Studi Cassinati, anno 2007, n. 1
di Maurizio Zambardi
In data 4 marzo 1948 il sindaco di Cassino Gaetano di Biasio annunciò, con un pubblico manifesto, che il 24 aprile successivo sarebbe stato “vibrato il primo colpo di piccone” per la ricostruzione del Cassinate dopo il cataclisma della seconda guerra mondiale. La gestione dei lavori era stata affidata all’E.RI.CAS. (Ente per la ricostruzione del Cassinate) con un finanziamento di 10 miliardi di lire. “L’operazione – dichiarava Di Biasio – è la prima del genere che lo Stato italiano affronta come banco di prova dello sforzo ricostruttivo dell’intero Paese”. Sull’esito di quel finanziamento in seguito si accesero vive polemiche, specialmente da parte dell’opposizione, sostenuta dal settimanale di sinistra “Il Rapido”. Ancora oggi c’è chi grida allo scandalo. Il nostro Maurizio Zambardi, prescindendo da tali polemiche, riferisce sull’attuazione del programma di ricostruzione sulla base del documento ufficiale pubblicato nel 1953 a cura dello stesso E.RI.CAS, “La Rinascita del Cassinate”. Non trascurando, tra l’altro, di riportare anche l’enfasi con cui il documento elenca le realizzazioni.
Lo scenario che si presentava all’indomani della guerra nelle zone cosiddette della “Battaglia di Cassino” era catastrofico. Sembrava che un immane terremoto si fosse accanito per giorni e giorni su tutto ciò che si innalzava dal terreno, radendo al suolo case, chiese, strade, ponti, ferrovie ed edifici pubblici. Nel giro di pochi mesi un incessante e cruento bombardamento da entrambi gli opposti schieramenti belligeranti sconvolse la “Terra di San Benedetto”. Il clou si ebbe nella distruzione della celebre Abbazia di Montecassino. Piú di 453 tonnellate di bombe piovvero a piú riprese sul monastero dalle squadre dei bombardieri americani. La distruzione dell’Abbazia rappresentava non solo l’annientamento fisico dell’edificio religioso ma anche quello morale e psicologico: “La guerra degli umani non si fermava neanche di fronte al divino”. L’Abbazia rappresentava da secoli il “Faro di civiltà” che “illuminava” i paesi del territorio dell’Abbazia ma era considerato anche il centro propulsore del mondo cristiano d’occidente.
Nonostante fosse dichiarato monumento di interesse mondiale e quindi protetto dalle norme internazionali, anche perché tutelato dalla Santa Sede, il monastero con la sua mole si ergeva minaccioso agli occhi dei “liberatori” che commisero, come poi riconobbero in seguito gli stessi americani, un gravissimo errore di valutazione strategica militare. L’abbazia fu creduta, a torto, l’ultima temibile roccaforte tedesca che bloccava l’accesso alla Valle del Liri, il cui ingresso avrebbe garantito la conquista del cuore dell’Italia: la sua capitale. Il 15 febbraio del ‘43 l’abbazia venne distrutta; esattamente un mese dopo, il 15 marzo, venne rasa al suolo anche la città di Cassino.
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Finita la guerra dopo aver dato degna sepoltura ai morti e curate le ferite dei vivi, iniziò l’inarrestabile fase di ricostruzione. L’unanime senso di commozione che pervase l’opinione pubblica mondiale trovò la dovuta comprensione da parte dello Stato che intervenne, in rapporto alle sue scarse possibilità che derivavano da un paese che usciva piuttosto malconcio dal conflitto mondiale, con quelle erogazioni che il bilancio consentiva. Fu fatto un censimento dei paesi sconvolti dalla guerra che rientravano in quella vasta area definita dal decreto n. 688 del 2 aprile 1948 “Zona della Battaglia di Cassino”. Questa era costituita dal territorio di 57 Comuni delle Province di Frosinone, Latina, Caserta e Isernia (all’epoca Campobasso), con una superficie agraria e forestale pari a circa 160.000 Ha, comprendente zone di montagna, di collina e di pianura e una popolazione che raggiungeva, secondo il censimento del 1936, le 266.000 anime. Fu stilata da parte del Ministero dei Lavori Pubblici anche una percentuale di distruzione dei paesi. Alcuni di questi, 5 su 57, furono definiti distrutti addirittura al 100%.
Percentuali ufficiali delle distruzioni dei Comuni del Cassinate, determinate dal Ministero dei Lavori Pubblici
Cassino ………………………………………………………………………………………100%
Piedimonte S. Germano ……………………………………………………………….100%
Pontecorvo………………………………………………………………………………….100%
S. Biagio Saracinisco …………………………………………………………………..100%
Villa Santa Lucia…………………………………………………………………………100%
Cervaro………………………………………………………………………………………..98%
San Pietro Infine……………………………………………………………………………98%
Spigno Saturnia …………………………………………………………………………….98%
Vallemaio……………………………………………………………………………………..96%
Viticuso………………………………………………………………………………………..96%
Acquafondata ……………………………………………………………………………….95%
Atina……………………………………………………………………………………………95%
Belmonte Castello …………………………………………………………………………95%
Castelforte ……………………………………………………………………………………95%
Castelnuovo Parano……………………………………………………………………….95%
Picinisco ………………………………………………………………………………………95%
S. Ambrogio Sul Garigliano……………………………………………………………95%
S. Andrea Della Valle…………………………………………………………………….95%
S. Apollinare…………………………………………………………………………………95%
Santi Cosma e Damiano…………………………………………………………………95%
Vallerotonda …………………………………………………………………………………95%
Pignataro Interamna ………………………………………………………………………93%
Ausonia ……………………………………………………………………………………….92%
Esperia…………………………………………………………………………………………92%
S. Elia Fiumerapido……………………………………………………………………….91%
S. Vittore Del Lazio ………………………………………………………………………91%
Terelle………………………………………………………………………………………….91%
Aquino…………………………………………………………………………………………90%
Coreno Ausonio…………………………………………………………………………….90%
Itri……………………………………………………………………………………………….90%
San Giorgio al Liri ………………………………………………………………………..89%
Formia …………………………………………………………………………………………85%
Mignano ………………………………………………………………………………………85%
Ceprano ……………………………………………………………………………………….80%
Gaeta …………………………………………………………………………………………..80%
Rocca D’Evandro………………………………………………………………………….80%
Filignano ……………………………………………………………………………………..70%
Villa Latina…………………………………………………………………………………..70%
Fontechiari……………………………………………………………………………………60%
Pico……………………………………………………………………………………………..60%
Roccasecca …………………………………………………………………………………..60%
S. Giovanni Incarico ……………………………………………………………………..60%
Broccostella………………………………………………………………………………….50%
Casalattico ……………………………………………………………………………………50%
Casalvieri……………………………………………………………………………………..50%
Castrocielo……………………………………………………………………………………50%
Conca Casale………………………………………………………………………………..45%
Gallinaro………………………………………………………………………………………40%
Pastena…………………………………………………………………………………………40%
S. Donato Val Comino …………………………………………………………………..40%
Settefrati ………………………………………………………………………………………40%
Sora …………………………………………………………………………………………….40%
Venafro ………………………………………………………………………………………..40%
Colle San Magno…………………………………………………………………………..35%
Minturno………………………………………………………………………………………35%
Pozzilli…………………………………………………………………………………………35%
Sperlonga……………………………………………………………………………………..30%
Ma, oltre all’aiuto dello Stato, anche l’iniziativa privata non restò insensibile alla visione raccapricciante di tante rovine e spinta da un sentimento di profonda solidarietà umana, affiancò con entusiastica partecipazione l’opera del governo costituendo l’E.RI.CAS. (Ente per la Ricostruzione del Cassinate). Consapevole delle necessità locali il Ministero dei Lavori Pubblici affidò in concessione all’Ente l’esecuzione del piano di opere straordinarie. La concessione all’Ericas da parte del Ministero dei Lavori Pubblici, stipulata il 9 marzo 1949, era dettata da principi di semplicità di applicazione, evitando quelle estenuanti trafile burocratiche che hanno da sempre caratterizzato la Nazione. Alla base vi erano quei principi economici che regolano i rapporti tra privati cittadini in una economia libera. L’Ericas era in pratica una cooperativa a responsabilità limitata, voluta proprio dalle disposizioni legislative che ne fissavano la forma giuridica per l’ottenimento della concessione. La cooperativa fu costituita tra persone opportunamente scelte, in base a specifiche competenze e qualità dei soci, con lo scopo di rimediare all’immane disastro causato dagli orribili eventi bellici della seconda guerra mondiale. L’Ente in sostanza si sostituiva, nella progettazione ed esecuzione delle opere contenute nella concessione, allo Stato, ma il suo funzionamento era strettamente legato alle istruzioni del Ministero dei Lavori Pubblici. L’Ente restava sottoposto al controllo del Ministero stesso che attraverso un Ispettorato, appositamente costituito, ne seguiva attentamente l’attività tecnica. Le spese per il funzionamento dell’ufficio dell’Ispettorato,erano, però, a totale carico dell’Ericas, in osservanza alle disposizioni della concessione stessa. L’esigenza di affrettare la rinascita del Cassinate portò l’Ericas a concepire un programma complesso ed organico di opere di diversa natura da realizzare contemporaneamentenei vari centri disastrati allo scopo di accelerare ed agevolare la ripresa della vita fra quelle tormentate popolazioni. Fu allora concordato con lo Stato, considerando le ristrette condizioni del bilancio pubblico di allora, il pagamento dell’importo delle opere eseguite differito in trenta annualità. Fu quindi indispensabile provvedere, in tempi molto stretti, agli sconti di dette annualità presso gli Istituti finanziari piú adatti e a tassi convenienti. In quel periodo parlare di pagamenti dilazionati, di collocamento e sconti di annualità trentennali era molto rischioso. Il momento non era certo dei piú favorevoli, anche perché il mercato finanziario nazionale era dominato dal timore dell’inflazione.
Si trovò però particolare comprensione da parte di alcuni Istituti quali: l’Istituto Nazionale Assicurazioni, l’Istituto Nazionale Assicurazioni Infortuni sul Lavoro e gli Istituti di Previdenza che accolsero le richieste, nonché il Banco di Napoli ed il Banco di Santo Spirito che si mostrarono interessati e fiduciosi nell’opera di ricostruzione materiale sociale dell’Ericas. Questi istituti bancari furono tra l’altro tra i primi a costruire a Cassino magnifici fabbricati per le loro sedi. Nonostante, però, la stipula della convenzione per la costruzione delle opere straordinarie, tra il Ministero dei Lavori Pubblici e l’Ericas, fosse avvenuta nel mese di marzo del 1949, a causa di problemi organizzativi e burocratici, l’ente entrava nel pieno del suo funzionamento solo nel 1950, e la sua attività di ricostruzione, che si intensificò sempre piú negli anni successivi, portò a termine l’intero programma di lavoro nel 1953. L’Ente raggiunge il suo pieno sviluppo allestendo fino a 220 cantieri disseminati nella vasta zona, dando cosí lavoro alla mano d’opera locale. L’occupazione per conto dell’Ericas puó cosí riassumersi:
Cantieri avviati 220
Nel 1950 ci furono 59.435 giornate lavorative da operaio.
Nel 1951 ci furono 272.929 giornate lavorative da operaio.
Nel 1952 ci furono 359.760 giornate lavorative da operaio.
Nel 1953 ci furono 67.786 giornate lavorative da operaio.
Si cominciò dalle case per senzatetto, come ad Itri, che era stata distrutta per il 90 %.
ELENCO DEI COMUNI CHE BENEFICIARONO DELL’ATTIVITÀ DELL’E.RI.CAS.
Provincia di Frosinone:
Acquafondata, Aquino, Atina, Ausonia, Belmonte Castello, Casalattico, Casalvieri, Cassino, Castrocielo, Castelnuovo Parano, Ceprano, Cervaro, Colle San Magno, Coreno Ausonio, Fontechiari, Esperia, Gallinaro, Pastena, Picinisco, Pico, Piedimonte San Germano, Pignataro Interamna, Pontecorvo, Roccasecca, Sant’Ambrogio sul Garigliano, Sant’Andrea Vallefredda, Sant’Apollinare, San Biagio Saracinisco, San Donato Val di Comino, San Elia Fiumerapido, San Giorgio a Liri, San Giovanni Incarico, San Vittore del Lazio, Settefrati, Sora, Terelle, Vallemaio, Vallerotonda, Villa Latina, Villa S. Lucia, Viticuso.
Provincia di Latina:
Castelforte, Formia, Gaeta, Itri, Minturno, Santi Cosma e Damiano, Sperlonga, Spigno Saturnia.
Provincia di Caserta:
Mignano Montelungo, Rocca d’Evandro, San Pietro Infine.
Provincia di Isernia:
Conca Casale, Filignano, Pozzilli, Venafro.
LA REALIZZAZIONE DELLE OPERE DA PARTE DELL’ERICAS
Le case
Nell’opera di rinascita del Cassinate si dette priorità alle costruzioni delle case per i senzatetto. La maggior parte della popolazione viveva infatti in caverne e baracche d’emergenza, con rilevanti problemi igienici e sanitari. Le abitazioni furono costruite simultaneamente in quasi tutti i 57 comuni e fin dal 1950 furono anche abitate. Furono realizzati 2.964 vani distribuiti in edifici di diversa cubatura a seconda delle necessità di ogni comune. Le nuove case sorsero ben presto, spaziose e confortevoli, nei centri di Cassino, Pontecorvo, San Biagio Saracinisco, Piedimonte San Germano e Villa Santa Lucia, dove mancava tutto perché la distruzione era stata del 100 per cento. Gli edifici furono semplici ma di varia architettura, si cercò di dare piú attenzione alla stabilità e alla funzionalità, anche se nella progettazione si cercò di non creare tutte case in serie, come ci si aspetterebbe da situazioni di impellenza abitativa. Furono adottate diverse tipologie edilizie: appartamenti da due a quattro vani oltre gli ambienti accessori, compresi i servizi igienici, impianti di illuminazione elettrica e acqua corrente. Per l’epoca quel tipo di casa, dotata di tutti quei comfort, rappresentava una novità e uindi una vera e propria raffinatezza. I senzatetto abbandonarono le baracche, le caverne o i ruderi sotto i quali avevano trovato riparo e ritornarono cosí a vivere dignitosamente. Le nuove case si sovrapposero a quelle distrutte, iniziò anche la ricostruzione delle strade e si dette cosí avvio alla rinascita del Cassinate.
Le comunicazioni
Sconvolto dalla guerra, dalle bombe e dai crolli, il territorio si presentava carente sotto tutti i punti di vista, comprese le vie di comunicazione: d’inverno imperava il fango e d’estate la polvere, gli avvallamenti, le buche di granate, i viadotti franati e ponti distrutti. La carenza di vie di comunicazione rendevano i paesi isolati tra loro. Per cui tra le priorità d’intervento dell’Ericas ci fu il ripristino delle strade esistenti e la costruzione di nuove, per un totale di 105,048 km, tra strade provinciali e comunali e strade interne di città e paesi. Fu ricollegato ad esempio Coriano e Selvacava nel territorio di Ausonia, si intervenne sulla vecchia Sferracavallo che sale a Belmonte Castello, si ricostruí tutta la strada che consentiva l’accesso a Montecassino, compreso l’ampio piazzale antistante l’Abbazia. A Pontecorvo si sistemarono tutte le strade interne e quelle di allacciamentocon Aquino. In alcuni casi i tracciati furono rettificati e migliorati, come il tratto tra Castrocielo e Roccasecca o lungo il mare tra Elena e Gaeta. La maggior parte delle strade erano in collina o in montagna, per cui molti furono i disagi che si presentarono specie per i trasporti dei materiali e per l’impellenza della rapidità del lavoro.
I ponti
I ponti, che ricadono nella categoria delle opere d’arte della rete stradale, furono otto: di cui ricordiamo il Ponte San Lorenzo sul fiume Liri nella città di Sora, costituito da unica arcata, che andava ad affiancare, sullo stesso fiume, quello in località Carnello. Altri due ponti, uno denominato XX Settembre, nella stessa città di Sora e un altro piú piccolo in località Compere. Fu inoltre ricostruito il ponte Emilio sul Fibreno a Fontechiari, quello sul Gari a Cassino e quello sul torrente Rava a Pozzilli.
Le fognature
Fu la volta poi della rete idrica e fognante indispensabile per l’igiene e la salubrità dei luoghi. Molti dei comuni ne erano privi o carenti prima della guerra. Nel programma affidato all’Ericas gli acquedotti e fognature si estendevano a rete per decine di chilometri. Un lavoro complesso che andava dalla ricostruzione delle fognature di Gallinaro (frazione di S. Donato Val Comino fino al 1948), al grande acquedotto degli Aurunci. In diversi comuni si dovettero ripristinare le condotte per assicurare l’acqua potabile e il deflusso dei rifiuti dell’abitato; cosí ad Atina, a Roccasecca, a S. Ambrogio sul Garigliano, a San Donato Val Comino, a S. Giorgio a Liri dove fu costruito anche un ampio lavatoio coperto su un ramo del fiume, a S. Giovanni Incarico, dove oltre al lavatoio furono sistemati il mercato, la fontana e l’abbeveratoio pubblico; a Vallerotonda, a Castelforte, dove fu rimesso in piedi il serbatoio dell’acquedotto e a Itri dove fu coperto anche il torrente “Muro rotto”. Lavori di varia natura e di entità diverse, come appunto contemplava il programma del Ministero dei Lavori Pubblici per giustificare la concessione all’Ericas.
Il grande acquedotto
Tra le opere piú importanti realizzate nel dopo guerra nel Cassinate vi è il Consorzio Acquedotto “degli Aurunci”, costituito fin dal 1935 (il 18 giugno, con 19 comuni), con sede a Cassino, a cui fu data nuova vitalità captando un gruppo di sorgenti a 1.011 metri di altezza nei Monti Aurunci. L’Acquedotto degli Aurunci è considerato tecnicamente uno dei complessi idrici piú importanti realizzati in quegli anni in Europa e fu iniziato dall’Ericas perché compreso nel piano di lavori affidatigli dal Ministero dei Lavori Pubblici. Qualche anno piú tardi, la Cassa per il Mezzogiorno, appositamente costituita per la politica degli investimenti, ampliò e completò l’acquedotto affiancando l’iniziativa dell’Ericas. Infatti l’approvvigionamento idrico delle popolazioni meridionali divenne uno degli obiettivi principali dei poderosi investimenti del Governo, per la valorizzazione sociale ed economica del Mezzogiorno. L’acquedotto degli Aurunci aveva come obiettivo quello di portare l’acqua in un territorio che si estendeva per circa 5000 Kmq, che andava dal Parco Nazionale d’Abruzzo al mare. Il progetto era lungimirante infatti la rete idrica degli Aurunci era concepita nelle dimensioni adatte a soddisfare le esigenze future che si protraevano fino al 2000, in zone sia urbane che rurali. Si risalí su per i monti ad imbrigliare piú sorgenti allo scopo di avere acqua abbondante per le popolazioni e per i campi. Il Cassinate già fertile per i suoi tre fiumi e per il regime delle precipitazioni atmosferiche, ebbe nuovo rigoglio sia per il benessere degli uomini sia per l’economia della regione. I lavori iniziarono nel settembre 1951 e l’opera fu realizzata in soli tre anni, grazie anche all’appoggio dello Stato e della Cassa per il Mezzogiorno. L’opera ebbe un costo complessivo di 6 miliardi di lire. All’Ericas furono affidati i settori tecnicamente piú importanti: la captazione delle sorgenti di Canneto e delle Mainarde, a quota m. 1.011, Cippone, Collelungo e Verracchia; la costruzione del tronco principale che dalla sorgente Madonna di Canneto portava l’acqua al serbatoio di ripartizione sul Monte d’Oro presso Esperia, e delle diramazioni dalla condotta di allacciamento del gruppo di sorgenti a Valle Rotonda e a Roccasecca. Le popolazioni del Cassinate attendevano l’acqua da decenni. Il progetto degli ingegneri Pinchera e Notarianni risaliva infatti al 1935 e trovò concreta realizzazione solo sedici anni dopo attraverso l’iniziativa dell’Ericas e della Cassa per il Mezzogiorno. L’acquedotto degli Aurunci passa attraversa tre province: porta l’acqua cioè a 60 comuni della provincia di Frosinone, ad uno della provincia di Caserta e ad uno del provincia di Isernia. La grandiosa rete idrica risultava formata da sei rami e acquedotti distinti, ciascunocon alimentazione separata. Circa 400 chilometri di condotta furono realizzati con materiali che andavano dall’acciaio al cemento armato a seconda delle esigenze dei vari tracciati. La rete idrica prevedeva un sifone lungo 14 km sottoposto alla pressione di 60 atmosfere. Il tracciato seguiva un andamento di natura variabile che si sviluppava per la maggior parte in montagna e in collina. Da qui le difficoltà tecniche, non poche e non lievi, che resero l’opera di un valore tecnico eccezionale per quei tempi. Si stabilì che per il 1954 tutto il territorio da Cassino a Priverno, da Picinisco a Gaetadoveva disporre dell’elemento cardine della vita: l’acqua.
Le scuole
Una particolare attenzione fu data anche all’edilizia scolastica. Nel programma affidato all’Ericas vi erano 32 scuole; spesso piú d’una nella stessa località, alcune nelle frazioni, proprio nelle campagne, circondate da un giardinetto come quelle rurali di Brocco, a breve distanza da Sora. Nei tre grossi centri di Cassino, Gaeta e Formia si realizzarono tre grossi edifici per la scuola media. Quello di Gaeta fu costruito sul lungo mare, mentre il liceo-ginnasio di Formia, lungo il tratto di strada che dalla stazione ferroviaria porta a Piazza Santa Teresa. L’edificio scolastico era destinato ad ospitare gli studenti di tutto il circondario. Anche il liceo-ginnasio di Cassino, presso il palazzo comunale, appariva modernissimo, con ampie aule e palestra. Affiancavano li liceo-ginnasio altre tre sedi scolastiche ricostruite dall’Ericas: al rione Colosseo, alla frazione Caira e alla frazione Sant’Angelo in Theodice.Furono inoltre costruite due scuole ad Ausonia, due a Minturno e due a Castrocielo. Mentre a Pontecorvo ne furono innalzate tre rurali nelle frazioni Traversa, S. Esedra e Tordoni. Un’altra scuola fu costruita anche nella frazione Pastino. Inoltre ebbero il proprio asilo infantile e la propria scuola elementare i comuni di Ceprano, Cervaro, Fontechiari, Picinisco, Pico, Pignataro Interamna, Roccasecca, S. Andrea, Vallefredda (Vallemaio), S. Giovanni Incarico, Terelle, Villa Santa Lucia, Viticuso, Mignano Monte Lungo, Filignano, Settefrati. A Pontecorvo, inoltre, furono preventivati 80 milionidi lire per la costruzione dellasede dell’Istituto Tecnico-Agrario. Le case comunali Anche le case comunali, che erano state distrutte o danneggiate, ebbero la loro quota. Vennero realizzate 15 nuove case comunali grandi a seconda della categoria del comune. A Cassino fu realizzata, come previsto, una costruzione da grande città quale si avviava ad essere; in essa ebbe sede il Genio Civile e la sede comunale. Anche il Municipio di Gaeta, costruito di fronte al golfo e accanto al monumentale edificio del liceo-ginnasio, era ampio e spazioso. L’Ericas ne completò le strutture funzionali ma non trascurò però il lato artistico. Il salone consiliare di Cassino fu affrescato dai pittori Sergio Selva e Enrico Gaudenzi. Atina, invece, stabilí la sua sede comunale nello splendido Palazzo Ducale del XIV secolo. La guerra lo aveva danneggiato in parte e l’Ericas lo restaurò ripristinando l’antica armonia della sua bella facciata a torri. Nella stessa città l’Ente costruí la caserma per i carabinieri, mentre un’altra fu eretta a Pontecorvo.
Gli ospedali
I lavori venivano portati avanti seguendo il principio della varietà e della simultaneità. Nessuno dei comuni della zona della battaglia rimase in attesa speranzosa mentre negli altri si erigevano fabbricati o si sistemavano strade. I luoghi della battaglia rinascevano giorno per giorno, la vita continuava gradatamente a prendere il sopravvento sulla distruzione. L’esperimento Ericas era stato felice: aveva risposto in pieno all’aspettativa ed alla fiducia degli organi governativi dimostrandosi un’impresa pilota. Tra le opere sanitarie e sociali del piano Ericas merita un posto preminente il grande ospedale civile di Cassino, il piú grande delle quattro province. Nella stessa città furono ricostruiti anche il monastero delle Suore Benedettine e l’orfanotrofio di Santa Maria delle Grazie. A Vico e a Settefrati furono invece ripristinati e completati gli ospedali, mentre a Roccasecca venne ricostruito l’ospizio per i vecchi.
I servizi pubblici
Poi fu la volta degli edifici pubblici. Il mattatoio comunale di Sora, impianto unico nel suo genere, era formato da un folto gruppo di fabbricati ad un piano solo distribuiti intorno a vasti piazzali. La struttura fu progettata in modo razionale, aveva per quel periodo attrezzature igieniche e funzionali modernissime. Un altro mattatoio fu costruito anche a Gaeta. Si aveva però bisogno di nuovi cimiteri, anche perché i vecchi, oltre a non avere piú capienza, erano gravemente danneggiati. Quindi l’Ericas ricostruí i cimiteri di Sant’Ambrogio sul Garigliano, di Castelforte e di Pastena. Nella ricostruzione generale non potevano certo mancare gli impianti sportivi: ne furonoinfatti costruiti due.
Edifici di culto
L’Ericas ricostruí anche 19 chiese, molte delle quali ex novo, a cominciare dalla Chiesa di S. Scolastica, annessa al convento della Casa Madre delle Suore Benedettine e quella di S. Pietro in Castro nella stessa Cassino e inoltre quella di Spigno Saturnia.
Pubblica illuminazione
Non poteva completarsi l’opera di ricostruzione senza mettere mano anche agli impianti di illuminazione pubblica. L’operato dell’Ericas quindi non fu solo di attività edilizia e stradale. In quattordici comuni l’Ericas ricostruí gli impianti di pubblica illuminazione, anche dove non ve n’erano prima della guerra. Tutta la ricostruzione era fondamentalmente basata non sulle esigenze dell’epoca ma in funzione dell’avvenire. Tutto era sovradimensionato rispetto alla popolazione del tempo. Un criterio saggio e certamente economico. Le opere non erano fini a se stesse, ma parte efficiente di un insieme armonico che doveva generare una economia piú vantaggiosa, a beneficio primieramente dei lavoratori locali. Il Governo aveva il compito di dare le premesse e gettare le basi, ai privati invece il compito e la responsabilità delle iniziative. Non mancarono infatti, ad esempio a Cassino, le industrie. Entrò a pieno regime uno stabilimento per l’imbottigliamento della birra, uno stabilimento per la fabbricazione delle ceramiche, secondo criteri moderni, uno stabilimento per la lavorazione del legno, una fabbrica di mobili. Nacque una fabbrica di lampade fluorescenti a catodo freddo e similari; una fabbrica di materiale plastico di alta resistenza, un maglificio, uno stabilimento farmaceutico, una fabbrica di cuscinetti a sfere; un cotonificio. Sotto l’egida dello Stato l’industria nel Cassinate dette lavoro alla sovrabbondante mano d’opera della zona. Altre industrie sorsero anche a Pontecorvo, a San Giorgio a Liri, a Formia e ad Atina, dove esisteva già una apprezzata tradizione artigiana. Nel quadro di queste attività si inserí anche uno stabilimento per l’industria del pesce e cioè la Centrale ittica di Gaeta, che in quell’epoca, non aveva eguali nel Mezzogiorno d’Italia.
La centrale ittica di Gaeta
Gaeta, che traeva dalle soste degli equipaggi un piccolo commercio, si tramutò – grazie alla costruzione della litoranea Terracina-Serapo, ad opera della Cassa per il Mezzogiorno – in un centro a forte attrazione turistica. L’industria Peschereccia era però ancora allo stato rudimentale sebbene il golfo diFormia, da Mondragone a Monte Orlando, rifornisse il mercato della capitale. Mancava infatti uno stabilimento per la lavorazione del pesce. La costruzione della Centrale ittica si prefiggeva di colmare queste lacune. Essa rappresenterà una delle principali risorse per l’industre popolazione di Elena, il rione dei lavoratori del mare. Proprio di fronte all’abitato tra Porto Salvo e Arzago, sulla strada costiera, sorse la centrale su un’area di 20 mila mq. La realizzazione dell’opera fu affidata proprio all’Ericas. Uno stabilimento curato secondo i moderni canoni dell’epoca. Il costo preventivato fu di 450.260.000 lire. Con la Centrale Ittica si contava di dare lavoro a circa 150 unità tra uomini e donne. Come già per gli acquedotti e le scuole, anche la centrale ittica fu progettata con una visione piú ampia rispetto alle esigenze dell’epoca, le cui cifre si aggiravano sui 12 mila quintali di pescato, ad opera di ottanta imbarcazioni delle quali venti motopescherecci. La popolazione dedita alla pesca era agli inizi degli anni ’50 formata da 850 famiglie. La centrale aveva il compito di eliminare le dispersioni, assicurare un efficiente servizio per la manutenzione degli scafi e delle attrezzature di bordo, e garantire una stabile e automatizzata catena per la conservazione e l’inoltro dei pesci ai mercati di consumo e per le trasformazioni industriali. La fabbrica era composta, già dal progetto iniziale, da due lunghi corpi che si dovevano allineare, per un centinaio di metri, agli ormeggi del nuovo peschereccio di Punta Mulino. Il collegamento tra loro era garantito da un passaggio coperto. Nel primo fabbricato andava la parte piú specificatamente industriale. Qui si poteva effettuare la lavorazione di 40 quintali di pesce e garantire la salatura di altri 20. L’imballaggio veniva calcolato su 800 cassette al giorno. La ghiacciaia aveva una capacità di 1.000 quintali, mentre la potenza dell’impianto frigorifero era di 200 mila frigorie ora. Le lavorazioni complementari comprendevano 125 quintali di ghiaccio al giorno, fabbrica di scatole in banda stagnata e fabbrica di reti. Lo scalo di alaggio poteva accogliere tre battelli affiancati; dietro e ai lati vi erano le officine e piú a lato nel secondo fabbricato gli uffici di gestione, lo spogliatoio, la mensa, i servizi igienici e la cabina elettrica. Le opere compiute e i risultati di cui si è parlato rappresentano l’incontestabile certezza che l’Ericas ha rappresentato un volano per l’avvenire economico della regione. L’Ericas può compiacersi a buon diritto di aver partecipato alla brillante riuscita. Il programma di lavoro previsto per il 1949 fu espletato quasi completamente. Alla data dell’8 maggio del 1953 erano stati eseguiti lavori pari a 8.485.541.979 lire ed erano in corso di approvazione altri progetti per 1.489.752.000 lire.
Infatti il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici aveva in esame progetti per altre due scuole, altre quattro strade con relativi ponti, altri sei acquedotti e fognature, altri quattro impianti di illuminazione, un nuovo ospedale e altri due edifici di culto. Come accade spesso, però, tra la progettazione e l’esecuzione dei lavori vi fu uno slittamento dei prezzi dei materiali e della mano d’opera che comportò un aumento dei costi e rese quindi insufficienti i dieci miliardi, previsti all’inizio, per completare tutte le opere. Nel mese di settembre del 1952 si svolse a Cassino un Convegno sulla Ricostruzione a cui parteciparono i sindaci dei 57 comuni della “Battaglia di Cassino”. Questi, facendosi interpreti delle aspettative delle popolazioni del Cassinate, sostennero che l’Ericas non doveva cessare la sua funzione all’esaurimento dei 10 miliardi di lire programmati, ma auspicarono che fosse messo in condizione di continuare la sua Opera, che non era solo di ricostruzione, ma anche di redenzione1.
RIEPILOGO DELLE OPERE
Strade………………………………………………………………………………..km 105,048
Ponti…………………………………………………………………………………………………8
Fognature urbane………………………………………………………………….km 17,517
Acquedotti …………………………………………………………………………………….123
Impianti di illuminazione ………………………………………………………………….19
Edifici per senzatetto………………………………………………………………………..81
Sedi comunali ………………………………………………………………………………….15
Caserme Carabinieri …………………………………………………………………………..1
Carceri ……………………………………………………………………………………………..1
Centrali ittiche …………………………………………………………………………………..1
Scuole …………………………………………………………………………………………….32
Edifici di culto…………………………………………………………………………………19
Ospedali e ospizi ……………………………………………………………………………….8
Mattatoi pubblici ……………………………………………………………………………….2
Serbatoi idrici ……………………………………………………………………………………1
Lavatoi……………………………………………………………………………………………..2
Campi sportivi …………………………………………………………………………………..2
Opere varie ……………………………………………………………………………………….3
Proponiamo, in chiusura, una lettera sulla ricostruzione degli anni ’50 dell’allora sindaco di Cassino Pier Carlo Restagno, che, oltre a descrivere con toccanti parole lo smarrimento e lo scenario devastante in cui versava il territorio del Cassinate, “immolatosi per la Nazione”, contiene in nuce la voglia di riscatto di un popolo che ha saputo, fiero della propria identità, ricostruire con sacrificio e abnegazione il proprio territorio facendolo rivivere all’insegna della pace2.
Il 15 marzo 1944, su Cassino e sulla intera regione, la guerra rovesciò la sua piú implacabile furia devastatrice e di città storiche, di monumenti insigni, di laboriosi opifici, di ponti, di strade, di fertili campi, di lussureggianti vegetazioni fece inerti, tragici e spettrali grovigli. Il dolore sembrò fermare la vita; lo smarrimento che seguí al dolore parve rendere impossibile qualunque rinascita. Eppure, tappa a tappa, pietra a pietra, zolla a zolla, sudore a sudore, con una serie inenarrabile di sacrifici che sono tra le piú belle e palpitanti pagine nella recente storia del combattentismo civile del mondo, la forte gente del Cassinate riprese il suo cammino e oggi una prima imponente realtà concreta di opere, di traffici, di organizzazioni, di lavori, la realtà di un mondo ricomposto e riordinato nelle sue strutture fondamentali, circonda i nostri occhi e riempie i nostri cuori di commozione. “La vita risorge!”. Ecco l’insegna e la bandiera di queste popolazioni contro tutti gli impedimenti e le difficoltà. E come sui tronchi bruciacchiati dalla mitraglia sono rispuntati i germogli, cosí nei cuori è rigermogliata la speranza e la fede nella vita, è rigermogliata nei ricomposti focolari, nelle rinnovate officine, nei cantieri che, attraverso mille iniziative e provvidenze di Governo e di Popolo, in una gara e in un dibattito di programmi pubblici e privati, si sono moltiplicati, concludendo quel che piú urgentemente era da fare e concludere. Ma la ricostruzione non è finita e il contemplare il panorama di ciò che è stato fatto in queste regioni nel primo decennio non significa vano compiacimento di cose concluse e finite, ma incoraggiamento e sprone a continuare nelle opere intraprese, affinché la ricostruzione sia un permanente e vitale stato d’animo, un continuo perfezionamento, un compito che ogni giorno si rinnova nei problemi che evolvono, un impegno che non potrà mai estinguersi come non si estingue la vita che, nel dinamismo delle sue esigenze e del suo fecondo lievitare, chiede agli uomini di ogni categoria e ai rappresentanti di ogni bandiera politica, di non fermarsi. Se i premi nella vita sono sempre in rapporto alla entità dei dolori e dei sacrifici sofferti, il Cassinate non puó non avere il suo premio. È legge di equilibrio spirituale che diventa legge di equilibrio umano, economico e sociale. L’intera Nazione deve questo riconoscimento a queste popolazioni piú colpite: la battaglia di Cassino non fu soltanto grande tragedia locale, fu battaglia di vita di tutta l’Italia e la localizzazione di una guerra, nella esasperazione di un fronte che si conficcò con le unghie nei fianchi nella mistica montagna benedettina, risparmiò il piú funesto dilagare della guerra su tutte le regioni della Penisola e Cassino e il Cassinate pagarono per tutti: con lutti, ferite, sangue ed improvvisa totale povertà. Ma da Cassino si aprirono le porte al cammino della pace.
Pier Carlo Restagno
Sindaco di Cassino
1 Le notizie sono tratte da “La Rinascita del Cassinate” a cura dell’E.Ri.Cas. Firenze, 1953.
2 Ringrazio l’amico Alberto Mangiante che mi ha gentilmente messo a disposizione lo stampato che contiene la lettera.
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