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Studi Cassinati, anno 2007, n. 3
A Roccadarce, il 26 scorso, furono rese commoventi e imponenti onoranze alla salma di un eroe: il Colonnello del Genio Domenico De Camillis, caduto valorosamente sulla linea del fuoco. Il Nuovo Giornale, che non mancò di rilevare a suo tempo il fulgido sacrificio del Colonnello De Camillis, si associa oggi alla commemorazione dell’Eroe, riproducendo la magnifica apologia che ne pronunziò, dinanzi ad una folla silenziosa e reverente, il Cav. Paolo de Camillis. Ecco il discorso:
“Miei cari concittadini, queste mie pochissime parole non possono e non devono essere una commemorazione: non potrei del resto farla io, suo affezionato congiunto.
Noi tutti avremmo voluto che questa cerimonia di oggi fosse stata una grande glorificazione per la memoria del Colonnello Domenico De Camillis, una grande glorificazione dell’Esercito Italiano, una grande glorificazione del nostro orgoglio di suoi parenti ed affettuosi cittadini: avremmo voluto che il ritorno qui della sua salma fosse salutato con lo sparo delle granate, accolto con gli onori militari, con gl’inni della guerra, esaltato dall’alata e competente commemorazione di un degno fratello di arme, e che a questa sua salma si fossero inchinati i labari e le bandiere dei Comuni e Sodalizi del Mandamento …: e tutto sarebbe stato poco per l’onore che merita! Ma a questa nostra doverosa celebrazione si è opposto il desiderio fermo e deciso dei due fratelli, che qui ce lo riconducono, e che hanno voluto queste esequie così modeste e familiari, certo per rendere l’omaggio più reverente alla sua grande modestia, perché, pur essendo uno dei più degni e colti e nobili e preparati ufficiali del nostro Esercito, era schivo di qualsiasi onore. Noi, dunque, o carissimo Domenico de Camillis, obbediamo alla volontà ferma dei tuoi fratelli e ci stringiamo tutti intorno ai resti della tua spoglia, senza cerimonie ufficiali, senza bandiere, senza musiche, ma con l’anima ed il cuore protesi in un cordoglio indicibile, rammaricando la tua dipartita così immatura.
Noi, tuoi congiunti, ci riserviamo di far nota in una prossima pubblicazione la tua vita intemerata, la tua cultura meravigliosa e il tuo carattere adamantino; ci appaghiamo oggi porgerti teneramente, con tutta la dolcezza amara dei ricordi e dell’amore la nostra ammirazione e il nostro saluto reverente e devoto.
E porgiamo anche a voi, Lorenzo e Bismark, suoi fratelli amatissimi, il ringraziamento di avere assecondato il nostro desiderio di volere qui, accanto ai morti di nostra gente e del nostro sangue, la salma sua benedetta, nostro orgoglio e nostra gloria.
Domenico de Camillis fin da bambino dimostrò una svegliatezza d’ingegno non comune. Amante della vita militare, entrò nel Collegio di Napoli. Era fortemente attirato dalla vita marinaresca, ed il suo sogno era di diventare ufficiale di marina. Gli fu contestato dal genitore tale suo desiderio, e così egli frequentò l’Accademia Militare di Torino. Fin da allora il suo ingegno rifulse assai, e nei vari esami annuali ottenne premi e le lodi maggiori. Venne presto nominato sottotenente del Genio e frequentò la Scuola di Applicazioni di Torino. Al termine del Corso venne trasferito col grado di tenente alla Scuola Militare di Modena, con l’incarico dell’insegnamento delle fortificazioni e arte militare. Promosso prestissimo capitano, benché ammogliato, frequentò la Scuola Superiore di Guerra, e poi face passaggio nello Stato Maggiore, essendo stato dei pochissimi prescelti. Per tale Corpo. Successivamente fu capo di Stato Maggiore nei Comandi delle Divisioni di Cuneo, Piacenza, Messina, Brescia. Il 29 giugno 1915, col grado di colonnello del Genio, entrò in territorio, dichiarato stato di guerra, ed il 29 ottobre dello stesso anno in combattimento morì colpito da una granata nemica nell’adempimento del suo dovere.
Fin dal maggio egli aveva avuto l’incarico del forzamento dell’Isonzo, prima, nella 27a Divisione, col generale Marchi; poi nella Brigata Benevento, Generale Rotondi; poi col Generale Bricola, perché gli ordini erano stati tassativi: “Passare a qualunque costo l’Isonzo”. Ed egli solo aveva la responsabilità dei lavori. La zona era battuta dall’artiglieria nemica. La notte dal 28 al 29 ottobre doveva avvenire il passaggio delle truppe. Lasciato il comando al maggiore Gini, il Colonnello de Camillis, insieme al generale, si portò nel piccolissimo molino di Alba a soli 300 metri dal fiume, ed attendevano che cominciasse il passaggio. Erano le 2 di notte, pioveva a dirotto, il freddo intensissimo, la zona sempre battutissima dall’artiglieria … le truppe erano recalcitranti.
Egli strinse la mano al suo Generale e volle portarsi fra i suoi soldati. A soli cento metri dal fiume, incontrò un sottotenente che gli portava un biglietto, nel quale era detto che era assolutamente impossibile incominciare il passaggio delle truppe …; ma egli si avanzava ancora e faceva sentire la sua voce ai suoi fidi soldati …
– Signor Colonnello, che cosa fa? Non si avanzi di più …
Fu l’ultimo grido del suo Maggiore, perché proprio in quel momento una granata colpì in pieno il Colonnello de Camillis nella parte sinistra del volto. La morte fu istantanea, o, come disse il collega del Genio Carpentieri, sopravvisse qualche minuto tanto da vedere le truppe incominciare il periglioso passaggio, e l’Isonzo proprio quella notte fu tagliato! Era attaccatissimo alla sua famiglia, ai suoi figlioli, ai suoi fratelli, a tutti i suoi congiunti, a questo suo paese, di cui rammentava noi tutti, quasi uno per uno … Nel suo dovere scrupolosissimo, rigidissimo nella disciplina, ma tanto e tanto buono di cuore! Nell’esercito era tenuto in altissima considerazione, specialmente fra gli ufficiali del Genio e dell’Artiglieria, molti dei quali erano stati suoi allievi.
Misurate tutta la sua altissima statura morale dalle righe del suo testamento. Così lasciò scritto ai suoi figliuoli: “La mia vita fu sempre ispirata ai principi dei doveri e del lavoro. Non ho da arrossire di nulla. Nulla da restituire agli altri in denaro, affetto, gratitudine! Voi, miei figliuoli, dovete essere fieri del vostro padre. Conservate intatto il patrimonio di onore che vi lascio, e siate laboriosi, onesti degni del nome che portate. Se ho meritato qualche cosa, sia pagata in tanta felicità per voi, miei figliuoli, e per tutti quelli che mi hanno amato e stimato”.
Miei cari Concittadini, ricordiamole queste sante parole del Colonnello de Camillis, scritte per i suoi figliuoli, come se fossero state dettate per tutti noi. Inchiniamoci al grande dolore dei figli lontani, dei fratelli presenti; reverenti deponiamo la salma sua gloriosa nel nostro piccolo cimitero montano, e sia la nostra una custodia fiera ed una custodia d’amore. Noi già il suo nome l’avevamo inciso nella lapide in cui si ricordano tutti i Caduti della nostra guerra, ma oggi ci vengono affidate le sue ceneri gloriose.
Facciamo buona guardia a questo nome e a questa spoglia con volerci sempre più bene, con le opere buone e, come scriveva ai figli, con l’essere onesti e laboriosi. Solo così saremo domani concittadini suoi e cittadini di questa nostra grande Italia”.
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