Convegno a Caprile Le vicende del 1799 nell’alta Terra di Lavoro

 

Studi Cassinati, anno 2006, n. 1

di  Monica Esposito

Lo scorso 25 febbraio, a Caprile di Roccasecca, presso la chiesa parrocchiale di Santa Maria delle Grazie, si è tenuto un convegno dal titolo “Le vicende del 1799 nell’alta Terra di Lavoro”. Organizzata dall’associazione culturale “Le Tre Torri” che festeggia quest’anno il decennale della sua nascita, la manifestazione è stata patrocinata dall’assessorato alla cultura del comune di Roccasecca. Il convegno che si è sviluppato in tre distinte relazioni, ha voluto analizzare gli accadimenti connessi alla nascita e al dissolvimento della Repubblica Napoletana nel corso del 1799, considerando, in particolar modo, le vicissitudini della popolazione del Lazio meridionale che, in quel frangente, ebbe a subire patimenti inenarrabili da parte dei soldati giacobini che, scappando dal Napoletano incalzati dalle masse della Santa Fede del Cardinale Ruffo, si dirigevano verso Roma e il nord d’Italia. Un punto di vista diverso, dunque, da quello solitamente privilegiato dalla cosiddetta storiografia ufficiale, poco conosciuto e, soprattutto, poco indagato. Dopo i saluti di rito da parte dell’assessore municipale alla cultura del comune di Roccasecca, Riccardo Riccardi, sono iniziati i lavori veri e propri, introdotti e coordinati da Paolo Ricci, vice Presidente dell’associazione culturale “Le Tre Torri”. La prima relazione è stata svolta da Luigi Alonzi dell’Università degli Studi di Salerno, che si è soffermato su “La rivoluzione al confine tra le repubbliche romana e napoletana”. Egli ha mirabilmente tracciato il quadro degli eventi storici che precedettero quella primavera del 1799 così drammatica per i paesi dell’alta Terra di Lavoro. Nella sua ricostruzione, esaustiva e dettagliata, il prof. Alonzi ha posto, in più occasioni, l’accento su una circostanza di estrema importanza che non sempre viene adeguatamente considerata: nel comprensorio del Lazio meridionale gli effetti della Repubblica Napoletana, semmai vi furono, non si avvertirono affatto, al di là di qualche sporadico accadimento folcloristico (si veda l’erezione, in alcuni centri, dei famosi alberi della libertà) che restarono privi di concretezza. Fu questo un periodo di grave disordine e di anarchia: se i Francesi, infatti, con l’occupazione militare, avevano destituito le autorità amministrative borboniche, d’altro canto gli organi della neonata Repubblica, che si dibattevano in un mare magnum di difficoltà, non erano riusciti a sostituirle con propri funzionari che, spesso e volentieri, esistevano solamente sulla carta. E così si lasciò campo libero all’insorgenza popolare, alle masse antifrancesi che, profittando della esigua presenza di contingenti militari in loco, riuscirono ad accaparrarsi, un po’ dappertutto, il controllo della situazione. Vennero così alla ribalta personaggi variegati e truculenti (Gaetano Mammone, il feroce “molinaro” sorano, il “ferraro” Pietro Guglielmi ad Arce, Angelo Ricci detto “Moliterno” a San Germano, solo per restare ai nomi più noti) le cui azioni, spesso e volentieri, pur trovando giustificazione nella lotta ai giacobini, sconfinarono nella delinquenza comune, aliena da qualsivoglia palpito ideologico. La seconda relazione, invece, è stata affidata a Fernando Riccardi, Presidente dell’associazione culturale “Le Tre Torri”. Nel suo dettagliato excursus, egli si è soffermato, con dovizia di particolari, su “Le stragi giacobine nella valle del Liri”. Un crescendo drammatico di violenze e di omicidi che nei mesi di aprile e maggio 1799, hanno sconvolto la vita di gran parte dei paesi dell’alta Terra di Lavoro che si trovarono, loro malgrado, ad essere investiti dal cieco furore dei soldati d’oltralpe. Ad iniziare da San Germano (l’o-dierna Cassino) e dal suo millenario monastero sulla vetta del monte, devastato, saccheggiato e dato, infine, alle fiamme il giorno 11 maggio. E, poi, proseguendo attraverso Piedimonte, Villa, Aquino, Roccasecca, Arce, Fontana, fino a giungere a Isola del Liri: qui, il 12 maggio, i soldati del generale Watrin si resero responsabili di una sanguinosa mattanza. 533 furono le persone trucidate; di esse 350 furono ammazzate all’interno della chiesa di San Lorenzo mentre assistevano alla Santa Messa. La ricostruzione del Riccardi si è conclusa con l’episodio di Porrino dove la soldataglia transalpina provocò 10 vittime inermi e con il noto evento di Casamari dove sei monaci furono finiti a sciabolate dagli empi e ubriachi giacobini all’interno di quella abbazia. Il relatore, nella sua esposizione, ha sottolineato, a più riprese, l’importanza della consultazione dei documenti originali e delle fonti, le soli che consentono di tracciare un quadro degli accadimenti il più veritiero possibile: in primo luogo i “libri mortuorum” delle chiese che conservano notizie di prima mano e, in gran parte, inedite.
Il convegno si è concluso con l’intervento di Eugenio Maria Beranger, storico dell’alta Terra di Lavoro, che si è soffermato sull’eccidio di San Lorenzo a Isola del Liri, intervento riportato in gran parte in questo stesso numero di Studi Cassinati.
Per l’occasione è stato distribuito ai presenti un “Bollettino di storia locale” edito dal Laboratorio di Educazione Ambientale (Lea) di Isola del Liri, dedicato appunto agli eventi del 1799 e realizzato da Fernando Riccardi. Un appassionato dibattito fra gli intervenuti, equamente suddivisi tra i sostenitori delle ragioni dei giacobini e chi, per contro, le avversava decisamente, ha sancito la conclusione dei lavori.

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