Studi Cassinati, anno 2005, n. 4
di Assunta Pelliccio*
Questa ricerca, condotta presso il laboratorio DART della Facoltà di Ingegneria di Cassino ed il cui motore principale è stata l’arch. Assunta Pelliccio, riveste una grande importanza per la città di Cassino poiché ha consentito il ritrovamento di numerosi documenti ed elaborati grafici totalmente inediti che ci hanno permesso di chiarire in modo più approfondito rispetto a coloro che non avevano avuto la fortuna di esaminarli, la storia della città prima della distruzione. Il materiale raccolto è il risultato di un lavoro di gruppo in cui importanti contributi sono forniti dallo studente Omar Salotto, collaboratore part-time del Laboratorio e attualmente titolare di un contratto di ricerca, e dall’ing. Miriam Volante, nostra prima laureata che con la tesi “Metodologia di analisi urbana finalizzata al recupero e alla gestione del patrimonio edilizio” ha conseguito importanti risultati con le ricerche archivistiche condotte sulla storia di Cassino prima e dopo la guerra. È bene ricordare, inoltre, che questo lavoro è parte di un articolo più ampio a nome di A. Pelliccio e M. Cigola recentemente pubblicato sulla rivista internazionale “Disegnare, idee immagini”, il cui direttore responsabile è il prof. Mario Docci, direttore del Dipartimento RADAAR dell’Università La Sapienza di Roma.
Michela Cigola
Responsabile DART, Università di Cassino
L’interesse per l’edilizia sovvenzionata di Cassino nasce da molteplici motivi e primo tra tutti la percezione che si avverte, percorrendo le strade cittadine, che la nascita e lo sviluppo urbano della città si possano racchiudere in due categorie, espressione nel tempo del dualismo laico-religioso che ne ha sempre fortemente condizionato la storia: l’abbazia di Montecassino, a cui si deve l’origine stessa della città, e gli interventi di edilizia sovvenzionata, che ne hanno segnato tratti salienti dello sviluppo prima e dopo la guerra. Se tanto è stato detto sull’Abbazia e l’influenza che ha avuto nell’urbanesimo della Terra di S. Benedetto, ancora non si è approfondito a pieno il ruolo dell’edilizia sovvenzionata pubblica.
È indubbio che Cassino possa definirsi una città negata, ovvero una città che, per mano dell’uomo o per eventi naturali, ha perso ogni caratterizzazione fisica, storica e documentale; come anche è indubbio che nella sua ricostruzione-nuova edificazione siano andate perdute le regole e le strutturazioni spaziali che nei secoli l’hanno connotata.
Da queste considerazioni nasce l’interesse ulteriore di ricercare, in un tessuto urbano così costituito, qualche riflesso dell’antica conformazione spaziale attraverso la designazione di una linea di lettura che trova il punto focale in progetti appartenenti a un passato relativamente recente. Importanti riflessioni in questo senso possono essere fatte sull’edilizia residenziale pubblica del XX secolo che ha spesso assunto un ruolo determinante nella crescita di molti organismi urbani e di Cassino in modo particolare.
Questi interventi di edilizia sovvenzionata sono stati individuati come elementi di comune denominazione per ritracciare le regole di alcuni momenti della storia di un tessuto urbano consolidato e caratterizzato fino a quando gli eventi bellici del secondo conflitto mondiale non cancellano ogni segno del suo passato. Attraverso l’analisi di queste architetture sarà possibile recuperare se non un intero percorso cronologico di sviluppo, perlomeno alcuni dei momenti significativi.
Da una ricerca condotta presso gli archivi di pertinenza territoriale sono emersi alcuni inediti disegni di progetto di edilizia sovvenzionata nel periodo precedente la distruzione della città.
Le “case popolari” del 1911
L’edilizia residenziale pubblica1 nasce nel nostro paese con la Legge Luttazzi del 1903, da una situazione basata sulla comparsa di nuovi soggetti sociali ed economici, originariamente per la cura del meno abbiente piuttosto che per carenza di abitazioni a basso prezzo.
Questi disegni ci fanno conoscere un intervento di edilizia popolare, nato sulla scia della nuova legislazione italiana, da realizzare in un’area individuata come nuovo centro catalizzatore di Cassino, probabilmente nell’ambito del progetto voluto dal sindaco Caio Fuzio Pinchera per modernizzare la città nei primi anni del Novecento. L’intervento riguarda le uniche aree non edificate di proprietà comunale in corrispondenza proprio degli assi di sviluppo identificati dai pianificatori del tempo. Questo importante documento d’archivio chiarisce, quindi, alcune dinamiche urbanistiche della città proprio agli inizi del secolo scorso; nonostante a Cassino non fosse ancora vigente un piano regolatore, il documento detta alcune linee guida di sviluppo urbano che saranno riprese nel 1916 nella redazione ufficiale del piano. In particolare si denota l’intento di sviluppare la città verso la stazione ferroviaria2, collegata al centro cittadino tramite tre assi principali che costituiscono ancora oggi l’ossatura del tessuto urbano della città; trattandosi di aree comunali il documento testimonia anche l’interesse della pubblica amministrazione a essere parte attiva della politica sociale di inizio secolo, che trovava la sua applicazione proprio negli interventi di edilizia popolare.
I documenti consistono in un gruppo di elaborati che descrivono il progetto di un complesso di edifici, comprendente una planimetria in scala 1:1.000 nella quale coesistono stato di fatto ed edifici di progetto, denominata Corografia dal redattore, e i prospetti e le planimetrie di tre degli edifici progettati. Il carattere ufficiale della planimetria, evidente fase finale di un iter progettuale complesso, è certificato dalla presenza sul lato sinistro di una marca da bollo, annullata da un timbro che data inequivocabilmente la carta al 27 marzo 1911, oltre che dalla firma dell’ingegnere comunale, che vi compare non in veste di redattore della carta ma probabilmente come responsabile dell’ufficio competente. Gli edifici di progetto sono rappresentati in rosso, mentre gli edifici laici e religiosi che all’epoca del progetto già esistevano sulla piazza del Mercato, ed accanto ai quali si sarebbe inserito il nuovo complesso residenziale, sono disegnati in nero per meglio evidenziare la differenza con il nuovo.
L’intervento prevede ben 15 lotti edificabili di dimensione che vanno dai 25 x 20 metri ai 55 x 20 metri, di cui non è chiara però la destinazione d’uso a eccezione del decimo e undicesimo lotto che sono documentati dai disegni sopra descritti; questi infatti erano destinati ad accogliere tre edifici a impianto planimetrico quadrangolare.
I tre edifici, organizzati su tre livelli, pur avendo identica intelaiatura simmetrica in pianta e in alzato si presentano con motivi formali diversi, quasi per volontà di diversificazione dello sviluppo del prospetto complessivo, che risente di un forte classicismo. Il prospetto dell’edificio centrale è più ricco di dettagli formali: interamente bugnato, presenta elementi classicistici come le colonne che, singole al piano terra e binate ai piani superiori, si concludono ai tre livelli con capitelli dei tre ordini architettonici (dorico, ionico, e corinzio) collegati da modanature; oppure le cornici e i timpani che sovrastano le aperture del piano nobile e di quello superiore.
I due edifici laterali hanno un aspetto più massiccio connotato dai piani basamentali bugnati in cui si alternano pieni e vuoti: i dettagli architettonici sembrano scemare nei piani superiori ma nel progetto vi sono comunque una serie di motivi formali – quali fasce, tagli molto netti, spigoli bugnati e archi – che gli conferiscono un certo classicismo.
Dall’analisi degli edifici sembra emergere la volontà del progettista di dare forma a tre realtà architettoniche diverse probabilmente in relazione alle differenti categorie di assegnatari degli alloggi. L’imponenza dell’edificio centrale va riducendosi nei due laterali i cui elementi aulici sono ridotti a semplici cornici che sovrastano le aperture: in un edificio le colonne diventano paraste singole prive di capitelli mentre l’altro ne è privo.
Anche la matrice morfologica della pianta dei tre edifici assume connotazioni differenti tra l’edificio centrale, dove la scalinata d’accesso segna l’asse di simmetria, e i due laterali in cui le doppie scalinate speculari definiscono in modo fittizio un asse di simmetria.
Senza entrare nel merito della rilevanza/irrilevanza dell’architettura progettata, è bene ricordare che per una città che ha perduto completamente la sua memoria storica, questi documenti di archivio assumono un ruolo fortemente degno di nota: se gli eventi bellici del secondo conflitto mondiale hanno distrutto ab imis la città, interrompendo l’idea di continuità posta alla base della storiografia per cui il passato e il futuro formano un consecutivo sviluppo di eventi, essi rappresentano la continuità storica da sempre ricercata dalla comunità cassinate.
Le “casette asismiche” del 1915
Il progetto di questi interventi di edilizia sovvenzionata di inizio secolo non è mai stato reso esecutivo, probabilmente perché la pubblica amministrazione dell’epoca fu chiamata a risolvere nuovi e urgenti problemi legati alle conseguenze di fenomeni naturali: principalmente il terremoto del 13 gennaio del 1915, con epicentro ad Avezzano, che arrecò molti danni a un tessuto urbano per la maggior parte di origine medioevale come quello di Cassino. Questo evento è per gli amministratori locali la sollecitazione necessaria per dare il via a una svolta urbanistica basata su una riqualificazione della città in senso più borghese: strade più ampie e la creazione di quartieri destinati all’edilizia residenziale pubblica. La serie di provvedimenti legislativi, emanati per far fronte alle necessità emerse nei comuni colpiti dal sisma, da un lato individuano la possibilità di redigere il Piano regolatore generale3, dall’altro consentono la costruzione di un numero sufficiente di alloggi per i senzatetto con finanziamenti dello Stato; l’evento diviene quindi uno strumento di accelerazione urbanistica i cui esisti producono effetti sostanziali sul territorio.
Lo strumento urbanistico, redatto nel 19164, ha dunque non solo l’obiettivo dichiarato di risanare e riqualificare il nucleo antico, ormai diventato angusto e insalubre, tramite la demolizione degli edifici più fatiscenti e pericolanti e la conseguente apertura di strade più ampie, ma soprattutto quello di creare un nuovo polo cittadino5, del tutto laico, da affiancare a quello religioso che da secoli costituiva, con la Chiesa Madre e il Palazzo Abbaziale, il cuore della città.
Il nuovo segmento urbano si sarebbe sviluppato dunque nell’area d’influenza del Comune, del Teatro Manzoni e del Liceo Ginnasio e lungo gli assi di collegamento con la stazione ferroviaria, in un’area più pianeggiante e salubre, attraverso una rete ortogonale di strade. Dopo l’accelerazione iniziale si ha un inevitabile rallentamento nelle procedure esecutive del piano: il subentrare di crisi politiche, le difficoltà finanziarie, le vicende della prima guerra mondiale e in particolare la necessità di ricostruire per i senzatetto un numero sufficiente di alloggi, ritardano di almeno dieci anni i lavori di attuazione.
A seguito di un Regio Decreto del 29 aprile 1915 con cui si rendono obbligatorie “le riparazioni, le ricostruzioni e nuove costruzioni degli edifici pubblici e privati” per i comuni colpiti dal terremoto, si possono ottenere finanziamenti per la costruzione di case asismiche, così definite per le caratteristiche tecniche progettuali, dopo aver individuato il numero di alloggi necessari e averne determinato l’ubicazione rispondente alle caratteristiche dettate dalle norme tecniche e igieniche contenute nello stesso decreto. Così, nel 1917 inizia a Cassino l’edificazione delle “casette asismiche”, che verranno ubicate lungo i nuovi assi di sviluppo, in particolare la via Sferracavalli; in quest’area di ampliamento urbano, nella zona del Carmine, vengono realizzati i primi lotti di cui sono stati ritrovati inediti elaborati grafici con allegata relazione tecnica.
Uno dei “quartini” di questo stesso edificio è oggetto nel 1921 di una vendita e alla pratica vengono allegati alcuni disegni, il primo dei quali, in scala 1:500, è una planimetria complessiva con l’indicazione delle località raggiungibili con la strada su cui gli edifici prospettano (strada provinciale Sferracavalli); si tratta di un disegno che, se pur schematico e a fil di ferro, è eseguito accuratamente a riga e squadra, non dimenticando la rappresentazione dei particolari (si veda la puntuale indicazione di un “fontanino”), che sembra in contrasto con la schematicità della rappresentazione, datata Sora 24 agosto 1921 e siglata dell’Ingegnere dirigente dell’Ufficio. Nello stesso fascicolo si trova un secondo elaborato, evidente copia della pianta del progetto sopra descritta, ma che di quella non ha la cura e la dovizia di particolari, limitandosi solamente a a evidenziare la parte oggetto della vendita.
Interessante la rigorosa rispondenza delle caratteristiche costruttive di questi alloggi, la cui descrizione è contenuta nella relazione tecnica allegata agli elaborati grafici, alle norme del decreto, che recitano: “Le case si presentano a due livelli fuori terra, […] i nuovi edifici devono essere costruiti a non più di due piani dei quali quello terreno deve avere il pavimento a livello del suolo oppure sopraelevato a non più di un metro e mezzo nei terreni in piano […] (art.2); la struttura portante è in muratura listata, consolidata alla sommità dei muri da telai in cemento armato legati da travi verticali anch’esse in cemento armato; […] gli edifici devono essere costruiti con muratura armata o con muratura animata o con sistemi tali da comprendere un’ossatura in ferro, o di muratura armata […] (art.8)”.
Da questa comparazione emerge un aspetto degno di attenzione: queste residenze, nate da un’urgenza ma destinate a diventare definitive e quindi a entrare a pieno titolo nel tessuto urbano, contengono in nuce quell’atteggiamento funzionalista con il quale saranno progettati i futuri interventi di edilizia residenziale, pubblica e privata; ci piace pensare che possano essere una prima, quasi inconsapevole espressione del nuovo stile in cui l’architettura nasce da un processo svincolato da qualsiasi istituzionalizzazione storica e simbolica e in cui il processo compositivo subisce un’inversione di tendenza: dalla materia scaturisce la forma. Il pilastro, la trave, il piano, la bucatura combinati insieme generano forme elementari primarie, la cui genesi viene certamente favorita dalla necessità di contenere costi e tempi di realizzazione; questi alloggi privi di qualsiasi formalismo o dettaglio decorativo, dunque, nella loro lineare organizzazione in pianta e in alzato, sembrano scaturire proprio dalla combinazione di strutture semplici e regolari che generano ambienti dalle stesse caratteristiche: quasi una sperimentazione di quella che di lì a poco sarà una nuova architettura. Ogni traccia di questa breve ma vivace e attiva parentesi architettonico-urbanistica, che caratterizza, negli anni antecedenti la seconda guerra mondiale, una città di dimensioni contenute come Cassino, si è persa a causa degli eventi successivi la progettazione e realizzazione degli interventi: il ricordo si ravviva grazie all’analisi e allo studio degli elaborati rinvenuti solo recentemente.
* DART, Laboratorio di Documentazione, Analisi, Rilievo dell’Architettura e del Territorio, Università di Cassino.
1 La Legge 865 del 1971, nota come «legge di riforma della casa», unisce sotto l’espressione di edilizia residenziale pubblica sia l’edilizia sovvenzionata, ovvero quella realizzata tramite gli Istituti Autonomi Case Popolari (IACP) a totale carico dello Stato, che l’edilizia convenzionata-agevolata, in cui lo Stato contribuisce al pagamento di una parte degli interessi del mutuo stipulato.
2 La nuova ferrovia è stata realizzata nella seconda metà del XIX secolo alla fine dell’attuale viale Dante o di via Nuova della Stazione o Rettifilo, come indicato nella vecchia toponomastica.
3 Il Regio Decreto 29 aprile 1915, n. 582, all’articolo 7 imponeva ai comuni colpiti dal sisma con popolazione superiore alle 5.000 unità la redazione del Piano regolatore.
4 Il Piano regolatore fu approvato dagli organi competenti l’8 dicembre del 1918 ma i lavori iniziarono solo nel 1927.
5 La centralità del polo religioso all’interno del centro urbano è testimonianza del forte connubio, tuttora vivo e forte, della città con l’Abbazia benedettina
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