L’Archivio Storico Comunale di Cassino

 

Studi Cassinati, anno 2001, n. 3

di Emilio Pistilli

Cassino ha finalmente il suo archivio storico comunale. C’è voluto oltre mezzo secolo perché si provvedesse a recuperare e riordinare l’ingente materiale archivistico lasciato marcire nei seminterrati del Liceo classico ed in altri fabbricati soggetti ad alluvioni e regno indisturbato di roditori. Non sono bastate le norme ordinarie dello Stato che impongono la conservazione e la custodia degli atti e dei registri comunali a provvedere alla loro salvaguardia; a nulla sono serviti i miei frequenti appelli agli amministratori comunali che si sono succeduti negli ultimi decenni perché provvedessero al recupero di quel prezioso materiale; il commento è stato sempre: a cosa servono quelle cartacce!
Fortunatamente ci ha pensato la Regione Lazio, che, con una delibera di luglio 1999 – in attuazione della Legge regionale 42/97 che regolamenta i beni e i servizi comunali –, diede il via all’operazione per la costituzione di un Archivio Storico del Comune di Cassino. Il gravoso compito toccò alla dott.ssa Maria Renata Gargiulo, archivista e bibliotecaria che da anni collabora con la Regione Lazio alla catalogazione dei fondi librari antichi e all’ordinamento e inventariazione degli archivi storici comunali; la dottoressa Nora Santarelli ha seguito il lavoro per conto della Sovrintendenza Archivistica per il Lazio.
La prima delicata operazione è consistita nel trasferimento di tutto il materiale cartaceo, in pessimo stato di conservazione, dagli scantinati dove erano ammucchiati (sic!) al quinto piano del nuovo edificio comunale. Una volta lì si è proceduto alla separazione degli atti dell’archivio corrente (gli ultimi 40 anni) dall’archivio storico vero e proprio, che si ferma al 1960.
È inutile soffermarsi sulle difficoltà incontrate dalla dottoressa Gargiulo nel marasma indistinto di certificati, schede, registri, cartelle, gazzette, ecc., molti dei quali si sbriciolavano in mano.
A fine anno 2000 il miracolo era compiuto: il Comune di Cassino aveva il suo Archivio Storico consistente in 4.071 unità, comprendenti 699 faldoni, 1.961 fascicoli e 2.110 tra ruoli e registri. A confutare gli scettici sull’utilità di tale lavoro si è scoperto che tra le “cartacce” vi era una notevole quantità di registri di stato civile del secolo XIX, che, grazie allo zelo di qualche dipendente comunale del dopoguerra, erano stati estratti dalle macerie del vecchio Comune. Importante è anche il fondo relativo all’anteguerra, di cui neppure si sospettava l’esistenza.
Grazie a questi ritrovamenti è stato necessario catalogare il tutto in due grandi sezioni: l’Archivio del Regno (dal 1860 al primo giugno 1946; in inventario siglati RGN) e Archivio della Repubblica (fino al 1960; sigla REP).
L’egregio Lavoro della dott.ssa Gargiulo ha dunque restituito alla Città un patrimonio di cui si ignorava addirittura l’esistenza. Quanta storia esce da quelle scolorite carte! Ce ne dà un’idea la selezione documentaria inserita nel volume dell’inventario: un carteggio, ancora palpitante di emozioni e di angosciose situazioni, tra i primi amministratori del dopoguerra (i primi furono Arcangelo Pinchera e dopo di lui Attilio Varlese, nominati dagli Alleati) e le autorità prefettizie e statali. Vengono così fuori i drammatici problemi del ritorno degli sfollati alle macerie delle loro case, la necessità di dare loro un riparo, l’epidemia della malaria perniciosa – che, a detta dell’Ufficiale Sanitario Nicola Giangrande, tra il 1944 e “45 colpì il 99 % della popolazione –, le vittime degli ordigni inesplosi, l’impossibilità di dare adeguata sepoltura alle 500 salme (così scrive il sindaco Di Biasio, con una comprensibile esagerazione) estratte dalle rovine di Montecassino, l’assegnazione di alloggi in baracche prefabbricate e, successivamente, in case per senza tetto o popolari, i primi piani di ricostruzione.
È tutto un mondo che riemerge da quelle “cartacce”: un mondo di stenti, sacrifici, privazioni, mortificazioni di cui la Città Martire doveva assolutamente riappropriarsi.
Al termine del suo lavoro la dott.ssa Gargiulo ha compilato un corposo inventario di 283 pagine, strumento indispensabile per la consultazione dell’archivio.
“L’archivio, dice la dott. Gargiulo, deve essere concepito non più come un luogo cupo ed austero, regno di roditori e polvere, la cui consultazione è riservata a pochi specialisti del settore, ma un bene culturale di notevole importanza per la crescita della coscienza civile delle popolazioni. Tra i potenziali utenti dell’archivio, a parte il mondo della ricerca e della scuola, vi sono i genealogisti, i cronisti locali, gli anziani che intendono approfondire i loro ricordi, i professionisti del settore edilizio ed urbanistico, gli studiosi della lingua. In particolare, per la scuola, l’archivio comunale può divenire uno strumento di qualificazione del sistema scolastico locale e dell’offerta educativa nel suo complesso consentendo agli allievi un approccio diretto alle fonti”.
Senonché cominciano ad affacciarsi le prime perplessità sulla reale fruizione di quel patrimonio. Il volume dell’inventario, ad esempio, pare non si trovi più negli uffici comunali (così mi è stato detto), dove con certezza è stata depositata una copia; ma anche ritrovandolo si ha difficoltà a farsi aprire il locale dell’archivio per mancanza di personale addetto. Se tanto mi dà tanto è lecito temere che tutto quel lavoro resti fine a se stesso, dunque di nessuna utilità per i possibili fruitori. Va aggiunto che un Archivio Storico non è un oggetto da museo che resta tale e immutato nel tempo; deve invece “vivere”, alimentandosi di sempre nuove acquisizioni e deve essere unito con “cordone ombelicale” all’archivio corrente, che ha necessità di anno in anno di scaricarsi di fascicoli non più utili all’attività amministrativa. E che dire della necessità di salvaguardare le carte in stato precario di conservazione? È urgente riprodurle in fotocopie o in microfilm. Se non si nomina un archivista chi si farà carico di tali cose? C’è il rischio che tutto quel materiale finisca per essere realmente “cartaccia”.
I fondi alla Regione Lazio ci sono: basta saperli chiedere; e questa strada pare voglia percorrere la Dott. Iris Volante, Assessore alla cultura e responsabile dell’archivio storico: buon lavoro, allora.


Prima della sistemazione



Dopo la sistemazione



La sala lettura



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