Studi Cassinati, anno 2003, n. 3
La petizione inoltrata dal Presidente CDSC al Presidente della Repubblica, al Ministro per i Beni culturali, alla Soprintendenza Archeologica per il Lazio, alla Soprintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Lazio ed altri organi dello Stato in data 29 maggio 2002 – si veda STUDI CASSINATI a. II, n. 2 (giugno 2002) –, è stata oggetto di interrogazione parlamentare a risposta scritta, da parte dell’On. Andrea Colasio, della Margherita, collegio Veneto 1, rivolta al Ministro per i Beni e le Attività Culturali in data 11 giugno 2002. Fino ad ora non si ha notizia di risposta alcuna da parte del Ministro, ma la pratica risulta rubricata come “in corso”.
Nel riportare qui integralmente il testo dell’interrogazione (che ripete più o meno fedelmente quello della ricordata nostra petizione) rivolgiamo un appello ai nostri amministratori politici, comunali, provinciali, regionali e ai nostri parlamentari, affinché diano seguito all’iniziativa dell’on. Colasio. È possibile che debbano essere sempre parlamentari estranei ai nostri collegi elettorali ad interessarsi delle nostre cose? Si veda per ultima la proposta di legge per l’istituzione della provincia del basso Lazio presentata dall’onorevole Alfonso Pecoraro Scanio, deputato della Campania, il 9 luglio 2003.
CAMERA DEI DEPUTATI
Allegato B
Seduta n. 156 dell’11/6/2002
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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI
Interrogazione a risposta scritta:
COLASIO. – Al Ministro per i beni e le attività culturali. – Per sapere – premesso che:
già il Centro Documentazione e Studi Cassinati ha esposto al Ministro il problema dei beni archeologici sottratti alla
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città di Cassino che già nell’ultimo conflitto mondiale aveva perso l’intero suo patrimonio di case, palazzi e beni di ogni genere compresi beni artistici, culturali, ed architettonici; sono rimasti nell’area archeologica di Cassino molti resti dell’età del ferro, le mura sannitiche dell’acropoli inglobate nel Monastero di S. Benedetto, altri resti importanti dell’anfiteatro, del teatro, del ninfeo romani; il teatro romano è stato di recente restaurato consentendo stagioni teatrali di livello nazionale e inoltre rimangono ben visibili significative strutture murarie della famosa villa di Marco Terenzio Marrone; invece rimane insoluto il problema di quei beni archeologici cassinati sparsi in vari Musei italiani ed europei; per quanto attiene gli «espropri» in musei italiani, il Museo Pignorini di Roma e quello nazionale di Napoli conservano rispettivamente i reperti dell’età del ferro di Montecassino e la statua, denominata «l’eroe di Cassino» di ispirazione lisippea, rinvenuta negli scavi del Teatro Romano di Cassino nel 1936 e più volte rivendicata da Associazioni Culturali locali e dallo stesso Comune di Cassino senza alcun risultato; i motivi addotti per non restituire l’eroe di Cassino trasferito a Napoli nel 1936, erano quelli di assicurarne la custodia visto che nell’area di provenienza questo non era possibile: ciò non è più vero da quando è avvenuta la ristrutturazione dell’area archeologica di Cassino con relativi sistemi di sicurezza; ritenendo del tutto fondate le ragioni del Centro documentazione e studi cassinati -: se non sia opportuno attivarsi:
a) perché vengano rimpinguati i fondi, ormai esauriti, che occorrono per ultimare il restauro della Rocca Janula, baluardo difensivo della Città e del Monastero, risalente al decimo secolo, e restituirla alla piena fruizione della Comunità locale; perché si restituisca al Museo Archeologico Nazionale di Cassino la collezione di reperti archeologici dell’età del ferro ora nel Museo Pigorini di Roma e perciò avulsi dal proprio contesto territoriale;
b) perché si restituisca al Museo di Cassino la statua denominata «l’Eroe di Cassino» conservata nel museo archeologico di Napoli sostituendola eventualmente con un calco in gesso; se non ritenga culturalmente più valida e significativa l’operazione di conservare in loco, cioè nel proprio territorio, laddove ciò sia possibile, i beni che sono espressione della civiltà di un popolo, di una regione, di uno specifico territorio e non accentrare viceversa opere d’arte in Musei e Collezioni togliendole dal contesto originario e attuando in questo modo una forma inaccettabile e fuorviante di «globalizzazione» culturale poco attenta alle specificità e alle complessità identitarie dei nostri territori.
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