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Studi Cassinati, anno 2016, n. 3
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Un passaggio epocale che disconosce un millennio e mezzo di storia cassinese
di Emilio Pistilli
La nuova configurazione territoriale della diocesi di Sora, Cassino, Aquino e Pontecorvo è ormai da considerare una realtà acquisita, nonostante i malumori dei Cassinati per un verso (la perdita della sede diocesana di Montecassino) e dei Sorani per altro verso (il timore che la loro storica sede venga trasferita a Cassino).
Ritengo utile, tuttavia, ripercorrere con i nostri lettori la storia della diocesi cassinese – almeno nei suoi inizi –, che ha radici lontane, all’inizio del medioevo, e che si ufficializzò nel sec. VIII, come vedremo.
La consistenza territoriale della entità ecclesiastica cassinese fu soggetta a varie modifiche nel corso dei secoli, quasi sempre con cospicui aumenti, salvo l’ultimo secolo appena scorso, quando subì tagli importanti. Bisogna giungere ai giorni nostri per assistere alla “decapitazione” della sede diocesana di Montecassino.
Occorre segnalare che Montecassino è rimasta comunque abbazia territoriale, ma limitatamente alle immediate pertinenze del monastero: dunque è esclusa dalla competenza territoriale e spirituale della nuova diocesi.
Mi astengo dall’esprimere giudizi sulla clamorosa decisione della Santa Sede: non ne ho il titolo né l’interesse. Mi limito a riproporre un breve studio liberamente tratto dal mio libro I confini della Terra di S. Benedetto dalla donazione di Gisulfo al sec. XI – Studio storico topografico, Cdsc-Onlus 2006.
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ACQUISIZIONI TERRITORIALI FINO AL SEC. XI
La Terra di S. Benedetto si è soliti farla risalire alla donazione del duca longobardo Gisulfo II avvenuta nel 744.
Il centro propulsore ed amministrativo della nuova entità territoriale fu dapprima il monastero di Montecassino, poi, a partire dal sec. XI/XII, la sottostante città di S. Germano, l’odierna Cassino con la sua Curia Major.
Al tempo del duca Gisulfo quasi nessuno dei centri abitati della Terra di San Benedetto era ancora sorto; e infatti nel documento di donazione non vengono citati. Tuttavia quel territorio comprende oggi i comuni di S. Vittore del Lazio, S. Pietro Infine, Cervaro, Viticuso, Acquafondata, Vallerotonda con la frazione Cardito, S. Biagio Saracinisco, Villa Latina, Valleluce, Valvori, S. Elia Fiumerapido, Belmonte Castello, Terelle, Piedimonte S. Germano, Villa S. Lucia, Pignataro Interamna, parte di Esperia, S. Giorgio a Liri, Castelnuovo Parano, S. Apollinare, Vallemaio, S. Andrea, S. Ambrogio, tutti ruotanti attorno al centro che è Cassino.
Negli anni successivi al 744 la regione sottoposta alla giurisdizione cassinese fu notevolmente dilatata grazie alle numerose donazioni: giunse a comprendere i territori di Pontecorvo, Rocca d’Evandro, Castelforte, Coreno, e gli abitati di Cucuruzzo, Casale Cassinese, S. Gregorio di Aquino; ebbe anche uno sbocco al mare lungo la direttrice del Garigliano con il porto e la fortezza di Monte d’Argento di Minturno.
Tale giurisdizione, però, è altra cosa rispetto a quella ecclesiastica cassinese.
Ritengo opportuno, e utile, riportare le notizie bibliografiche relative all’acquisizione di ciascuno di quei territori da parte di Montecassino.
PONTECORVO. Il 13 gennaio 1105 il conte Roberto di Caiazzo in parte vende e in parte conferma, a Montecassino, Pontecorvo con tutte le sue pertinenze1.
ROCCA D’EVANDRO. Nel 1022 Enrico II dona a Montecassino la Rocca di Vandra, che aveva confiscato al principe di Capua2. Nel 1091 Pandolfo di Presenzano offre lo stesso castello di Vandra a Montecassino insieme a Mortola e Cucuruzzo3.
CASTELFORTE. Nel Medio Evo era denominato Castello di Suio (Castrum Sugii). Si ha notizia della donazione di metà del Castello di Suio all’abate Teobaldo di Montecassino da parte del nobile Ugone, figlio di Docibile di Gaeta, nel 1023; lo stesso Ugone confermò la donazione nel 10404.
CORENO. Oggi Coreno Ausonio, ma nei documenti medioevali è Corina o Corene o loco coriano. L’atto di cessione di questo territorio risale, molto probabilmente, al gennaio del 1058, quando il conte Marino lo donava all’abate Federico di Lorena (futuro papa Stefano IX)5. Da quel documento non si ha la certezza che nel territorio donato fosse compreso anche Coreno, ma se ne ha la conferma se si legge la descrizione del territorio che il conte Marino aveva avuto in donazione dal padre Docibile II duca di Gaeta nel febbraio del 9456.
CUCURUZZO. La rocca di Cucuruzzo, con tutte le sue pertinenze (comprendeva anche il monastero di S. Salvatore in Cucuruzzo), fu donata all’abate Desiderio il 28 giugno del 1066 da Riccardo I e suo figlio Giordano I di Capua7. Nel 1091 Pandolfo di Presenzano donò di nuovo S. Salvatore di Cucuruzzo a Montecassino insieme a Rocca di Vandra e Mortola8. Anche il conte Laidolfo, figlio di Pandolfo di Presenzano, nel 1108 rinunziò in favore del monastero a tutto quanto possedeva in Castel S. Salvatore di Cucuruzzo, insieme agli altri suoi possedimenti in Casafortino, in Castel Cimino e nella Rocca di Vandra comitale9.
CASALE CASSINESE. Nel 1120 l’abate Gerardo, il ricostruttore della Rocca Janula, ottenne il territorio di Casale (insieme al castello di Acquafondata) da un certo Odaldo, compagno di scorrerie di Pandolfo VI, insieme al quale aveva infestato il territorio di Montecassino che confinava con il proprio10. Fabiani parla, di un castello di Casale, ma evidentemente ha interpretato male il passo del Chronicon: «Idipsum etiam fecit et Odaldus de Casale, de Castro, quod dicitur Aquafundata …»11; infatti non ci è mai giunta notizia, fino a questo tempo, di un castello a Casalcassinese; molto giustamente, dunque, Angelo Della Noce, nella sua edizione del Chronicon12 avvertiva: «Casale Feudum est distinctum e Castro Aquaefundatae, sacro Coenobio Casinensi pleno iure parens». Tuttavia in loco viene impropriamente denominato “castello” il complesso di ruderi di un palazzotto, forse settecentesco, che sorge tra Colle Merino e Colle Vecchio, di proprietà del nobile Fiondella.
S. GREGORIO DI AQUINO. Una insistente tradizione vuole che il patrizio Gordiano, padre di S. Gregorio, il biografo di S. Benedetto, donasse a quest’ultimo la Villa Euchelia con i possedimenti circostanti; la tradizione sembra confermata dalla nota
bolla di Zaccaria del 748, che la riporta nell’elenco dei beni confermati a Montecassino. Nel territorio della Villa Euchelia sorse poi il monastero benedettino dedicato appunto a S. Gregorio: questo possedimento sarebbe stato compreso tra i Comuni di Piedimonte S. Germano, Aquino e Castrocielo. Un’altra tradizione vuole che nell’anno 827 un nobile di Taranto, il chierico Daniele, abbia donato a Montecassino (al Santo abate Apollinare), in punto di morte, mentre si trovava ad Aquino, tutte le sue proprietà, anche ciò che possedeva in Aquino e S. Gregorio (compresi i servi)13. Infine Fabiani14 riferisce di un diploma dei re Ugo e Lotario (probabile falsificazione di Pietro Diacono) che conferma a Montecassino la cella di S. Gregorio presso Aquino, con descrizione completa dei confini del possedimento: dovrebbe trattarsi dell’anno 94315.
IL PORTO DEL GARIGLIANO. Secondo il Chronicon cassinese16 Montecassino avrebbe posseduto fin dall’ottavo secolo il porto del Garigliano (insieme alla Casa Genziana), ma il documento relativo al possesso sarebbe andato perduto nell’incendio di Teano dell’896: un vecchio grammatico, degno di fede, certo Maio Presbyter, lo avrebbe visto nel cassetto dell’abate Angelario (ab. 883-889) prima che fosse distrutto17.
Altro documento, non pervenutoci, fa risalire all’anno 788 la donazione del porto di Traetto a Montecassino da parte del duca beneventano Grimoaldo IV18, Grimoaldo III, secondo Falco19, il quale avanza il dubbio che si tratti «non di donazione dei luoghi e dei diritti relativi, ma di semplice esenzione a favore del monastero dal pagamento dei diritti di approdo e di transito nei detti luoghi»20. Bisogna dunque giungere al 1058 per trovare una prima donazione sicura di almeno una parte del comitato di Traetto: si tratta della già ricordata donazione del nobile Marino, conte di Traetto all’abate Federico di Lorena21.
Infine il possesso sicuro e definitivo del porto del Garigliano si ha nell’anno 1066 con la concessione, da parte dei principi Riccardo I e Giordano I, della Torre a Mare (edificata da Pandolfo Capo di Ferro tra il 961 e il 981 a ricordo della battaglia del Garigliano del 915) comprese le abitazioni e le terre circostanti22, nonché l’altra torre sulla riva destra del Garigliano23 (fatta costruire in precedenza dal duca di Gaeta Giovanni I e dal figlio Docibile II contro le incursioni saracene)24.
Fabiani calcola che l’estensione della Terra di S. Benedetto, dopo le acquisizioni territoriali fin qui descritte, superasse gli 80.000 ettari, senza considerare gli altri ingenti possedimenti sparsi in gran parte d’Italia25.
La cifra mi sembra un po’ esagerata: dalle misurazioni da me effettuate sulla carta topografica risulta una superficie di poco superiore ai 60.000 ettari, senza tener conto dei rilievi, i quali, comunque, potranno far salire di poco il numero degli ettari.
Gli abati di Montecassino furono gelosi custodi e accorti amministratori del loro feudo. Fu infatti loro costante preoccupazione farsene confermare da ogni principe, re o imperatore il possesso.
Talvolta giunsero addirittura a sollevare finte controversie sulla proprietà di alcuni territori, contro fantomatici rivendicatori, che, dopo breve polemica, ritiravano le proprie pretese su quelle terre riconoscendone il possesso al monastero – famose le quattro testimonianze delle «Carte Capuane» del 960-963, o meglio dei «Placiti Cassinesi» del Sao ko kelle terre …–; e tutto ciò, probabilmente, per procurarsi un documento notarile che ne attestasse ufficialmente la proprietà. Almeno ciò arguisce talvolta Fabiani scrivendo di «cause preparate»26.
In quel vasto territorio, attorno alle chiese e alle celle benedettine sparse qua e là sorsero i primi centri abitati che diedero poi origine agli attuali comuni del Cassinate, la cui formazione è stata minuziosamente descritta, per quanto possibile, da Luigi Fabiani in La Terra di S. Benedetto, documentandosi essenzialmente sul racconto del Chronicon cassinese.
Gli sconvolgimenti del sec. XIX portarono alla fine della Terra di S. Benedetto; ne rimase traccia – almeno in parte – solo nella configurazione diocesana facente capo all’abbazia territoriale di Montecassino.
Ora quel millennio e mezzo di storia, che ha contribuito a plasmare le coscienze e i princìpi della nuova Europa, rimane confinato nella possente bibliografia cassinese, ma rischia di essere dimenticato dalla storiografia nazionale.
1 Chron. Cas., IV, 25; E. Gattola, Accessiones, I, p. 222; T. Leccisotti, I Regesti dell’Archivio, Roma 1965, II, p. 125, aula III, caps. XIV, n. 6. Si veda anche la conferma di Riccardo II di Capua (25 gennaio 1105) all’abate di Montecassino Oderisio: cf. Chron. Cas., IV, 25; E. Gattola, Accessiones, I, p. 223; T. Leccisotti, I Regesti dell’Archivio … cit., II, p. 127, aula III, caps. XIV, n. 10.
2 Chron. Cas., II, 43; E. Gattola, Accessiones, I, p. 119; T. Leccisotti, I Regesti dell’Archivio … cit., II, p. 125, aula III, caps. XIV, n. 5 e p. 124, aula III, caps. XIV, n. 3; L. Fabiani, La Terra di San Benedetto, Montecassino 1968, p. 68.
3 Chron. Cas., IV, 12; T. Leccisotti, I Regesti dell’Archivio … cit., II, p. 232, aula III caps. XVIII, n. 20. Per altre brevi notizie si veda pure E. Gattola, Accessiones, II, p. 760, dove erroneamente si pone la donazione di Enrico II all’anno 1122 anziché 1022, come già detto.
4 Chron. Cas. II, 55: «Circa hos dies Hugo vir nobilis natione Cajetanus ad extrema veniens, fecit cartam in hoc .monasterio de medietate Castri, quod Sujum vocatur …»; Regesto di Pietro Diacono, n. 296; E. Gattola, Accessiones, I, p. 128, dà notizia solo della seconda donazione del 1040; G. B. Federici, Degli antichi duchi e consoli o ipati della città di Gaeta, Napoli, 1791, ristampa anast. A. Forni Edit. 1980, pp. 326-328, dà notizie complete della donazione; il Codex Cajetanus Diplomaticus, cit., I, pp. 275, 344, riporta entrambe le donazioni, nonché quelle del 1079 da parte di Giovanni figlio di Ugone (III p. 122); T. Leccisotti, I Regesti dell’Archivio … cit., II, p. 133, aula III, caps. XIV, n. 24, riporta solo il documento del 1040.
5 Chron. Cas., II, 98; E. Gattola, Accessiones, pag. 157; G. B. Federici, Degli antichi duchi … cit., pp. 533 e sgg.; T. Leccisotti, I Regesti dell’Archivio … cit., II, p. 134, aula III, caps. XIV, n. 26; L. Fabiani, La Terra di San Benedetto … cit., p. 89.
6 «Hiterumque dono vobis omnia et in omnibus quantum abere et possidere visi sumus quomodo ascendit ipsa via carraria de corene a mare in sursum usque ad triminzolum …», Codex Diplomaticus Caietanus, cit. I, p. 76.
7 Chron Cas. III, 18; E. Gattola, Historia, cit. pag. 312; T. Leccisotti, I Regesti dell’Archivio … cit., II, p. 132, caps. XIV, n. 22.
8 Si veda «Rocca D’Evandro».
9 Regesto di Pietro Diacono, f. 572; Chron. Cas., IV, 34; E. Gattola, Accessiones, pag. 228; T. Leccisotti, I Regesti dell’Archivio … cit., pag. 121, caps. XIII, n. 44. Altre vaghe notizie in E. Gattola, Accessiones, II, pag. 760.
10 Chron. Cas., IV, 75; E. Gattola, Accessiones, II, p. 752; L. Fabiani, La Terra di San Benedetto … cit., I, p. 109; E. Pistilli, Acquafondata e Casalcassinese, Comune di Acquafondata, 2004, pp. 42 e sgg.
11 Chron. Cas., loc., cit.
12 Chron. Cas., cit., p. 505, nota a.
13 Chron. Cas, I, 19: «Clericus quidam nomine Daniel, natione tarentinus nobili genere hortus, ad extrema veniens, et seipsum, et omnia sua cum plurimus servis, et ancillis apud Aquinum, et apud ipsam cellam sancti Gregorii, quae in ipsius vicinia sita est, per cartulam oblationis huic Monasterio tradidit»; cfr. E. Gattola, Accessiones, I, pag. 28; A. Pantoni, Una memoria scomparsa: S. Gregorio di Aquino, in «Benedictina», 1947, fascc. III e IV, pp. 245-255; L. Fabiani, La Terra di San Benedetto … cit., I, pp. 28, 163.
14 L. Fabiani, La Terra di San Benedetto … cit., I, p. 45. nota 22.
15 Lo studioso cita in bibliografia Schiaperelli, I diplomi di Ugo e Lotario, di Berengario ed Adalbert, p. 203, documento n. 68.
16 Chron. Cas., I, 48.
17 Chron. Cas., loc. cit.: «Quidam Maio Presbyter, atque Grammaticus, homo senex, et veracissimus: hoc exinde se nosse certo certius affirmabat. Aiebat namque praefato Domno Abbati, sicut legi, inquit, in tribus praeceptis donationum, quae hic fuere in scrinio Domni Angelarii Abbatis. In primis Gisulfus Dux concessit Domno Petronaci Abbati in Monasterio sancti Benedicti territorium Gentianae. Postea vero Arichis Princeps similiter concessit Theodemario Abbati partes majores ibidem in Gentiana. Iterumque Grimoald filius eius per praeceptum donationis concessit sancto Benedicto omnia Domnicalia sua, cum servis, et ancillis in eodem loco casae Gentiane, et cellam sancti Agapiti, et plurima alia, quae modo non recordor. Similiter etiam in eisdem praeceptis continebatur donatio ipsorum Principum de portu Trajecti, et de portu Vulturnensi: sed et de Piscaria Lesinensi. Haec, inquit, omnia ego legi, et in aliis membranis ego renovavi ex jussione Domni Angelarii Abbatis».
18 L. Fabiani, La Terra di San Benedetto … cit., I, pp. 25, 26, 88, 89; nella nota 3 di p. 26 Fabiani afferma: «Il documento che possediamo ci è pervenuto dal Regesto di Pietro Diacono, f. 82, n. 183: è una evidentissima falsificazione», e cita: Caspar, Petrus Diaconus, p. 157; E. Gattola, Accessiones, p. 17; R. Poupardin, Les institutions politiques et admistratives des principautés lombardes de l’Italie Méridionale, Paris, 1907, p. 70, nota 8; T. Leccisotti, Le colonie Cassinesi in Capitanata, I, Lesina, Montecassino 1940 (Miscellanea Cassinese n. 19), p. 12.
19 G. Falco, Lineamenti di storia cassinese nei secoli 8 e 9, Montecassino 1929, p. 492.
20 Ibidem.
21 Vedi supra «Coreno».
22 Codex Diplomaticus Cajetanus, cit., II, p. 76, n. 231: «Turrem quae est in finibus Suessa juxta Gareliano, et dicitur turre ipsa ad mare cum habitationibus quae circa eadem turre fuerint, et sunt, et cum omne quicquid exinde tollere solitum est cum ecclesia, et quantum cognoscitur per murum inchoatum, que fuit pro Castellone. Damus etiam et concedimus in eodem sancto loco terram, quae est ante ingressu ipsius Castellonis da ipsum Osenteque ibi ad fines videtur usque in aqua predicti fluminis, piscationes tamen ipsius ab ipsa ora fluminis usque directum cum ipsae Turre, qua est ex alia parte quali nostro Principatui pertinet. Damus, et confirmamus prout nobis bonum videtur prefato sancto loco piscationes aquarum, quae appellatur Osentes etiam, ut nobis melius videtur concedimus in supradicto loco inclitus litus Maris ab ora praefati fluminis usque in directum, cum Bicum, qui dicitur Manstrianni».
23 Il documento è nel Regesto di Pietro Diacono, f. 221 n. 408; non è riportato in T. Leccisotti, I Regesti dell’Archivio … cit., II, mentre L. Fabiani, La Terra di San Benedetto … cit., pp. 88-89, vi fa riferimento, ma senza precisare i donatori e la bibliografia.
24 L. Fabiani, La Terra di San Benedetto … cit., I, p. 39.
25 Ivi, I. p. 8.
26 Ivi I, pp. 51-52.
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