Studi Cassinati, anno 2006, n. 3
di Maurizio Zambardi
Dopo 62 anni, quasi un’intera vita, torna sui luoghi che lo hanno visto giovane soldato. Il suo nome è Dan Geelan e ha combattuto in Italia al seguito degli Alleati, faceva parte della 36ª Divisione statunitense “Texas”. La figlia Deborah e la nipote Sara, ci dicono, grazie alla traduzione degli amici Lorenzo Picillo e Mimmo Scognamiglio, che durante questo lungo lasso di tempo non ha mai voluto parlare della guerra. Il motivo? Diceva di non ricordare. Era come se una forza interna avesse di proposito rimosso quelle tragiche vicende. Poi, da due anni a questa parte, ha iniziato a raccontare. Ogni giorno i ricordi si sono sovrapposti ad altri ricordi fino al punto che ha deciso di tornare sul luogo della battaglia dove fu preso prigioniero. Ed è stato proprio qui che, grazie anche al nostro aiuto, ha potuto ricucire e riorganizzare una serie di ricordi frammentari. È riuscito, ad esempio, a ricostruire il tragitto compiuto a bordo di camion telati per arrivare alla Linea Gustav. Si è quindi ricordato di essere passato per San Pietro Infine appena dopo la distruzione. Dopo la visita di rito alla sede dell’Associazione Culturale “Ad Flexum”, iniziamo la visita alle rovine del paese vecchio. Dan percorre in silenzio le stradine in pietra che serpeggiano tra i ruderi del vecchio centro di San Pietro Infine, raso al suolo nel dicembre del ’43. Lo affianca nella salita la sua dolce compagna: la moglie Marylin. I due hanno un modo di muoversi, una gestualità che li fa somigliare reciprocamente. Apprendiamo poi che tra le mille cose che hanno in comune c’è la data del compleanno, il 10 novembre, ma con due anni in meno per Marylin. Una circostanza a cui tengono molto. Poi Dan, stimolato dalle nostre domande, inizia il suo racconto, e noi affascinati lo ascoltiamo e ricostruiamo mentalmente la sua odissea.
Nel 1943 Dan Geelan aveva 20 anni, aveva combattuto in Nord Africa, poi fu imbarcato su una nave per l’Italia. Fece scalo a Napoli e da qui partí su camion per il fronte di Cassino. Era addetto al trasporto delle munizioni, un compito piuttosto pericoloso, perché si trovava sempre in prima linea. La cosa che piú gli dispiaceva era la difficoltà ad approfondire le amicizie con i propri compagni d’armi, perché veniva spostato di continuo. Poi la sua cattura. Il 22 gennaio del 1944 Dan fu preso prigioniero dai tedeschi a Sant’Angelo in Theodice. Aveva, insieme ad altri suoi compagni, appena attraversato il fiume Gari, quando furono bloccati da un intenso fuoco di sbarramento. Dovevano necessariamente tornare indietro ma si trovarono in trappola poiché le barche con le quali avevano attraversato erano state affondate dalle mitragliatrici tedesche.
I prigionieri furono in un primo momento portati in un casolare di campagna, recintato con filo spinato, nei pressi di Sant’Angelo, dove furono sistemati in via provvisoria, poi, man mano che i prigionieri raggiungevano un certo numero venivano trasferiti verso l’Italia del Nord, prima a piedi poi con i camion. Dopo un giorno di viaggio venivano ammassati in vagoni di tradotte ferroviarie, che solitamente erano utilizzati per trasporto bestiame. Questi vagoni, chiusi da tutti i lati, erano piú piccoli di quelli attuali. Il treno era composto da 12-15 vagoni e ogni vagone, che avrebbe potuto contenere un numero massimo di quaranta persone, ne conteneva molti di piú ed inoltre avevano la compagnia di sette cavalli. Dall’Italia del Nord fino al campo di concentramento “Stalag 4B”. Si trattava però di un campo per i prigionieri inglesi, e allora, dopo una settimana, venne spostato al campo “Stalag 2B” ad Hammerstine (Germania), dove erano rinchiusi i prigionieri americani.
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