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Studi Cassinati, anno 2008, n. 2
di Fernando Sidonio
Intitolare una strada a don Angelo Pantoni è una cosa giusta e meritoria, anzi tardiva considerato quanto questo illustre monaco ha fatto per tutto il nostro territorio, ma ritengo fuori da ogni logica farlo a discapito della memoria dell’illustre matrona Ummidia Quadratilla.
Forse è opportuno ricordare a chi di dovere chi essa fu, vista la leggerezza con cui è stata rimossa l’intitolazione della strada.
Nacque da Gajo Ummidio Durmio Quadrato, che fu questore ai tempi di Augusto, proconsole in Siria e in altre importanti regioni dell’Impero, ed esercitò diverse cariche sotto gli imperatori Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone; Durmio Quadrato morì in Siria nell’anno 60 dopo Cristo. La matrona viene raccontata ai posteri negli scritti di Plinio il Giovane, precettore del nipote di Ummidia, in una lettera che lo stesso Plinio scrisse al suo amico Geminio.
Un profilo biografico è tracciato da Giovanbattista Gennaro Grossi1.
“Noi siam d’avviso che non solo gli uomini illustri per le lettere, per le armi, e per la toga possono essere l’oggetto di un articolo di Biografia, ma che ogni individuo, che abbia in qualunque modo beneficiato la Patria, o che colla particolarità del suo carattere abbia nei tempi decorsi richiamata a sé l’ammirazione dei suoi concittadini, possa interessare la gloria nazionale, e quindi abbia diritto alle nostre ricerche. Queste due circostanze concorrendo appunto nella nostra Ummidia Quadratilla ci hanno indotto a tessere il presente brevissimo elogio istorico”.
Al fine di dare il giusto valore storico e culturale a questo benemerito personaggio dell’antica Casinum, riportiamo di seguito la traduzione della lettera di Plinio il Giovane fatta dallo stesso Gennaro Grossi.
“È morta, scriss’egli, Ummidia Quadratilla in età poco meno degli anni ottanta, fino all’ultima malattia vegeta, e fuori del solito delle matrone di corporatura valida, e robusta. È mancata di vivere con un testamento molto onesto. Ha istituiti eredi in due terze parti il nipote e nel rimanente la nipote. Io poco conosco costei. Amo io il nipote con trasporto, e familiarmente: giovanetto singolare, degno di essere amato non da’ soli di lui congiunti di sangue. Egli di bellissimo aspetto, ragazzo, e giovane ha saputo scansare tutte le dicerie degli uomini maligni. Fra’ venti e ventiquattro anni è divenuto marito, e se Dio lo avesse voluto, sarebbe anche padre. Egli è vivuto sotto l’educazione di sua ava, donna delicata, con molta severità, ma però obbedientemente.
Ella avea i suoi pantomimi, che favoriva con trasporto più che una Dama conveniva. Quadrato non vedeva costoro, né nel teatro, né in casa, né l’ava lo richiedeva. Io ho inteso da lei narrare, allora quando mi raccomandava gli studj di suo nipote, ch’era ella solita, come donna, a sollevare l’animo suo in quell’ozio del sesso, col giuoco de’ dadi: era solita pure a veder agire i suoi pantomimi, ma quando era per fare l’uno, o l’altro, precettava sempre a suo nipote di andare via, e studiare. Qual cosa a me pareva ch’ella facesse non tanto per amore, quanto per un certo rispetto, che aveva per lui. Tu rimarrai ammirato, ed io son pur marito. Né prossimi passati ludi sacerdotali, in cui agirono i pantomimi, uscendo Quadrato, ed io dal Teatro, mi disse; sai che oggi è la prima volta, che io ho veduto ballare il liberto di mia Ava? Ciò mi disse il nipote.
Ma per dirti il vero, le più straniere, e sconosciute persone eran quelle, che per un certo ufficio di adulazione, per far onore a Quadratilla (mi vergogno di aver detto onore) di qua di là correvano al teatro, facevan festa e plausi, e ammirazioni.
In fine i pantomimi replicavano tutt’i gesti della padrona, accompagnandoli co’ canti, essi ora riceveranno pinguissimi legati, corollario delle opere teatrali, dall’erede, che nel teatro non interveniva.
Perché, dirai, mi hai scritto tutto questo? Perché sei solito d’udire ben volentieri tutto quello, che accade di nuovo. E poi, perché è cosa a me gioconda di non togliermi quel piacere, che ho incominciato a sentire nello scrivere. Dappoicchè mi rallegro della pietà della defunta, e dell’onore dell’ottimo giovane. Mi rallegro ancora che finalmente la casa di questo Gajo Cassio, che fu Principe, e padre della scuola Cassiana servirà ad un padrone di non minor merito. Imperciocchè il mio Quadrato la ricoprirà di decoro, siccome si conveniva, rialzandola di nuovo all’antica dignità, celebrità, e gloria; perché si vedrà uscire da essa sì grande oratore per quanto gran giureconsulto fu quegli”.
Infine, prosegue il Grossi: di quante, e belle osservazioni non sarebbe questa pistola Pliniana capace? Ma la brevità, che ci abbiamo prefissa ce ne fa ragionevolmente astenere. Diciam solo ch’egli è probabile che la nostra Ummidia fosse nata circa l’anno vigesimo di nostra Era, ed in età di circa ottanta fosse mancata di vivere verso la fine del primo secolo. Ma ella dopo mille settecento diciotto anni già vive fra noi, mercè l’esistenza de’ suoi grandiosi monumenti, e vivrà in eterno per effetto della lettera circostanziata di Plinio”.
1 G.B.G.Grossi nacque ad Arce il 24 giugno 1856, e morì a Napoli il 23 marzo1823. Laureato in “utroque iure” ebbe affidati dal re Ferdinando IV di Borbone innumerevoli incarichi tra i quali quello del 1799 di Segretario della “Reale officina dell’Amministrazione generale dei Beni de’ Rei di Stato”, e nel 1802 quello di “Uditore Generale dello Stato di Montecassino”. Tratto dalla ristampa anagrafica “Lettere Istorico-filologiche-Epigrafiche e Scientifiche” di G.B.G.Grossi – Biografia a cura di Ferdinando Corradini -.
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