Nonno Pietro: dal miraggio americano alle trincee della prima guerra mondiale

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Studi Cassinati, anno 2009, n. 4
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di Anna Maria Arciero

Leggendo il documentatissimo articolo del dottor Iadecola sull’emigrazione aquinate del primo ‘900, il mio pensiero è corso subito a nonno Pietro, che visse l’avventura americana nel 1912, uno degli anni in cui l’emigrazione italiana toccò il picco più alto. Ma della sua avventura non restano tracce, se non quelle della memoria familiare, che tuttavia trova i suoi riferimenti indiscutibili nei fatti documentabili e documentati della Storia.
Pietro Arciero nel 1912 aveva contratto un debito di diecimila lire con un benestante di Cervaro per acquistare dai monaci di Montecassino – e qui la memoria erra, perché i possedimenti monastici erano stati soppressi nel 1867 dallo Stato italiano, che ne incamerò il ricavato della vendita, proseguita evidentemente fino al primo decennio del ‘900 – un grande appezzamento di terreno ai piedi di monte Trocchio. E, forse perché si rese conto che con il ricavato dei prodotti della terra non sarebbe mai riuscito ad estinguere il debito o forse perché fu attirato o richiamato da concittadini e parenti già residenti negli Stati Uniti, decise di partire alla volta del continente nuovo.
Alla data stabilita si recò al porto di Napoli ma seppe che la nave su cui doveva imbarcarsi era in panne a causa di un guasto, per cui la partenza sarebbe avvenuta qualche tempo dopo. Se però voleva partire ugualmente, un piroscafo lo avrebbe portato fino in Inghilterra dove si sarebbe imbarcato su un bastimento che salpava per la prima volta verso l’America: il Titanic. Nonno Pietro fatalisticamente pensò: “Si vede che è destino che io ritorni a casa da mia moglie (incinta della mia futura mamma) e da mio figlio. Partirò quando il mio bastimento sarà aggiustato”. Forse fu così che si salvò la vita. Sappiamo che il Titanic affondò nell’aprile del 1912, mia mamma è nata poi in ottobre e quindi i riscontri storici combaciano.
In America nonno Pietro lavorò per tre anni in una fabbrica di automobili, poi, allo scoppio della prima guerra mondiale, non seppe resistere alla tentazione di tornare in Italia senza pagare il biglietto, ché lo stato italiano lo offriva a chi fosse rimpatriato per andare a combattere. Forse credeva ingenuamente di godersi prima un po’ la famigliola. Invece al porto di Napoli fu fatto salire su un treno e spedito direttamente al fronte. Ci fu solo una breve fermata alla stazione di Cassino, dove riabbracciò la moglie e la sorella , accorse, ingenue anch’esse, a prenderlo col calesse. Che cosa aveva guadagnato, povero nonno Pietro, da quell’avventura americana? Non certo i soldi con cui ripagarsi il debito! Forse, col senno di poi, solo un’apertura di orizzonti mentali, geografici, umani … e la lingua, che gli tornò utile nella seconda guerra mondiale, quando la sua contrada si popolò degli americani liberatori.
In guerra stette in trincea per diciassette mesi, con una sola pausa, una breve licenza nella quale conobbe la figlioletta che aveva lasciato in grembo alla moglie quando era partito per l’America e … ne mise in grembo un’altra.
Ma anche lì, in trincea, si rese protagonista di un evento singolare. È sempre la memoria familiare che parla attraverso testimonianze orali tramandate. Nelle lunghe notti passate a far da sentinella, la trincea nemica era così vicina – e questo è storia – che nonno Pietro, uomo buono, umile uomo che sentiva l’inutilità della guerra, cominciò a parlare con la sentinella nemica che, anch’essa umile essere umano, rispose all’approccio vocale. Sembra di vederli, i due nemici, anzi sembra di sentirli: un saluto timido … un nome … e poi ogni notte una parola nuova, una notizia, una conoscenza … Si dovette certo arrivare ad un rapporto quasi amicale se l’uno imparò la lingua dell’altro. E a mio nonno Pietro tornò utile anche la conoscenza di questa lingua quando, nella seconda guerra mondiale, i tedeschi invasero la contrada di S. Lucia.

EMENDANDA

Francesco Lepore da Sipicciano di Galluccio
Nell‘articolo sul brigantaggio post-unitario nel comprensorio aurunco “Episodi di bri­gantaggio post-unitario nel comprensorio aurunco”, in “Studi Cassinati” n. 1/2009, mi sono imbattuto nel brigante Francesco Lepore da Sipicciano (“Francescone”): in un primo momento ho avuto molti dubbi sul suo reale luogo di origine. Nella prima stesura dell’articolo avevo optato per Sipicciano di Galluccio, paese che conosco molto bene per averlo frequentato in tempi passati e anche recenti. Poi, però, in una delle mie tante ricerche negli archivi di tutta Italia, mi sono imbattutto in un documento dell’Archivio di Stato di Caserta in cui si parlava di Francesco Lepore da Sipicciano nel viterbese. Si trattava di un elenco di briganti operanti nell’alta Terra di Lavoro. Ed è stato allora che ho pensato di correggere la provenienza. E forse ho fatto male anche perchè, a pensarci bene, Galluccio è molto più vicino agli eventi dei quali si parla.

Fernando Riccardi

Karl Schonauer
Nel n. 2 del 2009 di “Studi Cassinati” abbiamo pubblicato l’articolo dal titolo “Karl Schonauer il ‘Guerriero Solitario’ di Montecassino” a firma di Guido vettese; per una imperdonabile distrazione da parte nostra abbiamo omesso la precisazione che la traduzione dal tedesco è stata effettuata dal nostro socio Prof.ssa Maria Andreina Ingrid Squadrelli Grimaldi: ci scusiamo con la gentile signora sperando che non ce ne voglia molto.

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