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Studi Cassinati, anno 2008, n. 3
di Lucio Meglio
Grazie alla sempre attenta e viva curiosità intellettuale di un grande storico della nostra Diocesi, quest’anno siamo venuti a conoscenza di un’importante data commemorativa per il territorio sorano: ovvero gli 800 anni di istituzione della Contea Papale di Sora. A darne notizia è stato Monsignor Dionigi Antonelli, insigne storico della Valle di Comino, che con un suo studio sempre attento e preciso nella ricerca documentaria, ci ha delineato, in una conversazione privata, un quadro di questo centenario.
Il tutto accadde a cavallo dei secoli XII e XIII, quando il pontefice Innocenzo III (1198-1216) cercò ardentemente di portare avanti un progetto di costruzione di un feudo papale nella regione del sud-est laziale, così da creare un presidio permanente a guardia dei confini meridionali della Chiesa. A guida del nuovo possedimento venne posto il fratello del Pontefice, Riccardo, il quale fu investito quale Signore del feudo a Ferentino, dinanzi ai cardinali della corte pontificia.
Il passaggio definitivo della contea da Federico II al papa avvenne però, ci documenta Don Dionigi, solo nel 1215, quando l’imperatore firmò la Bolla D’Oro di consegna. La nuova contea di Sora comprendeva i castelli di Rocca Sorella, Pescosolido, Brocco, Roccavivi, Isola, Castelluccio, Arpino, Fontana e Arce.
Nell’estate del 1208, il pontefice di ritorno da un viaggio a San Germano, l’odierna Cassino, passando per Atina, si fermò per ben tre mesi a Sora, svolgendo nella città volsca la sua ordinaria attività di Pontefice della Santa Romana Chiesa Universale, conoscendo meglio la città, innamorandosene e convincendosi sempre più di includerla nel dominio papale.
Il soggiorno prolungato in città infatti non era casuale. Il pontefice in questo modo voleva dimostrare che Sora era diventata oramai di fatto feudo papale e che veniva considerata alla pari delle altre città dove egli di norma soggiornava. Purtroppo il feudo non ebbe vita lunga.
L’imperatore Federico II nel giro di pochi anni volle riaffermare la propria autorità sui vecchi possedimenti.
Sora non volle tradire il pontefice e rifiutò l’emissario imperiale, il Conte di Acerra, il quale offrì alla città la possibilità di tornare sotto la podestà imperiale. L’atto di rifiuto venne giudicato dall’Imperatore un vero affronto personale, tanto che il 28 ottobre 1228, Sora pagò a caro prezzo questo oltraggio alla corona venendo distrutta per la terza volta in meno di un secolo e mezzo.
La città fu rasa al suolo, non venne risparmiato nulla, l’ira vendicatrice dell’imperatore non fece sconti di sorta. Sul funesto eccidio venne composto il seguente epitaffio: “Vi Caperis, vi capta peris meritò peritura, Sora ruis tua, damna luis ferò reditura”.
Fu abbattuto anche lo storico ponte romano “Marmone”, nei pressi del monastero di S. Domenico, costringendo ad attraversare con barche il fiume Liri.
Federico II ne impedì in seguito la ricostruzione, accostando Sora alla città di Cartagine. Bisognerà attendere il 1250, quando in punta di morte l’Imperatore acconsentì alla ricostruzione dell’abitato.
Bisogna in conclusione rendere merito a Mons. Antonelli per averci segnalato ancora una volta un momento storico assai importante per la nostra città e in generale per l’intero comprensorio, consegnandolo alla memoria di tutti di noi.
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