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Studi Cassinati, anno 2016, n. 4
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di Costantino Jadecola
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La notizia l’appresi dal giornale, la mattina del giorno dopo: «Si è tolto la vita il prof. Serra”». Diceva proprio così, il titolo. Un attimo per cercare di sviare l’idea che era già chiara ma la foto di Luigi, appena più sotto, confermò, senza ombra di dubbio, che ciò in cui tentavo di non voler credere era, purtroppo, l’amara verità.
Erano gli inizi di dicembre di dieci anni or sono: dire “sembra ieri” può sembrare scontato. Ma scontato non lo è affatto.
Quel giorno, il giorno che il giornale pubblicò la notizia, era un lunedì, un lunedì con un impegno importante per via dell’inugurazione dei nuovi studi di una emittente televisiva con la quale collaboravo, inaugurazione cui, peraltro, avrebbe addirittura presenziato un pezzo grosso del governo dell’epoca.
Ovviamente, la tragica morte di Luigi sconvolse stati d’animo e piani già prestabiliti e ogni cosa assunse, di fronte a quella morte, connotati insignificanti.
La giornata, dal canto suo, trascorse con lo sconforto di amare riflessioni su una tragedia che il giorno successivo si sarebbe ancor più ingigantita con la scomparsa dell’amata consorte di Luigino, Maria Teresa. Ultimo atto, peraltro, del disgraziato destino di una famiglia che aveva avuto il suo prologo un maledetto giorno dell’estate del 1981 quando Arturo, il figlio quattordicenne di Luigi e di Maria Teresa, aveva perso la vita su una delle strade intorno allo stabilimento della Fiat, a Piedimonte, investito con il suo motorino.
Una grande tragedia. E, con essa, in frantumi i sogni, le attese, le speranze che Luigi e Maria Teresa avevano immaginati per lui.
Un chiodo fisso per Luigi, così come i suoi interessi culturali per la sua materia prediletta, la ragioneria, o per la storia della sua Piumarola o come la sua incrollabile fede per la monarchia ed i suoi incontri con Umberto di Savoia nel suo esilio di Cascais (tant’è che ebbi l’impressione che non la prese proprio bene quando alcuni di noi cominciarono a rileggere i passaggi cruciali dell’unità nazionale e, in particolare, quella che era stata la conquista del Sud da parte dei piemontesi).
Se l’impegno per un convegno di studi in suo onore, del quale si parlò tempo dopo la sua scomparsa, fu una mera dissertazione verbale, non così andarono le cose per quell’altro suo chiodo fisso che era quella colonna di granito che un tempo segnava il termine di confine tra Piumarola, castello di Montecassino, e la contea di Aquino, che prima sparì dalla circolazione e poi, una volta ritrovata, fu riposizionata, se non nel luogo originario, appena poco distante. Visto il disinteresse delle cosiddette pubbliche autorità, anche se a ciò sollecitate, al ripristino provvide un privato cittadino, Vittorio Di Nardi – lo stesso che aveva ritrovato e custodito la colonna e che aveva messo a disposizione un suo terreno per ospitarla definitivamente – insieme ad un suo amico, Tommaso Morelli, la qualcosa ovviamente rese molto felice Luigi che ne parlò in un lungo articolo su queste pagine («Studi Cassinati», anno VI, numero 2, aprile-giugno 2006).
Poi, all’indomani della sua morte, come Centro Documentazione e Studi Cassinati ritenemmo doveroso abbinare alla riposizionata colonna di confine una stele in ricordo del compianto amico che, come si legge nell’iscrizione posta sulla stessa, «fortemente la volle ripristinata» ed alla quale lo stesso si era interessato anche con una approfondita ricerca storica («Studi Cassinati», anno VIII, numero 2, aprile-giugno 2008).
Ora, dieci anni dopo, qualcosa bisognerà fare per ricordare Luigi. Perché Luigi se lo merita. Se lo merita come maestro nella sua materia d’insegnamento, se lo merita come autore di pubblicazioni scientifiche di alto livello, se lo merita come cultore di storia patria – per un suo profilo biografico e la sua bibliografia v. «Studi Cassinati», anno VI, numero 4, ottobre-dicembre 2006 – e se lo merita anche per il suo amore e per la sua venerazione verso la sua terra, al di là, naturalmente, delle sue doti umane e dei suoi rigidi principi morali.
Ricordarlo farà bene alla memoria. Ma farà bene soprattutto a questa terra dove la cultura, a parte citazioni roboanti o riferimenti scontati e nonostante il suo onorevole passato, sembra vivere una stagione caratterizzata da una sconcertante aridità. E, purtroppo, non solo la cultura.
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