Studi Cassinati, anno 2001, n. 3
di A. Mangiante – S. Saragosa
A metà circa della strada che da Cassino conduce a Caira, a partire dalla contrada Monterotondo, sul lato sinistro della stessa, cioè verso ovest, inizia una zona che conserva ancora oggi testimonianze archeologiche di diverse epoche che andrebbero visitate, conosciute e valorizzate.
Alcuni siti in cui è possibile ammirare e studiare resti di opere medioevali e dell’epoca romana sono raggiungibili in auto, mentre altri sono protetti da una fitta vegetazione e da accessi non più facilmente praticabili.
Sarebbe necessario aprire nuovi sentieri agevoli da inserire in interessanti itinerari turistici che permetterebbero, tra l’altro, di ammirare scorci di un ambiente naturale ancora suggestivo, selvaggio e incontaminato.
Sarebbe auspicabile che tutta l’area rientrasse nei confini di un parco naturale, in modo da proteggere e conservare sia le bellezze paesaggistiche che quelle archeologiche in esso presenti.
Alle spalle del Deposito di Artiglieria, in contrada Monterotondo, nel torrente del Dente che, scendendo dalla località Pozzo Alvito, in occasione di piogge torrenziali riversa le sue tumultuose acque in un ramo laterale del fiume Rapido, in località “Uare r’ gliarche”, si possono ancora ammirare e studiare i resti di un arco sul quale passava il condotto dell’acquedotto romano che da Valleluce portava l’acqua all’antica Casinum.
Il luogo è così denominato in quanto il termine”uaro”, in dialetto significa passaggio. L’arco infatti permetteva di portarsi da una sponda all’altra del torrente, sia per raccogliere legna che per portare animali al pascolo, ancora per diversi anni dopo l’ultimo conflitto mondiale.
Questo acquedotto fu costruito per volere dell’imperatore Claudio e i lavori si protrassero dal 43 al 52 d.c., con un impiego giornaliero di circa 5000 operai. Un’opera grandiosa, lunga 22 chilometri, che durante il percorso incontrò più di 20 tra torrenti e profondi fossi da superare e che impegnò severamente i tecnici dell’epoca. Il condotto che portava l’acqua alla Casinum dell’epoca, con le sue splendide ville, con il Teatro, con l’Anfiteatro e gli altri luoghi pubblici che la rendevano una importante e bella città dell’impero, era alto in media 70 cm e largo circa 45 e, dove era possibile, scorreva nascosto alla vista di eventuali nemici e in profondità per conservare l’acqua fresca e pulita anche in estate.
Vi sono due viottoli di accesso, ma solo sapendosi ben districare tra spine e rovi è possibile scendere nel fondo del torrente. Vale la pena, però, graffiarsi un po’ e rimediare qualche scivolone, perché lo spettacolo che si offre agli occhi del fortunato visitatore è interessantissimo. Alla base della sponda sinistra del torrente sono ancora intatti gli enormi massi lavorati che costituivano una delle basi che sorreggevano l’arco e sull’altra si notano i resti dell’arco che si attaccava saldamente all’altra parete scoscesa. Un’opera ardita, possente e perfetta, realizzata in un posto ancora oggi selvaggio, dirupato e impervio. Ci si sente davvero piccoli nell’ammirare dal basso la maestosità di quei resti e sembra davvero impossibile che sia stata realizzata quasi 2000 anni fa.
Il lento ma inevitabile trascorrere dei millenni e l’azione costante e demolitrice degli eventi atmosferici, però, stanno minando seriamente questi resti. Le radici di ogni tipo di vegetazione sono penetrate profondamente nelle fessure allargandole sempre più e sono visibili piccole frane con evidenti cenni di cedimento : é urgente intervenire per salvaguardare questo importantissimo reperto e invitiamo gli enti e le strutture responsabili a prendere gli opportuni provvedimenti.
Nella frazione Caira sono presenti anche altri resti dell’acquedotto romano nel torrente che scorre a valle della contrada La Marra, dove è possibile studiare un breve tratto del condotto, e sul colle della Cereca, dove è venuto alla luce un nuovo tratto durante i lavori di allargamento di un antico tratturo.
Alla contrada Monacato, poche centinaia di metri a destra del Dente resiste, ancora miracolosamente in piedi, una antica costruzione che dovrebbe risalire al sedicesimo secolo, se non a prima. La sua struttura richiama alla mente le antiche Rocche e all’interno restano ancora intatte pregevoli e erte scale in pietra, volte, camini e forni. Nei secoli XVI e XVII la località era denominata Farignola e aveva una propria chiesa: era uno dei vari Casali che sorgevano intorno a Montecassino. In un documento conservato nell’Archivio di stato di Caserta e che risale al 21-1-1668 è scritto che questo Casale, in tempi precedenti, era andato distrutto (non si specificano le cause) e che in seguito i suoi abitanti furono uniti a quelli del Casale di Cairo e alla chiesa di S.Basilio.
Altrettanto antica e importante è la possente costruzione esistente alla contrada Imperatore, alle pendici del Monte Cairo, che richiama alla mente nelle mura di base quelle enormi di Montecassino. Anche le feritoie richiamano l’idea di una fortezza e anche se su una delle entrate è scolpita la data di costruzione del 1721, è pensabile che essa si riferisca solo ad un successivo rifacimento. Alcuni caratteristici mattoni e altri particolari fanno pensare infatti che la sua origine, almeno per le sue fondazioni, risalga al periodo romano. Anche per questa costruzione sarebbe necessario, quindi, uno studio approfondito.
Da non dimenticare, infine, nella zona oggetto di questa segnalazione, la necessità di ripristinare un accesso alla cripta della chiesa di S.Basilio di Caira, nella quale sono ancora esistenti le sepolture dei vari economi curati succedutisi alla sua guida in seguito al Concilio di Trento e di diversi abitanti del paese che in essa furono sepolti, secondo le leggi e le usanze dei tempi passati.
L’acquedotto romano da Valleluce a Cassino- S. Di Cicco
Fonte:G. Panimolle- Gli acquedotti di Roma Antica-Plinius: Naturalis Historia-15-24-36
Archivio di Stato di Caserta- Intendenza borbonica- Affari comunali S. Germano-B.2542
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