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Studi Cassinati, anno 2017, n. 1
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di Franco Di Giorgio
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Il 1946 nel cassinate è ancora guerra. Una guerra diversa da quella che alcuni mesi prima aveva insanguinato la zona con scontri tra eserciti contrapposti tra i più cruenti della storia.
Parliamo della guerra alla fame, alle malattie, alla provvisorietà dei rifugi abitativi, alla più completa mancanza di ogni mezzo di sussistenza.
È in questo clima che il sindaco di Pignataro Interamna Tommaso Conti (in realtà commissario prefettizio, sindaco verrà eletto qualche anno dopo), riceve una lettera dalla Germania.
Viene dalla città di Helmstedt ancora sotto protettorato alleato (la città fa parte della zona britannica). A scriverla è Otto Germersdorff titolare di una fabbrica di elettrodomestici ed apparati elettrici il quale è alla ricerca del suo unico figlio, Ernst, classe 1923.
Egli sa che il ragazzo, chiamato alle armi dalla Wehrmacht all’età di 18 anni, è stato sui fronti di guerra della Russia, del Mar Nero, ancora nei territori della Boemia, quindi in Sicilia e per ultimo nel Cassinate, precisamente Pignataro. Dalla data del 13 maggio 1944 non ha più ricevuto notizie e teme che sia accaduto qualcosa di irreparabile. Il timore con il passare del tempo diventa certezza e di qui la lettera al sindaco di Pignataro Interamna per avere notizie. Tommaso Conti, a causa delle condizioni in cui vive il paese, è impegnato fino all’estremo delle sue forze per far fronte alle incombenze post belliche. Pur tuttavia trova il tempo per avviare ricerche che però hanno esito negativo e di questo rende edotto il signor Germersdorff.
Nel mese di gennaio 1948 ancora una richiesta: «Signor Borgomastro di Pignataro – questo il tenore della nota – il 1° novembre ho ricevuto la Vostra lettera e rendo i miei ringraziamenti più sentiti per il favore che benevolmente mi avete fatto. Da un compagno di mio figlio che è stato con lui dal 13 aprile 1944, ho ricevuto il disegno accluso nel quale vengono riportati, salvo errori visto che chi lo ha redatto si è affidato ai soli ricordi, i punti cardinali e lo stato dei luoghi dove hanno operato insieme e dove mio figlio è deceduto». La missiva così prosegue: «mio figlio è stato in corsa d’ordinanza fra il rifugio 1 ed il posto d’osservazione 3 e sul sentiero 4 fu attaccato da un carro corazzato di forze alleate. Sul luogo – nella cartina allegata è marcato con una croce rossa – dovrebbe essere morto mio figlio e probabilmente è lì che ha trovato provvisoria sepoltura».
Per meglio esplicitare la posizione Germersdorff aggiunge ulteriori particolari: «Forse il sentiero 4 fu realizzato per i soldati tedeschi e ora non esiste più; ma Pignataro (centro abitato) dal rifugio 1 dista circa due chilometri. Dai rifugi 1 e 2 si potevano vedere l’Abbazia di Montecassino e la torre della via funicolare. Mio figlio era alto 1,60 e secondo l’opinione del compagno il punto dove egli è stato colpito a morte non dovrebbe essere difficile da trovare visto che nel punto 9 c’era una casa che si distingueva per essere più alta rispetto a quelle delle vicinanze».
Sulla base di queste ulteriori informazioni, Otto Germersdorff si mette in trepidante attesa di eventuali notizie da Pignataro Interamna.
Il 27 giugno 1950 finalmente la tanto attesa risposta. Il sindaco Conti risponde con una nota avente per oggetto: «tomba di Ernesto Germersdorff».
Questo il testo: «Egregio Signore, da accurate e minuziose ricerche si è potuto individuare, con l’appoggio della piantina da Voi rimessa, il luogo ove il presunto Vostro figlio rimase vittima [trattasi di un sentiero ai margini dell’attuale via Asinara]. Sul luogo ove si supponeva che fosse caduto, nessuna traccia fu rinvenuta, ma fatto effettuare degli scavi nei pressi del luogo, si è venuto così a rintracciare una salma che certamente deve essere quella di Vostro figlio. Nessun segno di riconoscimento è stato però trovato. È stata notata la mancanza di un dente molare sulla mascella sinistra e da quello che si è potuto stabilire la sua altezza si aggirava sul m. 1,60 circa. I resti sono stati accuratamente depositati in una cassetta di legno che è stata conservata nell’ossario di questo cimitero, contraddistinta con il numero 85. Assunte informazioni è risultato che il detto soldato, di cui si sconosce ogni generalità, faceva servizio su di una casa di campagna (a circa venti metri dal ritrovamento della salma) che fungeva da osservatorio di guerra e che al sopraggiungere degli alleati, nel tentativo di fuggire, veniva colpito mortalmente. Il ricovero, dal luogo della sepoltura, dista circa 500 metri».
Finisce così la triste vicenda di un giovane soldato tedesco anch’egli, probabilmente, come tanti suoi inconsapevoli “nemici” lontano dalle terribili ideologie che insanguinarono l’intera Europa del secolo scorso.
La storia si chiude con una lettera appassionata dei genitori del soldato Ernst Germersdorff al sindaco di Pignataro. Essa esprime tutta la tenerezza che ogni genitore, a qualsiasi latitudine, può avere verso i figli.
Dopo aver chiesto informazioni circa le norme sulle tumulazioni e sulla possibilità di riavere la salma in patria, i genitori di Ernst aggiungono: «nostro figlio aveva un cuore d’oro e non poteva far del male nemmeno ad una mosca. Era appassionatissimo solo della sua professione. Aveva imparato il mestiere di pittore e avrebbe voluto, a fine guerra, imparare il mestiere di autista».
Alla struggente lettera, la famiglia Germersdorff allega una serie di fotografie. Vi sono rappresentati momenti di vita familiare dell’anno 1938. Un messaggio implicito per dire che loro amavano la vita non l’ideologia nazista.
Abbiamo voluto raccontare questa storia di vita vissuta non tanto perché essa era rimasta sconosciuta al grande pubblico come del resto tante altre, quanto per il messaggio che da essa ancora oggi si può trarre.
I nostri giovani d’oggi fortunatamente non hanno la guerra in casa. Al contrario essi sono chiamati a costruire l’Europa dei popoli sulla via tracciata dai fondatori politici della nuova realtà europea. Ma perché il disegno possa dirsi compiuto necessita partire dal basso mettendo insieme tutto ciò che unisce e lasciando da parte tutto ciò che divide.
La storia vera la fanno i popoli e questo sembra che lo abbiano capito anche i governi italiano e tedesco i quali, grazie alla consulenza di valenti storici, hanno definitivamente avviato un programma di approfondimento sulle vicende belliche dell’ultimo conflitto, a partire dai racconti e dai diari di chi quelle stesse vicende le ha vissute, primi tra questi gli internati militari italiani nei campi di concentramento della Germania nazista.
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