San Pietro Infine: frammenti inediti di epigrafi in territorio di Ad Flexum

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Studi Cassinati, anno 2008, n. 1

di Maurizio Zambardi

Foto e apografo del frammento di epigrafe rinvenuto nei pressi del“Torrione”, Santa Maria del Piano, realizzato da Maurizio Zambardi..

In località Santa Maria del Piano nella Valle di San Pietro Infine, a un centinaio di metri a sud della massicciata ferroviaria Venafro-Rocca D’Evandro, sono ancora evidenti i resti di un’antica struttura denominata “Il Torrione”1. Nelle sue immediate vicinanze il terreno, specie quando è arato, presenta una fitta concentrazione di materiale sparso, riconducibile a strutture murarie ridotte in frantumi, quali mattoni in laterizio, cubilia in tufo, grumi di malta, ed anche resti di tegole e ceramica varia. Tra questo materiale, alla fine degli anni ottanta, fu rinvenuto da un contadino del posto anche un frammento di epigrafe in calcare. Il frammento, che si trovava a pochi metri dal tratto della Via Latina, è andato purtroppo disperso ma lo scrivente ebbe modo di fotografarlo e disegnarlo e riuscì a prendere anche una serie di appunti che sono stati recentemente riordinati e sistemati2 e ora vengono presentati all’attenzione del pubblico e degli studiosi.
Il frammento, o forse meglio dire la scaglia, aveva una forma riconducibile grosso modo ad una figura romboidale allungata con ingombro massimo, proiettato sul piano dell’iscrizione, pari a 18×35 cm. Lo spessore massimo della scaglia era di 11 cm., mentre l’ingombro massimo della superficie piana dell’epigrafe era pari a 14×29 cm. Ciò che restava dell’iscrizione erano sei lettere disposte su due righe. Sulla riga superiore si riconoscevano i tratti inferiori di due lettere riconducibili ad una a C e ad una A, probabilmente Ca[esar], mentre nella riga sottostante si riconosceva l’estremità inferiore di una C, seguita da una O, da una S, da un punto (triangolare con vertice verso l’alto) e da una X, quest’ultima monca del quarto inferiore. L’altezza delle lettere della seconda riga variava da 6,5 a 7 cm. La stessa altezza è stata proposta per la prima riga, ricostruendo così la parte mancante delle due lettere. Lo spazio tra le due righe era di 3 cm. La C e la A erano allineate alle sottostanti S e X. Da quanto descritto si puó quindi proporre:

Ca[esar]
Co(n)s(ul) X.

Sarebbe interessante confrontare il frammento appena descritto con gli altri frammenti di epigrafi, riportati dal Mommsen3, e che si trovano conservati presso il Museo Campano4. Inoltre, nella stessa area del ritrovamento di Santa Maria del Piano, sono stati rinvenuti alcuni reperti scultorei5 ed anche una ulteriore epigrafe, tuttora conservata nel piazzale antistante la villa dei Brunetti6.
A poche centinaia di metri ad est del “Torrione” vi è la chiesa di Santa Maria dell’Acqua, protettrice di San Pietro Infine. In un ambiente laterale7, posto a sud dell’unica navata della chiesa, prima dei lavori di ristrutturazione del 1994, si trovava un blocco calcareo, ora disperso, recante un’epigrafe che lo scrivente ebbe modo di fotografare e rilevare8.
Il frammento, che doveva far parte di un cippo funerario di piccole dimensioni, nonostante fosse molto rovinato, conservava ancora delle piccole porzioni della superficie di rifinitura, su tutte e quattro le facce laterali, che ne permisero la lettura delle dimensioni in pianta. Il cippo risultava di forma rettangolare di cm. 31×27 ed era impostato su una base piú larga modanata che, ricostruita, misurava 36×32 cm. Il frammento risultava alto 27 cm., mentre non fu possibile determinare l’altezza totale del cippo.
Dell’epigrafe rimanevano visibili le ultime tre righe, le cui lettere erano alte 3 cm. Della prima riga si riconosceva soltanto una R, forse preceduta da una O. Nella seconda riga c’era una C seguita da una lacuna e poi dalla scritta POMPEIUS, di cui la P e la O sono integrate. Nella terza riga si riconoscevano una R, una O e forse una M, seguiva una lacuna, poi un punto, una L e ancora un punto e poi HESYCHUS. Per cui si propone:
[- – o]r
C[- -][Po]mpeius
Ro[m – – -] . L . Hesychus.

1 I ruderi presentano nel lato nord una parete concava (con diametro pari a circa 3 m.) che va ricondotta certamente all’abside dell’antica chiesa di Santa Maria del Piano, come confermato anche dagli abitanti del posto. Probabilmente la chiesa si è sovrapposta (o ne ha solo cambiato il nome) a quella ancora piú antica attestata come “Sancti Petri in Flea” e molto probabilmente quest’ultima si è impiantata sulle strutture dell’antica statio (poi divenuta mansio) di Ad Flexum. (Cfr. m. valenti, “Osservazioni del percorso della Via Latina tra Aquinum e Ad Flexum”, in “Terra dei Volsci”, 2, 1999, pp. 127-144; d. caiazza, “Archeologia e storia antica del mandamento di Pietramelara e del Montemaggiore”, II, Italia 1995, pp. 22 e 23; m. zambardi, “Organizzazione del territorio in corrispondenza della mansio ‘Ad Flexum’ ”, in “Casinum Oppidum”, Ercolano 2007, pp. 161-169; m. zambardi, “La Via Latina nel territorio di Ad Flexum”, in “Spigolature Aquinati, Studi storico-archeologici su Aquino e il suo territorio”, (Atti della giornata di Studio – Aquino, 19 maggio 2007), pp. 113-124.
2 In occasione della stesura della tesi di laurea in Conservazione dei Beni Culturali redatta dallo scrivente dal titolo “Il territorio di Ad Flexum e le mura in opera poligonale di Monte Sambúcaro” (Relatore Prof.ssa S. Gigli Quilici, Correlatore Prof. F. Piccarreta), Seconda Università di Napoli, 2006.
3 c.i.l. x, 4866, 5028 e 5029.
4 Il Mommsen riporta anche un’epigrafe funeraria (c.i.l. x, 4963) tratta dal Trutta che sostiene “inserita nelle strutture murarie della diruta chiesa di S. Maria del Piano” (cfr. g. trutta, “Dissertazioni istoriche delle antichità Alifane”, Napoli 1776, p. 416) e che recita:

d. m.
mummiae
septiminae
mummius
verecundus
coniugi sanctissimae
quae vixit mecum
annis xxxv
b. m. f.

L’epigrafe si trovava “in quella stessa chiesa – scrive il Caiazza – che, col predicato storpiato in S. Maria del Pianto, a dire del Pistilli accoglieva un miliare di Traiano cui sarebbe pertinente una iscrizione falsa o quantomeno riportata in modo scorretto” (Cfr. d. caiazza, op. cit., p. 21; f. pistilli, “Descrizione storico filologica delle antiche e moderne città e castelli esistenti accosto de’ fiumi Liri e Fibreno”, Napoli 1824, p. 180; c.i.l. x, 1038).
5 Cfr. g. lena, “Scoperte archeologiche nel Cassinate – Note di topografia antica”, Cassino 1980, pp. 53 e 54.
6 L’epigrafe, di età repubblicana, è di tipo onorario ed è incisa su un blocco di pietra calcarea di dimensioni 80x50x30 cm. Il Caiazza scrive: “Una lacuna interessa la zona centrale della seconda, terza e quarta riga. Le lettere delle prime due righe misurano cm. 5,5, le altre cm. 5» (Cfr. d. caiazza, op. cit., p. 22), e ne riporta la seguente trascrizione:

[ . ] egnativs l. f.
mamae[ . ]ianvs
harvsp[..] portic[.]m
sedilia [..] sva pec.
facivnd. coer.
idemqve probav.

L’epigrafe, comunque, fu già pubblicata dal Giannetti nel 1974 che, oltre alla foto, riporta le misure 85x50x32 cm., (con altezza costante delle lettere pari a 5 cm.). Il Giannetti scrive: “La pietra è spezzata nel lato superiore e presenta presso ognuno degli spigoli dei lati minori e in basso un foro per grappe” e propone di scioglierla nel seguente modo:
L(ucius) Egnatius, L(uci), T[er(etina)]

Mamaecianus,
harusp[ex] porticum
sedilia de sua pec(unia)
faciund(a) coer[av(it)]
idemque probav(it).

L’autore, quindi, aveva osservato in piú, rispetto al Caiazza, la L di Lucius e la T di Teretina (tribú). Inoltre il Giannetti aggiunge: “La ‘V’ di porticum è inserita nell’apertura superiore della M; a metà dei righi 2 e 3 si nota una scheggiatura otturata da calce. A giudicare dai caratteri e dalla forma ‘coer’ l’iscrizione sembra appartenere al I sec. a. C.” (Cfr. a. giannetti, “Epigrafi latine della Campania e del Latium Adiectum”, in “Rendiconti dell’Accademia Nazionale dei Lincei”, xxviii, 1973, p. 471).
7 Una volta adibito a cucina dell’alloggio del custode.
8 Le notizie del frammento e i grafici sono stati anch’essi riordinati e riportati nella tesi di laurea già citata.

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