Studi Cassinati, anno 2004, n. 1/2
di Giovanni Picano
L’epigrafe di Casalucense si riferisce all’acquedotto romano di Cassino o non ha nulla a che fare con esso?
Tutti coloro che si sono occupati dell’epigrafe incisa sul roccione che sta a nord del santuario di Casalucense ritengono che essa si riferisca all’acquedotto di Cassino.
Infatti il Ponari scrive: «Leggendosi … nella storia di Cassino … che un acquedotto … non rimane dubbio che quella iscrizione riguarda l’acquedotto di Cassino».
Il Lanni riferisce che nel 1865 l’abate De Vera fece scavare nei pressi della Chiesa di Casalucense un pozzo e «in quest’occasione cavandosi delle pietre poco piú su della Chiesa, vi fu scoperta, incisa sulla roccia, l’iscrizione commemorativa del condotto che portava l’acqua a Cassino».
Anche il Carettoni ritiene che l’epigrafe di Casalucense si riferisca all’acquedotto di Cassino, scrivendo egli nel suo volumetto su “Casinum”: «Un’iscrizione incisa sulla roccia a Casaluce, circa 100 m. al di sotto della condottura, ci apprende in nitidi caratteri il nome del suo costruttore».
Il Vizzaccaro è dello stesso parere, come si è visto innanzi, allorché, parlando del Procilio Zotico della detta lapide, scrive che costui dedicò ai geni locali «l’acquedotto che portava le acque in Cassino».
Lo scrivente invece, senza alcuna pretesa di essere un archeologo, si permette di ritenere essere di parere contrario, per le seguenti ragioni. Il Ponari, nelle sue ricerche storiche, immediatamente prima della frase innanzi riportata con la quale afferma che sicuramente l’epigrafe riguarda l’acquedotto di Cassino, scrisse che l’iscrizione «che osservasi incisa in un masso della roccia in mezzo al bosco, veduta la prima volta non sono ancora due anni, per essere stati rimossi alcuni ingombri che la tenevano occulta, ci rivela che un certo Magoniano per Precilio Zotico fece chiudere in condotto l’acqua di quel bosco».
L’esponente ritiene perciò che il Ponari, oltre a tradurre esattamente l’epigrafe, (a differenza di quanto aveva fatto il sacerdote Iannelli, nella versione riportata dal Lanni1) è nel giusto anche quando afferma che per (opera) di Precilio Zotico fu chiusa nel condotto l’acqua «di quel bosco», cioè del bosco che sta a nord della sorgente di Casalucense.Ma affermare ciò significa che l’iscrizione in oggetto non riguarda affatto l’acquedotto di Cassino, e se il Ponari cadde in tale contraddizione ciò è solo dovuto al fatto che non ebbe esatta conoscenza dei luoghi, giacché l’acquedotto che portava l’acqua a Cassino, pur passando non lungi dall’epigrafe in parola, trovasi ad una quota di un centinaio di metri piú alta e non poteva perciò convogliare l’acqua di «quel bosco», ma condottava quella della località Campo 1° della frazione di Valleluce, la cui abbondante sorgente trovasi piú in alto e a circa 3 Km. di distanza.
Era perciò da ritenere che altra sorgente dovesse trovarsi nel bosco di Casalucense e che a questa dovesse riferirsi l’iscrizione ivi esistente. Se l’iscrizione si fosse riferita all’acquedotto di Cassino perché sarebbe stata incisa sopra una roccia notevolmente distante e tanto piú in basso del luogo attraversato dall’acquedotto, ove (essendo il terreno tutto di natura rocciosa) non mancavano massi di pietra calcarea su cui potere incidere iscrizioni? Si opinò da qualcuno che in quei pressi passasse una diramazione dell’acquedotto, a cui poteva far pensare l’aggettivo “principale” della traduzione fatta dal sac. Iannelli. In tal caso non si sarebbe incisa l’iscrizione nel luogo in cui aveva inizio la diramazione perché quasi inaccessibile e lontano da strade, mentre il roccione che porta l’iscrizione sta in prossimità di una via mulattiera. Ma non sarebbe stato in tal caso piú logico inciderla ancora piú a valle, cioè nel luogo di arrivo della diramazione, probabilmente in prossimità della villa che doveva trovarsi non lontano dall’attuale Santuario della Madonna delle Indulgenze? Ma vi sono altri casi di dediche fatte alle Ninfe per acqua condottata e tanto lontano dalle sorgenti?
Il Carettoni è del parere che le Ninfe alle quali è dedicata l’epigrafe siano quelle dei boschi.
All’esponente sembra invece piú logico che, trattandosi di acqua, le Ninfe dell’iscrizione dovessero essere quelle dell’elemento liquido. Quindi non ninfe dei monti (Oreadi) o dei boschi e degli alberi (Driadi e Amadriadi), né infine quelle dei prati e delle valli (Napee), ma Ninfe dell’acqua. E poiché nella zona non vi sono né laghi né mare, non poteva trattarsi nemmeno di Limpiadi o Oceanine o Nereidi e che perciò, per esclusione, le Ninfe dell’epigrafe non potevano essere che le “Naiadi azzurre”: ninfe dei corsi d’acqua e delle sorgenti. Ma non essendovi in quella località alcun fiume o corso d’acqua di una certa importanza, bisognava che vi fosse almeno una qualche sorgente, sembrando all’esponente assai poco probabile, come già detto, che la dedica si riferisce ad un’acqua condottata.
Tali considerazioni dovevano rafforzare l’ipotesi che l’iscrizione incisa sul roccione a Nord di Casalucense non avesse nulla a che vedere con l’acquedotto romano di Cassino che, con la sua presenza poco lontano dall’epigrafe, indusse in errore coloro che si occuparono di tale argomento ed in special modo il sac. Iannelli, col fargli tradurre in “principale” la parola “patrem” ritenendo che la condotta a cui si riferiva l’iscrizione fosse una diramazione per Casalucense dell’acquedotto principale che adduceva l’acqua a Cassino.
L’ecc.mo Abate di Montecassino, dopo assicurazioni avute da persona competente, nel ricercare la sorgente, fece scavare alcuni anni or sono l’arido terreno sito ai piedi del roccione su cui è incisa la ripetuta iscrizione e a non grande profondità fu rinvenuta una sorgente di piccola portata ma di acqua perenne, unitamente ai resti di un antico piccolo acquedotto in muratura. Poco dopo tale acqua fu condottata fino al Santuario di Casalucense (di proprietà dell’Abbazia di Montecassino) e alla casa di abitazione del proprietario del fondo sul quale essa è stata rinvenuta, casa che sta in prossimità del detto santuario. E una fontanina fu messa sul largario antistante al convento, assai utile per i viandanti, per il fatto che in quella località non vi sono altre sorgenti oltre a quelle, di notevole portata, denominate “Salaùca” e “Capodacqua” che stanno però alla distanza di circa un chilometro dalla Chiesa di Casalucense, e ad un livello di oltre 100 m. piú in basso.
Col rinvenimento della sorgente ai piedi dell’epigrafe e dei ruderi del relativo antico acquedotto, sembra all’esponente che non si possa e non si debba piú mettere in dubbio che l’iscrizione di Casalucense non abbia nulla a che vedere con il non lontano acquedotto di Cassino e che essa si riferisca invece all’acquedotto locale che certamente convogliava l’acqua non molto lontano dalla sorgente.
* da Giovanni Picano, L’acquedotto romano di Cassino. Antichità romane in S. Elia Fiumerapido, Pontone, Cassino 1995, pag. 65 sgg.
1 Marco Lanni, Sant’Elia sul Rapido. Monografia, Napoli, 1873, ediz. anastatica 1994, p. 104, n. 1.
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