La Seconda guerra mondiale a Vicalvi

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Studi Cassinati, anno 2017, n. 1
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di Claudio Paniccia

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Primi eventi

A seguito delle azioni di bombardamento dell’aviazione anglo-americana, venne inviato a Vicalvi un distaccamento della Milizia Artiglieria Contro Aerei che organizzò nella torre sud del castello un posto d’avvistamento. Furono realizzati, sulla torre e nei suoi pressi, una grande rosa dei venti e due piccoli fabbricati che servirono da riparo per gli osservatori e per gli impianti radio. Dopo l’armistizio dell’8 settembre i militi, rimasti senza ordini precisi, partirono.

Gli avvenimenti legati all’occupazione tedesca della Valle sono stati ben descritti in un volume dal Generale Rocco Viglietta1. Nell’ambito delle operazioni conseguenti all’ordinanza dell’11 settembre 1943 che dava disposizioni sui tempi e sui modi dell’occupazione dell’Italia, il giorno 15 arrivarono a Vicalvi alcuni soldati tedeschi che assunsero i poteri civili.

Nel mese di novembre, in occasione del rafforzamento della linea Gustav, i tedeschi requisirono alcune abitazioni tra cui anche un piano della casa dei fratelli Giovanni e Bianca Paniccia, per adibirlo a sede di un comando d’artiglieria e ad alloggio ufficiali, lasciando alla famiglia l’uso del piano terra. Qualche tempo dopo, probabilmente in seguito ad alcuni tentativi di bombardamento da parte degli alleati, sentendosi poco sicuri, i tedeschi spostarono altrove il comando.

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L’ospedale

A gennaio 1944 arrivò un reparto di sanità di nazionalità austriaca per istallare un ospedale che divenne il primo dietro la linea del fronte. In casa dei fratelli Paniccia trovarono collocazione le sale operatorie, le corsie, le cucine e altri servizi. Gli alloggi per gli ufficiali medici e le relative cucine furono ricavati in ambienti della vicina casa di Umberto Celli mentre l’abitazione della maestra Concetta Celli, requisita in un secondo tempo, accolse le stanze di degenza.

Un edificio, all’ingresso del paese, servì sia da ricovero per le bestie da soma dei tedeschi che come prigione, in particolare per un soldato straniero condannato a morte il quale, nel corso della detenzione, ricevette viveri dalle donne vicalvesi inviati di nascosto a mezzo di ragazzi2. In via Roma realizzarono l’ambulatorio e l’alloggio dei soldati della contraerea installata in Piazza della Croce; nella casa di fronte, di Gaetano Paniccia, la farmacia, la cucina militare, la mensa e lo spaccio. Più avanti c’erano l’obitorio, un deposito di munizioni e la macelleria. In una cantina della via Simoncelli c’era la cella di sicurezza mentre nei vicoli c’erano alcuni degli alloggi per i soldati e il deposito di vettovaglie. Nell’edificio comunale, un locale del primo piano, dove erano ubicati gli uffici del municipio, fu adibito a studio dentistico, mentre al piano terra, accanto all’Ufficio Postale, c’era un ufficio militare. In via Severino Paniccia al n° 1 c’era il temuto Orstkommandantur (comando di polizia).

In molte altre case del paese, tra cui a mia conoscenza quella di Raffaele Ricciardi3, furono alloggiati anche i soldati combattenti che periodicamente partivano per il fronte ritornando, non sempre tutti, alla fine del turno. Erano giovani e in alcuni casi furono considerati come facenti parte della famiglia per cui la mancanza di uno di loro fu vissuta come la perdita di un parente. In altri casi invece, per fortuna rari, la convivenza fu piuttosto difficile.

Il giorno 17 gennaio, dovendosi ampliare i locali di servizio per l’ospedale, i fratelli Paniccia, con la famiglia, dovettero lasciare anche gli ultimi ambienti del seminterrato ancora utilizzati e trovarono sistemazione nella casa di Silverio Celli alla via Giro, vicino al castello.

Il comando tedesco si preoccupò di segnalare la presenza dell’ospedale militare in Vicalvi realizzando alcune grandi croci rosse su fondo bianco. Due di queste furono dipinte sui tetti delle case adibite ad ospedale e a farmacia, ben visibili dagli aerei, una terza, ancora esistente, sulla parete del castello che guarda verso Atina; infine la quarta, rinvenuta in casa dei fratelli Paniccia, era dipinta su grandi tavole di compensato e doveva servire per essere esposta sulla parete esterna della casa.

La convivenza con il personale dell’ospedale fu abbastanza tranquilla; la farmacia, i medici, i chirurghi e le strutture ospedaliere furono a servizio anche dei civili che ne ebbero bisogno. I soldati condividevano spesso il loro magro rancio con i locali, specie con i bambini. Nella memoria della mia famiglia sono rimasti alcuni nomi: «Alfredo», l’interprete (tornato più volte a trovare i suoi amici vicalvesi, in particolare Angelo Riggi figlio di Francesco, che all’epoca era la guardia comunale); «Daniele», il cuciniere dell’ospedale (ricordo che in occasione della Pasqua regalò a ciascuno di noi fratelli un uovo sodo colorato); «Antonio», uno degli infermieri; «mastro Vincenzo», il calzolaio. Tutti questi parlavano, più o meno bene, anche l’italiano provenendo forse dalle aree di confine con l’Italia, in particolare dal sud Tirolo.

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L’arrivo degli alleati

Il personale medico e tutti gli addetti ai servizi connessi con l’Ospedale restarono al loro posto fino agli ultimi giorni per essere trasferiti subito prima dell’arrivo degli alleati. Un ferito italiano (forse vicalvese), fu lasciato in un lettino nella stanza del Comune che era stato lo studio dentistico e fu affidato per le cure a Pasqua Rondinelli, moglie di Giacomo Saurini, con precise consegne e con una buona scorta di medicinali e di altri presidi di cui avrebbe potuto aver bisogno4: questi medici non avevano fatto invano il «giuramento di Ippocrate» e spero che qualcuno abbia provveduto a ringraziarli.

Il 28 maggio, domenica, si capì, dagli inconsueti movimenti dei soldati tedeschi e da alcuni riflessi di luce provenienti dai vetri dei mezzi militari5, che gli alleati avevano superato il valico di Atina e che avanzavano nella valle. In paese restarono pochi soldati per ritardare l’avanzata nemica sparando dalle trincee e dalle finestre delle case, oltre ad alcuni osservatori per dirigere dal balcone di casa Celli il fuoco dell’artiglieria posizionata nella valle del Fibreno. Al mattino presto i tedeschi avevano fatto saltare in aria il serbatoio dell’acqua e la cabina di distribuzione dell’elettricità per lasciare gli alleati privi di tali servizi.

Al passaggio delle truppe tedesche in ritirata avvennero alcuni episodi di violenza e sopraffazione. Oltre a quelli tragici che si riportano più avanti sono rimasti nella memoria dei compaesani questi due. Un soldato sbandato e disperato trovatisi davanti me e i miei tre fratelli (età dagli 8 ai 3 anni) ci minacciò con il mitra chiedendo con forza, in tedesco, a nostra madre da mangiare; l’intervento prima di nostro padre e poi di un ufficiale tedesco ancora presente, riportò la calma evitando tragiche conseguenze. Altri tre tedeschi presero il maiale che l’arciprete aveva nella piccola stalla vicino alla casa parrocchiale e lo trascinarono via, sparandogli in piazza visto che opponeva molta resistenza; si fecero aiutare da alcuni vicalvesi per portarlo in una casa non molto distante dove fu macellato e consumato dai tedeschi e dai vicalvesi.

L’artiglieria tedesca intanto indirizzava i colpi sui reparti del 21° Battaglione Neozelandese che proseguivano l’avanzata. A sera le Compagnie si arrestarono e dopo la sosta il 29 maggio ripartirono lungo le varie direttrici. La Compagnia B si diresse verso Vicalvi e, in risposta al fuoco effettuato con mitragliatrici dagli ultimi tedeschi presenti in paese e ai tiri provenienti dalle artiglierie tedesche, nonostante i teli bianchi esposti dai vicalvesi, fece fuoco con cannoni e mitragliatrici sul centro abitato per circa mezz’ora provocando danni alle case che affacciano verso la valle. Un colpo arrivato in via Roma, all’altezza del garage Celli, colpì la scarpata mentre di lì passava Ambrogio Paniccia di Luigi con una capra: le schegge forarono in più punti la saracinesca del garage, uccisero la capra ma lasciarono per fortuna illeso Ambrogio a cui restò nelle mani la corda che fungeva da cavezza.

Una descrizione della marcia di avvicinamento a Vicalvi l’ho trovata in un articolo di un giornale neozelandese di cui riporto alcuni brani che raccontano gli avvenimenti visti dall’altra parte:

«Attraversando il fiume Melfa dopo l’avanzata dalle montagne a nord di Cassino, le truppe neozelandesi hanno occupato la più ampia pianura che conduce alla valle del Liri. Dopo l’occupazione di Atina, gli ingegneri neozelandesi hanno messo in azione un ponte attraverso il fiume … Questa mattina le nostre truppe dominavano quasi l’intera valle e stavano spingendosi in avanti, verso le cittadine di Vicalvi ed Alvito. Da Atina la strada procede a nord ovest verso l’importante nodo di Sora. Vicalvi sbarra il passaggio a quasi 6 miglia da Atina, come un piccolo colle di Montecassino. Dal passo sopra Atina si dispiega tutto il campo di battaglia. Ieri ho visto le prime cannonate tedesche colpire la strada sotto Atina, dimostrando che il nemico ha piazzato qualche tipo di artiglieria campale dopo la sua precipitosa ritirata da Terelle e Belmonte. Oggi il traffico procede liberamente attraverso Atina in direzione del luogo in cui il rilievo di Vicalvi emerge dalla foschia …

Fuoco inatteso … La strada si srotolava dritta per altre tre miglia, Vicalvi si profilava vicino – una collina rotonda sormontata dai resti di un enorme castello medievale sul quale era dipinta una croce rossa scura. … Improvvisamente la nostra avanzata è stata fermata dal suono sorprendentemente vicino di una mitragliatrice, seguito da colpi di mortai. La città distava solo mezzo miglio. L’assenza di fuoco nemico ci aveva incoraggiato a restare sulla strada più tempo di quanto fosse saggio fare, ma il fuoco si interruppe all’improvviso così come era iniziato … Questa mattina presto una pattuglia di autoblindati ha contato sei bandiere bianche sventolare dal castello e dalle case della cittadina. I carri e la fanteria sono avanzati e sono entrati nei sobborghi del paese. Improvvisamente sono stati fronteggiati da colpi di mitragliatrice MG e di mortaio. Dei soldati tedeschi invasati hanno anche cercato di tirare delle granate nelle torrette aperte dei carri. Le nostre forze hanno indietreggiato e da allora ogni movimento è stato contrastato con fuoco proveniente dalla cittadina. Apparentemente le bandiere bianche sono state appese da civili italiani nella speranza di evitare il bombardamento alleato – un desiderio comprensibile in queste circostanze …».

Da Vicalvi si vide che l’avanzata dei neozelandesi proseguiva con la dovuta attenzione ma l’autoblindo del tipo Staghound Mk 16 che apriva la colonna diretta verso il bivio (località gl’oste) cercò riparo infilandosi dietro la scarpata della strada e nel fare questo saltò su una mina; da Vicalvi si udì e si vide l’esplosione, con una delle ruote dell’autoblindo che volava in aria. L’episodio rallentò ulteriormente l’avanzata. I pochi soldati tedeschi ancora presenti in paese intanto si allontanarono verso il monte.

Allo stesso modo dal paese era chiaramente osservabile l’azione degli aerei alleati che a bassa quota colpivano i reparti tedeschi in ritirata e i duelli aerei con i rari velivoli tedeschi che ancora prendevano il volo cercando di contrastare l’azione degli anglo-americani. I cannoneggiamenti e le scariche delle mitragliatrici degli aerei riempirono di terrore la popolazione che in massima parte era asserragliata nella parte più interna e protetta delle proprie case.

Circa a mezzogiorno le avanguardie della compagnia B arrivarono a Vicalvi accolte da un gruppo di cittadini festanti; i soldati si distribuirono in tutto l’abitato mentre dal monte i pochi tedeschi rimasti continuavano a sparare per ritardare l’avanzata. Si pensò di far suonare le campane con l’intenzione di festeggiare la liberazione, ma il suono provocò la reazione dei tedeschi che effettuarono anche loro per circa mezz’ora una serie di tiri sul centro abitato con le artiglierie ancora posizionate nella valle del Fibreno.

I neozelandesi restarono fino alla fine del mese di luglio quindi dovettero ripartire per proseguire le loro azioni di guerra contro i tedeschi che intanto si erano ritirati verso nord e si accingevano a fortificarsi lungo la nuova linea difensiva Gotica, dove si sarebbe combattuto con ulteriori distruzioni e lutti.

Le croci rosse presenti sui tetti furono nascoste eseguendo un semplice lavoro di rovesciamento delle tegole, quella in legno fu smontata e divenne un tavolo da pingpong mentre per quella del castello si pensò di coprirla con della vernice a calce bianca ma dopo alcuni tentativi fatti da Antonio Tersigni che era stato calato con una fune e un secchio e che riuscì ad imbiancare solo un piccolo tratto del braccio superiore, si capì che l’operazione era troppo complessa per i mezzi che si avevano a disposizione e si decise di soprassedere: anche se molto scolorita specie nella parte bianca, la croce fa ancora bella mostra di sé sulla parete est del castello.

Castello di Vicalvi (fonte: castelliere.blogspot.it/2015/06/il-castello-di-giovedì-4-giugno-html).
Castello di Vicalvi (fonte: castelliere.blogspot.it/2015/06/il-castello-di-giovedì-4-giugno-html).

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Eventi luttuosi

Durante i mesi della presenza tedesca un certo numero di civili rimase coinvolto in episodi di guerra, a volte con esiti tragici. Di alcuni di questi episodi hanno memoria i compaesani più anziani ma per i casi avvenuti in Vicalvi si può far riferimento agli archivi della Parrocchia in cui il parroco ha lasciato una chiara testimonianza. Di seguito elenco tali fatti in ordine cronologico.

Il giorno 15 maggio in località Busseto, dove c’era (e ancora c’è) una cava di brecciolino, lavoravano su ordine dei tedeschi molti paesani e alcuni dei paesi vicini che erano sfollati in Vicalvi a causa degli eventi bellici. Mentre lavoravano sentirono arrivare degli aerei alleati e quindi gli operai cercarono riparo; alcuni, temendo soprattutto di essere colpiti dai proiettili delle mitragliatrici, ripararono in una grotta che purtroppo fu ostruita dalle esplosioni delle bombe. L’arciprete don Giacomo Muscedere (con i comprensibili piccoli errori e ripetizioni dovuti evidentemente all’emozione del momento) così annota l’episodio:

«Tempo di guerra!!!

Addì quindici maggio 1944, ad ore 12:35, in località Busseto, nella cava di rena ove lavoravano una cinquantina di operai Vicalvesi reclutati dai tedeschi, caddero tre bombe gettate da aerei inglesi e uccisero:

1)     Mele Giovanni fu Angelomaria e fu Palombo Caterina, marito di Ruma Concetta, di anni 65; nato e domiciliato a Vicalvi;

2)     Ricciardi Giuseppe di Francesco e fu Mollicone Elisabetta, marito di De Carolis Angelamaria, di anni 47; nato e domiciliato a Vicalvi;

3)     Riggi Antonio fu Giuseppe e fu Di Donato Carolina, marito di Lecce Maria, di anni 44; nato e domiciliato a Vicalvi;

4)     De Carolis Antonio di Giovanni e di Capozio Felicia, marito di Di Donato Filomena, di anni 34; nato e domiciliato a Vicalvi;

5)     Fasoli Pasquale fu Antonio e fu Schiavi Maria Luigia, marito di D’Annunzio Maria, di anni 52, nato ad Atina li 23-5-1892 e sfollato da Atina da due mesi fa, e ricoveratosi in questa contrada Palombo, sepolto anche lui in questo cimitero di Vicalvi il 16 Maggio 1944, ad ore 19».

In un’altra annotazione del 19 maggio si cita l’ospedale di Vicalvi (i punti interrogativi sono dell’arciprete):

«Grolla Addolorata di S. Donato V. Comino (?) ricoverata nell’Ospedale militare tedesco il 19-5-1944, ore 21:30, morta il 20-5-1944 ore 3. Nata il 1928 (?) Vedere biglietto tedesco accluso».

Il giorno 23 maggio in Posta Fibreno alcune bombe lanciate da aerei alleati caddero nei pressi del mulino. Il parroco scrive:

«Addì 24 maggio 1944, alle ore 8:30 in questo Ospedale Militare tedesco, in Via Severino Paniccia, morì Rocca Onoria di Loreto e fu Ianni Maria, nubile, di anni 29; ferita ieri al molino di Posta Fibreno da una scheggia di bombe di aerei inglesi, (ove era andata alla mola e rimasero uccisi il suo somaro e altri quindici somari) fu ricoverata nel detto Ospedale alle ore nove del 23 detto, ove morì il giorno dopo alla ore 8:30; fu riportata alla sua contrada Canalara di Casalvieri, ove era nata il 10-2-1915».

Un altro episodio avvenne il 25 maggio nella Contrada Colle Flonio e don Giacomo registra:

«Addì 25 maggio 1944, ad ore 20 morirono assassinati dai tedeschi:

1) Maola Loreto fu Giacinto e fu Maola Anna, marito di Muscedere Annunziata, di anni 74, nato a Fontechiari e domiciliato a Vicalvi;

2) e sua moglie Muscedere Annunziata, fu Luciano e fu Di Donato Celeste, di anni 65, la quale però essendo ferita gravemente in data come sopra, morì poi in data 30 maggio 1944 ad ore 12. (+)

(+) Il Fatto avvenne così: due tedeschi armati chiesero alla loro figlia Anna, che era in casa, di dare il somaro; questa rispose che era in campagna a pascolare e si avviò per andarlo a prendere; i tedeschi credendo che fuggisse, le spararono appresso. Verso la casa di Leonardo Capozio incontrò il padre e la madre, disse loro che i tedeschi, che la inseguivano, erano venuti a prendersi il somaro e bisognava darglielo subito, pena la morte. Il padre, Loreto, si fece risentire un poco. I tedeschi allora spararono due colpi di pistola a Loreto uccidendolo subito, due colpi alla moglie Annunziata che rimase gravemente ferita e poi ne morì il 30 detto maggio e due colpi alla figlia che rimase anche lei ferita grave, ma poi guarì».

Quale il lascito della guerra al nostro paese?

Le difficoltà sopraggiunte, i cambiamenti indotti da un evento così devastante accelerarono il progressivo spopolamento del centro storico e, spiace dire, questo fenomeno fu accentuato dalla politica degli amministratori che, inasprendo l’insulso annoso contrasto esistente tra il centro e le borgate, scelsero di far morire la parte più antica, non sapendo prevedere che questo fatto avrebbe potuto portare alla decadenza di tutto il Comune.

Possiamo allora dire che Vicalvi è uscito dalla guerra tristemente sconfitto.

Come visto quindi nel nostro paese per alcuni mesi è stato presente un ospedale. Se si tiene conto dell’etimologia di questa parola si può dire che il paese tutto intero è stato un «ospedale» in quanto questo termine, derivato dal latino hospitale che significava «alloggio per forestieri», nella lingua italiana sta ad indicare, secondo il dizionario Treccani:

  1. luogo dove si alloggiano gli ospiti, anticamente ospizio per forestieri, e in genere asilo, ricovero per poveri.
  2. edificio, o complesso di edifici, destinato all’assistenza sanitaria dei cittadini.

Ebbene, durante l’occupazione tedesca, il paese accolse anche un discreto numero di sfollati provenienti dai paesi più direttamente coinvolti dalla linea del fronte, offrendo a tutti una casa e, utilizzando tutte le risorse e l’inventiva italica, si riuscì anche a fargli avere i generi di prima necessità di cui avevano bisogno.

È quindi doveroso, quale tardivo risarcimento, esprimere a una cittadinanza che purtroppo in massima parte non c’è più, un grande sentito ringraziamento.

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 Note

1 Per gli approfondimenti si rimanda al volume di R. Viglietta, Alvito nella seconda guerra mondiale, ed. Scienze e Lettere, Roma, 2010.

2 Uno di questi fu Mario Palombo figlio di Biagio, che ha raccontato l’episodio.

3 Secondo la testimonianza dei fratelli Mario e Pierino Ricciardi, figli di Raffaele.

4 Informazione avuta dal loro figlio Dante Saurini che era presente ai fatti.

5 Notizia avuta da Mario Coletti figlio di Raffaele che da ragazzo assistette agli eventi.

6 Queste autoblindo, di fabbricazione statunitense, furono assegnate ai reparti britannici e del Commonwealth. La Staghound (segugio) era un veicolo spazioso e ben corazzato provvisto di una torretta armata di un cannone da 37 mm e di una mitragliatrice coassiale Browning da 7,62 mm.

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