Studi Cassinati, anno 2005, n. 4
di Giovanni Petrucci
Il 21 luglio 2005 in Sant’Elia Fiumerapido si è svolta una interessante cerimonia per la chiusura dei festeggiamenti del Millenario della morte di S. Nilo, che diresse il Monastero di Valleluce per circa quattordici anni, dal 980 al 994. La manifestazione, curata dal Comune e dal Comitato dei Festeggiamenti presieduto da Sabatino Di Cicco, è stata patrocinata dalla Regione Lazio, dalla Provincia, dall’A.P.T. di Frosinone e dalla XV Comunità Montana “Valle del Liri”.
Nella mattinata a Valleluce, in piazza S. Nilo, c’è stata l’inaugurazione di una mostra fotografica con interessanti documenti storici e l’annullo filatelico, con un disegno dello studioso, Gino Alonzi, a cura delle Poste Italiane; successivamente sono partite escursioni per visitare i ruderi dell’acquedotto romano, i vicoli del centro storico, i resti dei fortini tedeschi su monte Cifalco e gli avanzi, in verità assai limitati, del romitorio di S. Bartolomeo.
Nel primo pomeriggio, durante una riunione straordinaria del Consiglio Comunale, si sono uniti in gemellaggio con S. Elia i Comuni di Grottaferrata, in provincia di Roma, Rossano e Bisignano in provincia di Cosenza, Bracigliano, Rofrano e S. Mauro la Bruca, in provincia di Salerno, Oria, in provincia di Brindisi, rappresentati dai rispettivi Sindaci.
Alle ore 18,30 sempre in piazza S. Nilo di Valleluce si è svolta una solenne cerimonia religiosa officiata da S. E. Bernardo D’Onorio, Vescovo e Abate di Montecassino, da Padre Emiliano Fabbricatore, Archimandrita di Grottaferrata, da Monsignor Francesco Milito, Vicario Episcopale di Rossano e da Monsignor Igino Bonanotte, parroco di Valleluce. La cerimonia è terminata con una processione per le vie del paese con la Statua e la reliquia del Santo, accompagnata dalla Banda Musicale Guelfo Sarappa di Portella.
Il Sindaco, dott. Fabio Violi, ha rivolto a nome dell’Amministrazione Comunale e dei cittadini di S. Elia Fiumerapido “un cordiale e caloroso benvenuto a tutti coloro che con la loro presenza hanno voluto onorare la manifestazione organizzata per celebrare la conclusione del pellegrinaggio terreno di S. Nilo, avvenuta il 26 settembre 1004; in particolare al Vescovo di Montecassino, al Vicario episcopale di Rossano, all’Archimandrita di Grtottaferrata, ai delegati dei Comuni gemellati, all’assessore provinciale Di Ruscio, al Presidente della Comunità Montana”.
Quindi ha rivolto il saluto ufficiale don Igino Bonanotte: “Sono lieto di porgere a nome di questa Comunità e mio personale il benvenuto e il più cordiale saluto a tutti voi.
Ci riunisce questa sera, qui a Valleluce, un avvenimento che sa di storia e di religiosità insieme: il millenario della morte di S. Nilo, avvenuta a Grottaferrata nel 1004.
Sulla ribalta della storia – scrivono i vescovi alle Comunità Ecclesiali della Calabria nel millennio della morte di S. Nilo – si affacciano sempre uomini e donne singolari che, nonostante il volger dei decenni e dei secoli sopravvivono nelle loro opere e in particolare nel loro insegnamento. Sono soprattutto i Santi”.
Tra questi un posto di rilievo occupa S. Nilo, del quale così ha detto il Santo Padre nell’omelia tenuta nello stadio di Cosenza nell’ottobre 1984, in occasione della sua visita pastorale: ‘La storia religiosa della Calabria ricorda figure di uomini santi, che hanno arricchito con la loro spiritualità non solo le Chiese locali, ma tutta la Chiesa di Cristo: ricordiamo S. Nilo e S. Bartolomeo, che sono le figure rappresentative del monachesimo cenobitico italo-greco’.
Noi, Comunità di Valleluce, siamo orgogliosi ed onorati di aver avuto nella nostra terra questi due Santi e soprattutto S. Nilo per quattordici anni (980-994) dove ha lasciato evidenti tracce della sua santità e della sua azione.
Ha avuto ottimi rapporti quando era qui anche con la Comunità Monastica di Montecassino, che ha visto due volte e che venne accolto insieme con i suoi monaci in maniera solenne ‘quasi fosse o il grande Antonio venuto da Alessandria, o meglio, il grande Benedetto, il grande loro legislatore e maestro’, scrive l’abate Aligerno. E in onore di S. Benedetto compose inni bellissimi.
Sono trascorsi mille anni dalla morte di S. Nilo. Ricordarlo ancora, venerarlo come compatrono significa riconoscere con gratitudine la continuità di fede e di santità della nostra Comunità attraverso i secoli. Noi ci sentiamo figli di S. Nilo.
Sono, infine, veramente contento che la Parrocchia, l’Amministrazione Comunale, il Comitato dei Festeggiamenti, lavorando in piena sinergia, abbiano così bene organizzato questa cerimonia che ricorda il millenario della morte di S. Nilo”.
Sollecitati dalle domande del giornalista, dott. Carlo Di Cicco, si sono dilungati a parlare il Vicario Episcopale Mons. d. Francesco Milito e l’Archimandrita di Grottaferrata, Padre Emiliano Fabbricatore. Ci piace riportare uno stralcio dell’intervento di quest’ultimo, che riguarda un argomento di estrema attualità: la divisione nella Chiesa:
“S. Nilo ha fondato il monastero di Grottaferrata nel 1004. Egli è vissuto dal 909/10 al 1004, e perciò prima della separazione tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa. La divisione è avvenuta cinquanta anni dopo la fondazione del suo Monastero; infatti si dice nella sua Vita che egli partì da Sèrperi e venne a Grottaferrata, vicino Roma, per cercare la possibilità di riunire tutti i suoi fratelli dispersi, in piena unione con la Sede romana.
Qualche studioso ha interpretato questa decisione quasi come una previsione, da parte del nostro Santo, della successiva divisione avvenuta dopo la sua morte, nel 1054, ad opera di Umberto da Silva Candida e di Michele Cerulario: quindi Grottaferrata sarebbe stato un luogo che esprime l’unità dei Cristiani e non lo spirito di scisma.
L’anno scorso, il 1° luglio, sono stato in Vaticano, insieme con alcuni confratelli, ospite del Patriarca di Costantinopoli, e questi ha affermato che Grottaferrata è l’unico centro che puó e deve fare ecumenismo; ed in effetti il nostro monastero, da quando fu fondato da S. Nilo e da quando avvenne lo scisma, ha sempre operato al servizio della riconciliazione.
La nostra chiesa fu consacrata il 17 dicembre 1024, dopo che per vent’anni s. Bartolomeo ne aveva diretto la costruzione. In essa il grande mosaico dell’arco trionfale, databile intorno all’anno 1200, rappresenta la Pentecoste: gli apostoli seggono a destra e a sinistra del trono vuoto sul quale siederà il Cristo giudice; alla destra del Signore, e perciò a sinistra di chi guarda, siede Pietro, simbolo della Chiesa di Roma, mentre a sinistra, cioè a destra di chi guarda, siede Andrea, simbolo della Chiesa di Costantinopoli.
S. Nilo ha lasciato a noi questo retaggio: l’impegno per l’unità delle Chiese. E noi non abbiamo contrasti né con i Latini né con i Greci. Ancora oggi siamo quelli che eravamo, sempre protesi verso l’unità.
Noi siamo rimasti sempre, fin dall’inizio e da prima dello scisma, in comunione con la Chiesa di Roma: non siamo perciò uniati, termine dispregiativo usato polemicamente dagli Ortodossi per indicare i fedeli di quelle Chiese che, tra la fine del XVI e la metà del XVIII secolo, si sono staccate dall’Ortodossia e sono ritornate all’unione con Roma, che era stata realizzata nel concilio di Firenze (1439), poi progressivamente rifiutato dalla parte ortodossa. Tali Chiese sono correttamente indicate come Chiese cattoliche di rito bizantino oppure, con terminologia più antica, come Chiese greco-cattoliche.
Tre anni fa, dal 21 al 26 settembre, propugnammo i nostri principi in un convegno tenutosi a Grottaferrata con le Chiese (ortodossa e cattolica) di Romania; l’anno scorso abbiamo ripetuto il convegno con la Chiesa di Grecia; quest’anno lo faremo con le Chiese ortodosse di Finlandia e di Estonia. L’impegno è gravoso, ma sappiamo che tutto ciò è il prezioso mandato lasciatoci da s. Nilo.
Questo Santo è il Patrono di Grottaferrata, una cittadina di appena 18.000 abitanti: noi monaci siamo poco numerosi e non possiamo pretendere di ottenere da soli grandi cose. Comunque, anche il nostro motto è Ora et labora e noi ci adoperiamo e ci adopereremo perché il sogno di s. Nilo e di uomini come Paolo VI ed Atenagora, entrambi di santa memoria, si realizzi.”
Ha concluso l’incontro S. E. l’Abate di Montecassino, d. Bernardo D’Onorio:
“Siamo lieti di aver portato nella frazione di Valleluce, lungo le strade, vicino alle case, quasi in mezzo alle famiglie, l’insigne reliquia di S. Nilo: il che ha voluto significare la sua viva presenza ancora oggi tra i fedeli.
Salutiamo il Santo, perché egli ha contribuito al progresso religioso di questa terra e ciò spiega tanto concorso di popolo.
Saluto il Sindaco, dott. Fabio Violi, l’Assessore Antonio Trelle, il Comitato dei festeggiamenti, i rappresentanti dei Comuni gemellati, il Signor Colonnello; il padre Archimandrita Emiliano Fabbricatore il Vicario Episcopale di Rossano, Monsignor Francesco Milito e tutti i presenti.
È bene considerare questo: chi non ricorda le sue radici, non ha legame con il futuro. La manifestazione di oggi serve a noi per rendere il dovuto omaggio al grande Santo che qui operò, ma serve soprattutto ai giovani.
Ringrazio poi di vero cuore, per la sua amabilità e per la fraterinità il padre Archimandrita, che è venuto da noi portandoci, sia pur per poco tempo, la preziosa reliquia di S. Nilo; abbiamo gradito in maniera particolare questo pensiero anche perché S. Nilo è vissuto qui per quindici anni, invece a Grottaferrata per uno solo circa; perciò egli è piuttosto nostro.
A voi Valleluciani ricordo che la vera devozione alla Madonna e ai Santi si sostanzia non solo con le candele e le preghiere, ma soprattutto con l’imitazione. Mi è molto caro ricordare che S. Nilo compose un inno, un’officiatura, per S. Benedetto, e che venne su a Montecassino con un seguito di sessanta monaci, dei veri cristiani, perché tali erano e sono i monaci. ‘Il monaco –egli diceva – è un angelo e la sua opera è misericordia, pace e concordia con tutti’. Come i santi Angeli offrono incessantemente a Dio un sacrificio di lode, così ogni buon cristiano deve usare misericordia verso i propri fratelli; inoltre deve avere una grande fede e speranza in Dio, e poi una una sentita carità verso il prossimo. Ecco, a chiusura del millenario nilano, ripeto ciò che ho appena detto: la devozione a S. Nilo puó e deve essere un programma di vita non solo per i monaci ma per tutti in genere; e concludo recitando la vostra preghiera: ‘O glorioso San Nilo, che per 15 anni veniste a stabilire la sede del vostro monastero in questa terra di Valleluce, raccogliendo sotto la protezione della Madre di Dio i vostri figli, deh, o Padre nostro, assisteteci dal Cielo, perché noi possiamo fedelmente camminare sul vostro esempio, servendo ciascuno nel proprio stato il Signore e Dio nostro. Proteggete questa vostra terra e i suoi abitanti, in modo che tutti sperimentiamo quanto sia grande il vostro patrocinio per il bene spirituale e materiale del popolo che si vanta di avervi come compatrono’”.
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