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Studi Cassinati, anno 2008, n. 4
di Iannacone, Perrone e Zambardi
È appena uscito dalla tipografia Pontone di Cassino una pubblicazione che certamente desterà molto interesse, e non solo fra gli studiosi: il “Dizionario sampietrese” (Edizioni Eva, Venafro 2008, pp. 76, € 13,00), i cui autori sono Amerigo Iannacone, Antonietta Perrone e Maurizio Zambardi, tutti e tre già noti ai lettori per precedenti pubblicazioni, che spaziano in vari campi di interesse.
Il volume, voluto dall’Associazione Culturale “Ad Flexum” di San Pietro Infine, è un dizionario del dialetto del centro dell’Alto Casertano. Un dialetto che ha molte affinità, per vocaboli, per pronuncia e per cadenza, con quelli di tutta l’Alta Campania, il Basso Lazio e il Molise Pentro.
Nel volume, oltre al dizionario vero e proprio, compaiono anche un elenco di soprannomi e di località sampietresi.
Riportiamo uno stralcio della prefazione, del nostro Direttore Emilio Pistilli.
«Nell’era della comunicazione di massa, quando si va verso l’omologazione dei vari linguaggi comunicativi, che si fanno via via piú tecnologici – vedi per esempio quello di internet –, ha senso occuparsi di un dialetto locale, specialmente se esso è utilizzato sempre meno e da pochissime persone? La domanda potrebbe apparire retorica per le ragioni stesse insite nella sua formulazione: bisogno, cioè, di agevolare contatti con individui di ogni parte del globo. In realtà proprio tale tendenza impone la necessità di conservare e recuperare, ove si fosse perduto, il patrimonio linguistico ed espressivo del proprio ambiente di provenienza, della propria regione, del proprio villaggio. E non solo per ragioni di nostalgia di un tempo che se ne va e di persone care ad esso legato. Non a caso ho parlato di “patrimonio linguistico”, se è vero, come è vero, che per patrimonio si intende ciò che fa capo ai propri padri, ai patres in senso lato, come intendevano i latini. Un patrimonio, si sa, va conservato gelosamente perché perderlo significa separarsi da qualcosa di prezioso e di irripetibile.
Le origini del nostro parlare, le abitudini espressive, il retaggio di vocaboli, di modi di dire, di locuzioni, il gergo familiare, condizionano fortemente il nostro essere in società, il nostro interagire intellettualmente, culturalmente ed emotivamente con il prossimo. Dunque privarsi di quel patrimonio è come vivere al secondo piano della casa senza sapere cosa c’è al primo.
Occuparsi del dialetto è come occuparsi della storia del proprio luogo, ma ancora di piú: la storia, infatti, è cultura e conoscenza del passato, cosa che contribuisce fortemente a conoscere il presente (“Conosci il tuo passato per comprendere il tuo presente” recita un abusato ma veritiero slogan), il dialetto è la base e l’origine del parlare, del comunicare, del modo di esprimersi, del pensare di ognuno di noi. Sí, anche del pensare! Una persona di madrelingua italiana potrà vivere gran parte della sua vita in paese straniero, ma nel suo intimo i suoi pensieri saranno sempre in italiano. Il pensiero, infatti, per quanto astratto, per manifestarsi ha bisogno di supporti un po’ piú concreti, quali possono essere le immagini memorizzate e, appunto la lingua abitualmente e familiarmente utilizzata.»
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