San Pietro Infine: il sito di “Ad Flexum”

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Studi Cassinati, anno 2009, n. 2
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di Maurizio Zambardi

Alla luce dei recenti rinvenimenti archeologici1 in località Santa Maria del Piano, nella valle di San Pietro Infine, avvenuti a seguito di lavori pubblici per il posizionamento di tubature idriche, diamo alcune informazioni a carattere archeologico sulla località che corrisponde al sito romano di Ad Flexum, posto lungo la Via Latina2.
Alla fine del XIX secolo lo studioso ed epigrafista tedesco Theodor Mommsen collocava il toponimo Ad Flexum — che nella Tabula Peutingeriana3 è indicato lungo la Via Latina, a otto miglia da Casinum, in direzione di Capua — nel territorio di San Pietro Infine. In seguito l’archeologo Carettoni, che riteneva tale toponimo legato alla presenza di una statio, una sorta di attuale stazione di servizio, fornita di punto di ristoro, ne identificava il punto esatto in località San Cataldo, presso il bivio di San Pietro Infine. La localizzazione muoveva proprio dall’esistenza in loco di un’antica Taverna situata nel punto di diramazione della Casilina per il Molise. In seguito altri studiosi hanno dato per certo che il sito di Ad Flexum si trovasse appunto nella citata località sampietrese, senza che per molti anni si pervenisse ad ipotesi diverse.
È solo nella prima metà del 1980, grazie a ritrovamenti fortuiti dovuti a lavori di ampliamento di un viottolo di campagna e allo sterro per la costruzione del tratto ferroviario Venafro-Rocca d’Evandro, che ci si è interrogati sull’esatta localizzazione di Ad Flexum. Ferma restando l’ipotesi che il toponimo indicasse una statio, poi divenuta mansio, permanevano tuttavia delle perplessità. Non si comprendeva, ad esempio, perché la Taverna San Cataldo e l’area circostante non presentassero tracce di strutture di epoca romana, mentre a circa 700 metri piú ad est, in località Santa Maria del Piano, si trovassero tracce considerevoli sia di strutture murarie che di sculture, quali ad esempio la testa di una statua, attribuita ad Adriano, un bacile in pietra con motivi zoomorfi, oltre ad epigrafi e a moltissimo materiale in ceramica.
Tralasciando in questa sede la trattazione specifica delle problematiche e delle motivazioni che hanno portato allo spostamento del sito di Ad Flexum da San Cataldo a Santa Maria del Piano, è doveroso riportare la motivazione, forse la piú importante, che ebbi modo di comunicare, all’epoca dei menzionati rinvenimenti, alla Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta.
Nei fogli 160 e 161 della carta topografica dell’IGM, nel territorio di Mignano, tra Monte Rotondo e Monte Lungo, la Via Casilina4 compie una curva a ferro di cavallo, per evitare l’eccessiva salita di Colle Altare, continua poi nella valle di San Pietro, costeggiando le pendici settentrionali di Monte Lungo, fino a raggiungere la località San Cataldo, da qui prosegue poi verso Cassino. Se invece di fare la curva a “ferro di cavallo” si continua l’allineamento della Strada Casilina (che viene da Mignano) si sale sul Passo di Colle Altare, da qui è possibile constatare che proseguendo oltre con l’allineamento si arriva dritti a San Vittore del Lazio5, dove è possibile ricollegarsi con la strada denominata “Pedemontana B” da taluni studiosi.
In sostanza è ipotizzabile che un asse viario protostorico, proveniente dalla Pianura Campana, attraversasse il territorio di San Pietro Infine e, grazie ad una gola naturale, ben visibile dalla sommità di Colle Altare, portasse dritto alla Valle di Comino, dove abbondavano le miniere di ferro6.
Quando nel III sec. a. C. queste zone furono conquistate definitivamente dai Romani, l’asse viario venne intersecato dalla Via Latina, che da Interamna Lirenas puntava dritto nel valico delle Tre Torri, fra Monte Sambúcaro e Monte Cèsima. Qui l’asse viario si inerpicava serpeggiando sul costone orientale di Monte Sambúcaro per addentrarsi nel Sannio. È probabile comunque che anch’esso si sia sovrapposto ad un altro percorso protostorico.
Quindi, in epoca romana, per un certo periodo di tempo i due percorsi dovettero coesistere, creando un quadrivio in località Santa Maria del Piano. In questo luogo strategicamente importante dovette sorgere una statio, poi divenuta una mansio e infine un pagus. L’esigenza di raggiungere velocemente l’antica e importante Casilinum (l’odierna Santa Maria Capua Vetere) fece sí che il tratto che da Casinum conduceva al quadrivio di Ad Flexum e il tratto che dal quadrivio portava a Casilinum fossero potenziati e resi piú agibili mediante l’apposizione di basoli. Il ramo invece che dal quadrivio conduceva nella Valle di Comino rimase secondario e finì per scomparire del tutto. In buona sostanza la strada basolata, proprio in corrispondenza della mansio, fletteva in direzione Casilinum: di qui probabilmente il toponimo “Ad Flexum”, cioè dove “flette” o piega la strada. Successivamente, venne lastricato anche il tratto che, inerpicandosi su Monte Sambúcaro, conduceva a Venafrum, per cui del quadrivio si formò una diramazione alla stregua di quella riportata sulla Tabula Peutingeriana.
A testimonianza di ciò, lungo i tratti viari menzionati si riscontrano molte emergenze archeologiche, per lo piú appartenenti a ville rustiche di epoca romana.
Col passare del tempo attorno alla mansio di Ad Flexum dovette sorgere un piccolo agglomerato di case (pagus) che rimase certamente coinvolto, come la maggior parte degli abitati romanizzati, nelle devastazioni compiute ad opera dei barbari — Goti, Vandali, Eruli e Ostrogoti — e subí nel tempo anche sconvolgimenti dovuti a calamità naturali, come alluvioni e terremoti, anche se è probabile che l’abbandono del sito dovette verificarsi proprio a seguito delle incursioni dei saraceni nell’883, quando venne distrutta l’abbazia di Montecassino.
In seguito, nel X sec., con il ritorno nella zona dei monaci benedettini, che avevano trovato rifugio a Capua, l’antico villaggio si spostò verso l’alto, alle pendici sud del Monte Sambúcaro, dove è poi rimasto fino all’ultimo conflitto mondiale.
Una curiosità: per quanto riguarda l’etimologia dell’appellativo “Infine” l’ipotesi piú plausibile e anche piú accreditata è quella riportata da Gianfilippo Carettoni che fa derivare la parola appunto dal toponimo Ad Flexum. Infatti in un documento della fine del X sec. troviamo la locuzione ecclesia Sancti Petri in Flea, che si riferisce a una chiesa dedicata a San Pietro situata nella località in Flea, e in una iscrizione dell’XI secolo, sulle lamine bronzee della porta della chiesa dell’Abbazia di Montecassino, si trova Sanctus Petrus in Flia. I termini Flea e Flia sono evidentemente curiose corruzioni della parola Flexum. Successivamente, perso ormai il ricordo della stazione sulla Via Latina, per influenza della posizione geografica che faceva trovare l’insediamento medioevale di San Pietro al confine del territorio di San Germano, e quindi della Terra di San Benedetto, in Flia si trasformò nell’appellativo in fine (cioè, appunto, al confine), divenuto successivamente Infine.

Bibliografia di riferimento.
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M. Zambardi, Recinti fortificati di età sannitica su Monte Sambúcaro e su Monte Santa Croce a Venafro, in “Popoli dell’Italia Antica -Le antiche città scomparse” Atti del convegno, Formia 2007, pp. 135-184.
M. Zambardi, Il Miliare XCV di Massenzio sulla Via Latina, in Studi Cassinati, CDSC, anno VIII, n. 1, Gen. Mar. 2008, Cassino 2008, pp. 7-9.
M. Zambardi, San Pietro Infine: frammenti inediti di epigrafi in territorio di Ad Flexum, in Studi Cassinati, CDSC, anno VIII, n. 1, Gen. Mar. 2008, Cassino 2008, pp. 10-13.
M. Zambardi, San Pietro Infine: la taverna di S. Cataldo, in Studi Cassinati, CDSC, anno VIII, n. 3, Lug. Sett. 2008, Cassino 2008, pp. 181-192.

1 Segnalati dallo scrivente alla Soprintendenza Archeologica di Caserta e Benevento.
2 Attualmente nell’area si stanno effettuando alcuni saggi di scavo, seguiti dalla Soprintendenza Archeologica, che hanno portato alla individuazione di strutture murarie relative ad alcuni ambienti di abitazione. Nel primo saggio di scavo (4×4 m) è stato portato alla luce un grosso muro (spesso circa 80 cm, con una lunghezza che va ben oltre l’ampiezza dello scavo), formato da scaglie di pietra calcarea di media grandezza legate con abbondante malta. La fondazione del muro si estende in profondità ben oltre 1,70 m. Il muro, che diverge rispetto all’asse della strada di circa 25 gradi verso sud, ha certamente condizionato un viottolo di campagna che vi si è sovrapposto nel tempo, come è visibile anche dalla cartografia catastale. È probabile che il muro rinvenuto faccia parte della Porticus con sedilia realizzati per volere di un certo Egnatius, come riportato da una epigrafe onoraria di età repubblicana, ivi rinvenuta. Cfr. A. Giannetti, «Epigrafi latine della Campania e del Latium Adiectum», in Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei, XXVIII, 1973, pag. 471. L’epigrafe ci consente di poter affermare anche l’importanza del luogo a carattere pubblico.
3 La Tabula, che prende il nome dal canonico Peutinger, è una copia medioevale di uno degli Itineraria picta, di epoca romana, risalente al IV sec. d. C. Attualmente è conservata presso la Biblioteca Nazionale di Vienna.
4 Che in alcuni tratti riprende il tracciato della Via Latina.
5 Nel planimetria dell’IGM il tracciato è ricostruibile grazie all’allineamento di viottoli di campagna e ai vari confini di proprietà.
6 Probabilmente le cinte fortificate in opera poligonale di Sant’Eustachio e di Colle Marena-Falascosa, due propaggini di Monte Sambúcaro, erano poste proprio a guardia di tale asse viario.

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