiamente un lungo gnomone orizzontale.
La meridiana scomparsa di Casamari
Circa un decennio fa ebbi l’occasione di scrivere e pubblicare un importante articolo, sulla misurazione del tempo dei monaci nel medioevo, edito dalla prestigiosa Rivista Cistercense dell’Abbazia di Casamari. In quell’occasione, parlai per la prima volta dei resti di una antica meridiana che si trovava su una parete di un chiostro non accessibile ai visitatori, e rivolta a Sud-Est. Nei primi anni ’90 era già quasi scomparsa e si potevano notare solo alcune porzioni di linee. All’analisi risultò essere probabilmente una meridiana ad ore Babiloniche, cioè un sistema che computa 24 ore di seguito, iniziando dal soregere del sole fino al successivo. La mia foto ed il mio scritto sembra costituisca oggi l’unica testimonianza di quel reperto che fu brutalmente spazzato via dall’insensibilità di qualcuno all’interno dell’Abbazia che qualche anno fa ha permesso un tale orribile scempio culturale. La meridiana di Casamari, unica testimonianza di come i monaci misuravano il tempo a mezzo dell’ombra del Sole nei secoli passati, oggi non esiste più. A pochi km esiste il convento di Scifelli che ospita nel suo cortile una semplice meridiana murale verticale con delle prove di costruzione grafica.
Nella frazione S. Gennaro di Picinisco esiste una meridiana a forma di mezzaluna sulla torre civica che reca il simbolo del Fascismo. Anche questa è una testimonianza del tempo che fu e dell’evolversi della storia. Le meridiane, in questo senso, sono anche un libro aperto, una finestra sulla storia della nostra terra. Anche il borgo medievale di Roccasecca conservava una meridiana datata 1872 con triangolo stilare in lamina metallica. Si trovava sulla facciata al primo piano di una casa prospiciente le due fontanelle dette “del Castello”, nella curva che scende nella frazione di Caprile. E quest’ultima nascondeva anch’essa una meridiana di inizio ‘900 nel giardino di una villa privata. Mentre sulla loggia di un palazzo rinascimentale nel centro di Castrocielo c’era (non si sa oggi se sia andata distrutta) l’unica meridiana murale verticale della Ciociaria ad ore Italiche, cioè che conputa le ore dal tramonto del Sole al successivo in 24 ore (il sistema delle 23 e mezza usato dal Manzoni nei Promessi Sposi).
L’antica e caratteristica cittadina di Arpino anche nasconde due interessanti scoperte, entrambe nella frazione di Collecarino. La prima è una meridiana su marmo orizzontale “da balcone”. Posizionata esattamente sotto una finestra in modo da poter essere letta con comodo da dentro e da fuori della finestra; la seconda è una rivelazione unica forse in italia. Una meridiana orizzontale da giardino, protetta da una scatola in lamina metallica incernierata in modo da potersi aprire e chiudere sul lato posteriore con facilità. In stile prettametne inglese, è probabile che fu commissionata da un lord inglese che abitò nella sontuosa villa.
Altre meridiane di pregevole fattura si trovano sulla casa del dr. Miacci ad Isola del Liri, sulla chiesa del paese, ma di recente realizzazione, a Campoli Appenino su una villa lungo la strada per Forca d’Acero, a Picinisco su una casa del centro storico. A Casalattico sulla torre civica, dove ciò che resta della meridiana è ancora salvabile e reca l’importante citazione dell’altezza del paese sul livello del mare. A Guarcino in Piazza San Nicola dove fu realizzata solo la linea meridiana verticale, come anche a Filettino. A Fiuggi, nel centro storico dove si vede una meridiana in stile Capitano Enrico d’Albertis (non reca la firma ma lo stile è evidente) con il simpatico motto “Salve a chi arriva, salve a chi parte, l’ora vi do con vecchia scienza ed arte”.
Mentre sulla torre civica di Pofi esiste l’unica meridiana verticale detta “boreale” in quanto calcolata e progettata per una parete rivolta a Nord invece che a Sud. All’epoca, nel 1989, fu restaurata da parte del comune nella convinzione che essa fosse stata sbagliata dal costruttore perché la meridiana “non guardava a sud”, ignorando invece l’esistenza di meridiane appositamente fatte per pareti rivolte a nord.
Non ultima ed importante meridiana è quella realizzata originariamente dall’astronomo Giuseppe Armellini nella piazza di Boville Ernica nel XIX secolo e ricalcolata e restaurata dallo scrivente nel 1994 su commissione dell’allora sindaco.
In totale sono circa una cinquantina le meridiane della provincia di Frosinone. Nel 1990 ne contai 42, ma da allora alcune sono state eliminate, altre sono state ritrovate ed altre realizzate di recente. Nella frazione Santa Francesca di Veroli, più del 70% di una bella meridiana è stata sacrificata e sostituita per dare spazio ad un balcone interminabile. Sempre in Veroli, semidistrutta era la meridiana del convento dei Cappuccini e quella della frazione di S. Maria, mentre integra è quella in marmo nella frazione La Forma di Serrone.
Un patrimonio culturale da salvare
Le meridiane della provncia di Frosinone, costituiscono, alla pari dei reperti archeologici conservati nei musei, un patrimonio artistico e culturale da preservare. La testimonianza unica e diretta dello sforzo compiuto dai nostri avi nel comune desiderio e necessità di condividere singolarmente e in forma comunitaria la misurazione del lento scorrere del tempo. Un desiderio espresso nella variopinta forma dei colori delle meridiane, nelle bizzarre soluzioni fino alle semplicistiche ed approssimative pietre suddivise osservando direttamente l’ombra del sole proiettata da un pezzo di ferro sopra la sua superficie. Strade, incroci, vie importanti, piazze, chiostri, angoli di giardino: il tempo scorre ovunque. Il tempo ci permette di ricordare, il tempo ci permette di dimenticare. Non dimentichiamo le meridiane della Ciociaria.
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