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Studi Cassinati, anno 2008, n. 1
di Ruvo Lucio Meglio
Sono molti, e a volte troppo spesso dimenticati, gli uomini illustri a cui, nel corso dei secoli, l’antica Terra di Lavoro ha dato i natali. Operanti in terre lontane il loro legame con la terra madre non è venuto mai meno, ed è giusto con il passare degli anni tramandarne e conservarne la memoria.
Il 16 settembre 1721 nasce a Pescosolido Pietrangelo Ruggieri, figlio di Gerolimo e Orsola Lecce. Trascorsa serenamente la fanciullezza nel suo paesino natale, si reca nel Seminario di Sora per intraprendere gli studi classici, prima di trasferirsi a Roma per gli studi teologici superiori. Vivace nei giudizi, sempre gentile nei rapporti umani, retto nei costumi, alto nello spirito cristiano, piacevole e dotto nel conversare, impostò la sua vita sacerdotale nell’educazione dei giovani e nella predicazione alle genti. “Venite filii audire me si moveam Domini docebo vos”: così esclamava dal pulpito alle centinaia di persone che a Fondi, Roma, Palestrina e Carinola giungevano per ascoltare le sue parole. Parole che colpirono profondamente anche il Cardinale Spinelli, il quale dopo una celebrazione nel duomo di Palestrina così affermava a proposito del Ruggieri: “Il nostro Rettore è uomo, se mai ne fu alcuno, in supremo grado scienziato, cittadino in tutti i linguaggi, molto perfetto in tutte le facoltà”. Diresse per molti anni la sua attività verso i giovani all’interno di molti seminari, compreso quello di Sora, uno dei più antichi d’Italia. Fu proprio per il suo impulso dato agli studi del seminario sorano che restò sempre in contatto con la sua diocesi di origine. Il 24 settembre del 1759 fu eletto vescovo della diocesi di Ruvo in provincia di Bari, su petizione del Card. Spinelli. Ruggieri fu l’ultimo vescovo di Ruvo prima della sua unificazione con la diocesi di Bitonto. Si adoperò senza risparmio al servizio del suo gregge. Fu opera sua l’ampliamento del palazzo vescovile con l’abitazione episcopale annessa al Santuario di Calentano. Riformò le usanze e i costumi del clero locale, imponendo il decoro per la liturgia e il culto. Sotto il suo episcopato fu incrementato il culto di San Rocco, al quale fece dedicare una statua argentea tuttora conservata nel tesoro del Duomo, e istituì la Congrega di San Rocco, approvata da Re Ferdinando. Da notare che il culto al santo di Montpellier era, e lo è tuttora, molto forte a Pescosolido; la stessa casa natale del vescovo si trovava vicino alla chiesetta dedicata al santo. Nel 1796 rifece completamente il coro e i confessionali della cattedrale. Per motivi di anzianità e malattia si ritirò dall’episcopato e ritornò nel suo paese natale, dove trascorse i suoi ultimi anni di vita, morendovi il 14 febbraio del 1807 all’età di 86 anni.
Durante la sua vita, anche quando era vescovo, non si dimenticò mai del suo paese. Nell’ottobre del 1758, all’indomani di un terribile terremoto che arrecò gravi danni alla sua terra, corse a Pescosolido per arrecare aiuto e conforto alla popolazione. È sua opera l’altare in stucco dell’Assunta presente nella collegiata del paese che ancora riporta il suo stemma episcopale. Pescosolido non ha dimenticato questo suo gran figlio, e a lui ha intitolato la piazza dove aveva luogo la sua abitazione e dove si trova la chiesa di San Rocco.
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