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Studi Cassinati, anno 2017, n. 1
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Il 3 marzo 2017 nella Sala degli Abati del Palagio Badiale di Casino si è provveduto alla presentazione dell’ultima ricerca, in ordine di tempo, svolta da Emilio Pistilli. Il presidente onorario del Cdsc-Onlus si è occupato di una questione originale, misconosciuta ai più o totalmente sconosciuta. Alla sua approfondita, attenta, accurata, scrupolosa e articolata ricerca è stata offerta dignità di stampa con un volume che non trova precedenti poiché non risulta che nel corso dei secoli sia mai stata data alle stampe una specifica pubblicazione riguardante il monastero di Santa Maria dell’Albaneta. Coerentemente ai propri fini, il Cdsc-Onlus ha assunto sulla questione un ruolo esclusivamente di tipo storico-culturale e ben volentieri ha sostenuto la pubblicazione e orgogliosamente la sua presentazione in considerazione della validità culturale della ricerca confluita nel volume:
Il volume si occupa delle vicende che hanno interessato il monastero di Santa Maria dell’Albaneta nella sua millenaria storia da quando cioè il complesso fu edificato da un monaco cassinese, Lucio, il futuro S. Luzio o Liuzio, il quale, trasferitosi alla badia di Cava dei Tirreni nel 987, fece ritorno a Montecassino nel 1002 ma preferì non abitare nell’abbazia cassinese, scegliendo, seguito da trenta monaci, l’Albaneta. Il principe di Salerno, il longobardo Guaimario, di cui S. Luzio era stato padre spirituale, lo sovvenzionò offrendogli il denaro per provvedere alle opere di costruzione della chiesa e delle celle dei confratelli nonché donò alla nuova istituzione molti codici e suppellettili ecclesiastiche.
Nel corso degli anni il monastero ha seguito le vicende di Montecassino in occasione delle distruzioni provocate dalle battaglie e dai terremoti che si abbatterono, nel corso dei secoli, su quelle montagne, cui fecero seguito le ricostruzioni. Anche S. Maria dell’Albaneta fu rasa al suolo dal terremoto del 9 settembre 1349 che causò la terza distruzione di Montecassino. Ulteriori violentissime scosse si abbatterono nel centro Italia la cui intensità e frequenza hanno prodotto danni notevoli alle strutture di S. Maria dell’Albaneta nel 1457 e nel 1692, cui si aggiunsero i terremoti locali di natura carsica. Quindi nel corso degli eventi della Seconda guerra mondiale seguì il destino di Montecassino culminato con la quarta distruzione del cenobio benedettino.
Nella sua ricerca Emilio Pistilli si sofferma a puntualizzare la posizione geografica del sito dell’Albaneta composto da un pianoro digradante in dolce pendio nell’omonimo vallone il quale segna, per buona parte, i confini tra i Comuni di Cassino e Villa S. Lucia, e contenuto dallo spuntone roccioso di quota 593, denominato il «Calvario» che lo domina.
L’autore non manca di fornire pertinenti indicazioni sull’etimologia del toponimo, oppure di descrivere i luoghi di interesse storico ubicati nelle vicinanze (la valletta di S. Rachisio, il monte Puntiglio, la chiesetta di S. Scolastica), oppure di riportare le vie di accesso al pianoro, cioè il reticolo di sentieri che si inerpicano lungo i fianchi dei monti per sboccare all’Albaneta, oppure di soffermarsi a rievocare, seppure sinteticamente, i due più cruenti eventi bellici, caratterizzati da aspri scontri militari, che nel corso dei secoli hanno sconvolto il pianoro: quello svoltosi nella primavera del 1229 combattuto tra l’esercito di papa Gregorio IX (i clavisegnati), e quello dell’imperatore Federico II, mentre l’altro cruento evento si è avuto nei primi cinque mesi del 1944. Dal febbraio a maggio intensissimi e violentissimi furono gli attacchi portati dall’esercito alleato per la conquista dell’Albaneta, delle valli e delle alture circostanti. Centinaia di soldati di tante nazionalità hanno perso la vita all’Albaneta o nei suoi pressi, tra attacchi e contrattacchi: da una parte tedeschi che si difendevano, dall’altra militari americani, neozelandesi, indiani e polacchi. Gli ultimi attacchi furono portati dalle compagnie polacche del generale Wladislaw Anders in due distinte azioni. Fu un bagno di sangue per i polacchi che riuscivano ad avanzare molto lentamente finché il 18 maggio poterono occupare i resti dell’abbazia di Montecassino ormai sgomberi. Oggigiorno tutta l’area dell’Albaneta è disseminata di opere e monumenti proprio in ricordo del sacrificio polacco (l’obelisco di quota 593, la croce di colle S. Angelo di quota 575, il carro armato Sherman con la croce fatta di cingoli posto quasi alla fine della Cavendish road e, poco più in basso, il sacrario militare).
Dunque oggi l’Albaneta ha in sé più forme di sacralità che esigono rispetto: sacralità religiosa data dalla presenza di un millenario monastero sebbene ora ridotto a ruderi ma che nel corso dei secoli ha ospitato personalità come San Tommaso d’Aquino o Sant’Ignazio di Loyola, sacralità laica rappresentata dai tanti uomini che hanno sacrificato la propria vita nel corso di cruenti combattimenti.
Il pomeriggio del 3 marzo è continuato con una serie di interventi relativi al progetto di restauro conservativo del monastero di Santa Maria dell’Albaneta. Ne hanno parlato dom Donato Ogliari, arciabate di Montecassino, il rettore dell’Università di Cassino, prof. Giovanni Betta, l’avv. Sandro Salera, l’arch. Giacomo Bianchi, curatore del progetto di recupero, e Daniele Miri che da qualche tempo ha preso in locazione l’intero complesso dell’Albaneta.
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