Due caccia anglo-americani e uno tedesco abbattuti

.

Studi Cassinati, anno 2008, n. 3

di Maurizio Zambardi

Era quasi mezzogiorno del 12 settembre 19431, giorno della festa della Madonna dell’Acqua, patrona di San Pietro Infine; il piccolo Antonio Fuoco, dieci anni, era stato mandato dai familiari a prendere una bottiglia d’acqua alla fonte Maria SS. Dell’Acqua, cosa che il bambino faceva abbastanza spesso e volentieri2. Dopo aver percorso la strada che collega il vecchio centro di San Pietro con la Fonte si trovò di fronte una ventina di soldati italiani3 che si rinfrescavano all’ombra dei secolari platani, seduti sulle pietre levigate del muretto del lavatoio pubblico, adiacente la Fonte. Molti di loro erano intenti a scrivere lettere utilizzando come ripiano le valigette o gli zaini. Antonio per un po’ rimase confuso da quell’insolita invasione del luogo, poi cautamente si avvicinò ai militari, cercando però di non disturbarli. Mentre osservava silenzioso i militari concentrati nella scrittura echeggiarono nell’area forti boati seguiti da tremolii. Antonio non capiva che cosa fosse, pensò ai botti festivi, poi ci fu un fuggi fuggi generale. I soldati scappavano da tutte le parti, abbandonando gli zaini, le valigie e i vari indumenti. I fogli delle lettere volarono via spargendosi da tutte le parti. Antonio, frastornato, restò a guardare senza muoversi, poi, dopo qualche minuto, si sentí chiamare forte. Era il padre Domenico che, avendo capito cosa stava succedendo, era corso incontro al figlio.
Quella mattina iniziò concretamente la guerra nel territorio tra San Pietro Infine e Mignano Monte Lungo. Gli Alleati stavano bombardando la località “Pescheto” presso Monte Lungo, l’obiettivo probabilmente era quello di distruggere il tratto ferroviario Mignano-Rocca D’Evandro.
La contraerea tedesca, appostata nei pressi del bivio di San Cataldo, rispose al fuoco riuscendo a colpire un caccia nemico. L’aereo, dopo una serie di volteggi incontrollati, seguito da una spirale di fumo nero, cadde sulla cresta orientale di Monte Sambúcaro4. Il pilota, però, riuscì a lanciarsi con il paracadute e atterrò nei pressi della Forcella, in una località posta nella valle compresa tra Monte Rotondo e Monte Lungo. Molti bambini e civili accorsero in montagna per vedere da vicino i resti dell’aereo. Tra questi vi era anche Domenico Di Zazzo, che all’epoca aveva 11 anni, che ricorda di aver assistito, insieme ad altri sampietresi, alla caduta dell’aereo dal cortile della chiesa di San Michele Arcangelo5. Ignari della gravità di quanto stava accadendo, i bambini presero la cosa con divertimento e accorsero sul posto. Domenico ricorda che quando arrivò in località “Alefazie”, che si trova quasi al limite superiore della fascia coltivata ad oliveto di Monte Sambúcaro, incontrò il compaesano Silvio Vecchiarino, il quale, trovandosi nei pressi, aveva raggiunto il luogo prima degli altri ed era riuscito a portare con sé le due ruote dell’aereo che si erano staccate nello schianto. Anche Domenico volle portare via qualcosa dell’aereo, ma riuscì a recuperare solo dei fili elettrici e altro materiale di poco conto. In realtà ciò che aveva raccolto non gli serviva a niente, ma il fatto che appartenessero ad un aereo faceva diventare quei cimeli oggetti preziosi da far vedere con vanto ai suoi compagni e ai compaesani.
Il giorno dopo i tedeschi, che dall’armistizio presidiavano il paese, erano venuti a sapere che era stato sottratto del materiale dell’aereo e pensando a ipotetiche informazioni, per loro preziose, recuperate dal velivolo, ordinarono alla guardia comunale Luigi Zambardi di girare per il paese e avvisare i cittadini di riportare tutto ciò che era stato trovato. La matrigna di Domenico, preoccupata di una ritorsione nei loro confronti da parte dei tedeschi, rimproverò severamente il figlio e lo costrinse a riportare quanto preso dell’aereo. Domenico, che in un primo momento si era vantato del bottino con gli amici e familiare aveva tenuto nascosti i reperti nella stalla della madre della sua matrigna, capì che non si scherzava e restituì il tutto portandolo al Comune.
Una ventina di giorni dopo, verso la fine di settembre un altro aereo Alleato cadde a metà della costa occidentale di Monte Rotondo, provocando l’incendio di gran parte del bosco. Era l’una di notte circa, gli aerei avevano fatto un’incursione per bombardare l’aeroporto di Aquino. La contraerea tedesca aveva sparato in alto dei razzi luminosi che si vedevano anche da San Pietro. Antonio Fuoco vide i bagliori dalle Alefazie, dove si era rifugiato con la propria famiglia. I razzi, scendendo piano, perché muniti di paracaduti, davano la possibilità alla contraerea di avvistare gli aerei nemici e quindi contrattaccare. L’aereo colpito cercò di rientrare, ma non vi riuscì, aveva una scia di fuoco che solcò il cielo notturno di San Pietro impressionando gli abitanti. Poi lo si vide schiantarsi su Monte Rotondo e ne seguì l’incendio del bosco.
Sempre in merito ad azioni belliche con aerei Antonio Fuoco racconta che i suoi familiari dicevano che una spia americana, nascosto in località “Strette” su Monte Sambúcaro, aveva fatto dei segnali luminosi con uno specchietto. L’uomo che parlava anche italiano aveva poi detto ad alcuni civili di San Pietro “vedrete tra poco cosa accadrà!”. Infatti prima del tramonto arrivarono alcuni caccia americani che bombardarono la contraerea tedesca mimetizzata nei pressi di San Cataldo, precisamente nella vigna di Pirollo.
Ancora altri episodi ce li riferisce Domenico Di Zazzo. Egli ricorda bene che gli americani lanciarono dagli aerei dei volantini scritti in italiano, che Domenico e altri bambini, tra cui Augusto Meo, raccolsero e portarono a far vedere agli adulti: in essi si avvertivano i civili che erano rimasti in paese di allontanarsi dal posto e di non accendere luci o fuochi.
Domenico ricorda poi di un terzo aereo, questa volta tedesco, che fu abbattuto dagli americani, appostati nei pressi della Petriera. Si era in piena guerra e il paese era stato distrutto e conquistato dagli Alleati. L’aereo colpito andò a cadere all’estremità nord-ovest di Monte Lungo.

1 Il giorno prima, 11 settembre, era stata bombardata la stazione ferroviaria di S. Vittore-Rocca D’Evandro con 53 vittime, tra cui 44 soldati italiani in attesa di un treno. Vd. Studi Cassinati n. 3/2006, pag. 158, e Il martirologio di S. Vittore del Lazio”, CDSC onlus, 2004, pag. 61.
2 Intervista del 2 luglio 2008 ad Antonio Fuoco, nato a San Pietro Infine il 19-08-1933.
3 Oramai allo sbando dopo l’armistizio dell’8 settembre.
4 In direzione dell’attuale ripetitore telefonico chiamato dai locali “Gliu tabellone”.
5 Intervista del’11 luglio 2008 a Domenico Di Zazzo, nato a S. Pietro Infine il 23-02-1932.

(184 Visualizzazioni)