Erasmo Di Vito, Cassino 2015.
> Locandina di presentazione
.
Presentazione
Ripercorrere la biografia di un personaggio pubblico significa inevitabilmente ricostruire le vicende, le questioni, le dinamiche politiche, sociali, economiche e culturali che si sono andate sviluppando su un territorio in un determinato arco di tempo.
È il caso anche della presente pubblicazione incentrata su una figura come quella di Domenico Gargano che ha assunto i più importanti ruoli di gestione amministrativa a livello locale e provinciale.
Nel Comune di Cassino è stato consigliere dal maggio 1954 ininterrottamente rieletto per trent’anni, ha retto in più occasioni vari assessorati (urbanistica, edilizia, cultura, pubblica istruzione ecc.) e ne è stato sindaco per due mandati, un primo quinquennale dal 1961 al 1966, un secondo biennale dall’inizio del 1979 alla fine del 1980.
Nel mezzo altre importanti cariche istituzionali ricoperte, fra tutte quella di consigliere provinciale, eletto il 7 giugno 1970, e presidente dell’Amministrazione provinciale di Frosinone per il quinquennio successivo, e quella, seppur breve, di consigliere della Regione Lazio dall’estate 1984 al maggio 1985 e poi altre esperienze di gestione come presidente dell’Usl Fr/10 di Cassino e del Nic (Nucleo Industriale del Cassinate), di vicepresidente dell’Upi (Unione province italiane), di componente nazionale dell’Anci (Associazione Nazionale Comuni Italiani), ecc.
Inoltre ha ricoperto vari incarichi politici nell’ambito dell’unico partito di militanza, la Democrazia Cristiana.
In questi ultimi anni il panorama bibliografico locale si è andato arricchendo di varie e articolate opere incentrate su alcuni protagonisti della vita politica e sociale di Cassino e del Cassinate in genere, sulla quale hanno inciso fortemente.
È stato il caso, ad esempio, dei due primi sindaci della ricostruzione, Gaetano Di Biasio e Pier Carlo Restagno.
Ora con Domenico Gargano si allarga la visuale non solo, o non tanto, perché risulta dilatata temporalmente e territorialmente ma, soprattutto, perché la sua attività si colloca in un contesto molto differente rispetto al periodo precedente.
Infatti per i primi due, soprattutto per Di Biasio, l’impegno profuso si esplicò nell’emergenza a causa di una distruzione totale in cui tutto andava ricostruito sia fisicamente con l’edificazione di strutture pubbliche, di case per civile abitazione, di strade e ferrovie ecc., sia moralmente per i lutti, le difficoltà, la perdita dei propri cari e dei propri beni in un ambiente malsano dove albergava la malaria e perdurava l’eredità di nove mesi di cruenti battaglie a causa di tonnellate di ordigni inesplosi, mentre ai sopravvissuti, man mano, si aggiungevano gli sfollati che rientravano dalla diaspora nel nord, nel centro e nel sud Italia, i reduci, i prigionieri, tutti costretti a vivere con pochissime risorse economiche e materiali, con insufficienti prodotti alimentari, sforniti di medicinali e prodotti per l’igiene, con scarsissime opportunità occupazionali e con gli aiuti, i soccorsi, gli interventi dello Stato che si dimostravano assolutamente inadeguati anche a causa della scarsità di risorse pubbliche e della vastità di bisogni di quasi tutta la nazione.
Anche il sen. Restagno si trovò inizialmente a gestire questa fase di emergenza ma poi traghettò il territorio in una successiva di normalizzazione grazie anche agli aiuti del Piano Marshall, all’attivazione di enti statali come l’Ericas, al suo ruolo di parlamentare nazionale, nonché rifacendosi ai sui trascorsi professionali e utilizzando le conoscenze della nativa Torino.
L’impulso generato dalle gestione Restagno, particolarmente nel settore industriale e in quello bancario, fu enorme andandosi a innestare, a maggior ragione, nell’ambito di quella positiva fase di crescita e sviluppo nazionale passata alla storia come il «miracolo economico italiano».
A raccogliere l’eredità dell’attività di Restagno, dopo un triennio del prof. Pietro Malatesta, fu Domenico Gargano, prima consigliere comunale, poi assessore e quindi sindaco, la cui gestione amministrativa venne a caratterizzarsi all’interno di una nuova fase che potrebbe essere definita di modernizzazione del territorio.
La Cassino prebellica aveva da sempre basato la propria economia sulla produzione agricola, sulle attività artigianali e, particolarmente, sui commerci sfruttando una felice posizione baricentrica non solo rispetto ai Comuni limitrofi che gravitavano su di essa ma anche come riferimento di aree più ampie, coincidenti con la parte più settentrionale della storica provincia di Terra di Lavoro, e come punto di snodo quasi a metà tra Roma e Napoli in cui, non a caso, convergevano assi viari e ferroviari (per converso erano state proprio tali peculiarità a decretarne la totale distruzione nel corso della guerra).
La Cassino postbellica, uscita dalla fase di emergenza, tornò a sfruttare tali positivi aspetti.
Furono due i fattori, un provvedimento di natura legislativa e un intervento imprenditoriale nazionale, che dettero un contributo fondamentale all’ammodernamento del territorio.
Il primo fu l’approvazione della legge n. 646/1950 di istituzione della «Cassa per opere straordinarie di pubblico interesse nell’Italia meridionale» (la cosiddetta Cassa per il Mezzogiorno) che, non senza frizioni e polemiche, finì per includere nell’ambito delle zone di intervento anche il Lazio meridionale (anzi va rilevato che nelle iniziali intenzioni politiche le aree del Mezzogiorno interessate dagli interventi della Cassa avrebbero dovuto coincidere, con limitate eccezioni, con i limiti geografici dell’ex Regno delle Due Sicilie.
Ciò avrebbe comportato, per la provincia di Frosinone, l’esclusione della sua parte centrale e settentrionale.
Tuttavia agendo proprio sulla millenaria appartenenza storico-geografica di Cassino a entità statuali meridionali nell’ambito di un comprensorio che la riforma amministrativa del 1927 aggregò a Frosinone, fu possibile giungere all’inserimento di tutto il territorio provinciale nell’area di competenza della Cassa per il Mezzogiorno, parallelamente a quanto avveniva anche per quella di Latina).
Il secondo fattore è rappresentato dal passaggio a Cassino dell’Autostrada del Sole.
Il 6° tronco, Frosinone-Caserta, fu aperto il 22 settembre 1962 e significativamente la cerimonia di inaugurazione si tenne presso il casello autostradale di Cassino alla presenza delle massime autorità istituzionali italiane a fianco di Gargano sindaco.
Altro asse stradale importante, ma che giunse a fine realizzazione con ritardo rispetto ai tempi previsti, fu la superstrada Avezzano-Sora-Cassino-mare di cui si interessò fattivamente Gargano in qualità di presidente dell’Amministrazione provinciale di Frosinone.
Mentre negli anni Sessanta e Settanta del Novecento continuava in Italia quello sviluppo indotto dal boom economico, anche se quel ventennio si venne a caratterizzare per l’alternarsi di periodi di crisi che colpivano i settori produttivi e per le forti conflittualità politiche che dilaniavano i vari partiti, in particolare quello della Democrazia Cristiana, con conseguente ripercussione a livello locale (oltretutto non va dimenticato che proprio da Cassino era partito un progetto politico nazionale alternativo alla Dc, quello del Guerriero crociato), la gestione amministrativa di Domenico Gargano si esplicava in svariati settori.
In tal senso non appare un caso che per seguire la sua longeva attività politico-amministrativa l’intelaiatura della pubblicazione sia stata strutturata in capitoli tematici in cui l’impegno profuso si rileva in merito a importanti questioni socio-economiche affrontate.
Ne sono esempio i capitoli delicati all’industrializzazione che, con l’arrivo sul territorio di importanti società di livello internazionale (cartiera Relac, fabbrica di automobili Fiat e indotto), con il sostegno all’imprenditoria locale (come le Officine Meccaniche Miele), con l’istituzione di enti deputati allo sviluppo produttivo (Nic), operò profonde trasformazioni della società locale, oppure quelli sugli interventi effettuati nei diversi settori delle infrastrutture (la viabilità con strade, autostrada, e le reti ferroviarie), delle opere pubbliche (acquedotto comunale, mercato coperto, villa comunale, monumento alla pace, impianto di riciclaggio), della cultura (scuole di vario ordine e grado, Università, museo e area archeologica), dello sport e del turismo, fino alla politica dei gemellaggi e alla toponomastica cittadina, mentre un intero capitolo è dedicato all’attività svolta in qualità di presidente dell’Amministrazione provinciale di Frosinone.
All’istituzione di un Libero Istituto di Magistero, parificato nel 1968, ha fatto seguito la sua trasformazione, nel corso degli anni e con l’aggiunta dell’Isef e di Economia e Commercio, in Università degli Studi.
prestigioso risultato è stato raggiunto partendo da una felice intuizione attribuita a Domenico Gargano e alla signora Maria Cristina Jué Palmieri, cui si andò aggiungendo man mano il concorso di più soggetti locali, regionali e nazionali, non senza, però, critiche, opposizioni, ostacoli, contrasti, polemiche provenienti da politici e amministratori anche di Cassino, per i più svariati motivi.
Se grazie a quella lungimirante visione e a quel coacervo di sinergie la città può vantare ormai da un trentennio una salda realtà accademica, nel frattempo definita come Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, altre scelte operate, come, ad esempio, quella della localizzazione del complesso edilizio dell’ateneo, non si sono rilevate, alla prova dei fatti e degli sviluppi successivi, del tutto felici.
Nel corso della sua vasta esperienza amministrativa un’altra importante questione, tuttavia non coronata da successo, vide protagonista Domenico Gargano.
Nonostante l’impegno profuso ciclicamente fin dai tempi di Restagno sindaco, poi negli anni Settanta, con le sollecitazioni provenienti da Comuni campani e con il ritorno di Gargano alla carica di primo cittadino, e in quelli Ottanta con Mattei sindaco, non fu possibile giungere a soddisfare quell’aspirazione, vagheggiata per secoli, tesa all’istituzione di una circoscrizione amministrativa con capoluogo Cassino.
La questione, invisa a livello provinciale e, in parte, nazionale, osteggiata da altri importanti centri del comprensorio, non ebbe tuttavia quella unanimità di consensi, di cui avrebbe avuto bisogno, neanche a livello locale dove si era più propensi a polemizzare, ad esempio, criticando le tempistiche di sapore elettorale o incentrando il dibattito sul riassetto generale delle autonomie locali.
Le recentissime disposizioni legislative adottate dalla classe di governo sulla base, anche, dell’orientamento dell’opinione pubblica nazionale, dirette alla cancellazione dal panorama amministrativo locale dell’istituto della provincia come ente di gestione intermedio, tenderebbero a far ritenere superata la questione del mancato riconoscimento di Cassino provincia.
Tuttavia essa non va considerata solo negli aspetti amministrativi dell’ente con i suoi organi di gestione (presidente, giunta, consiglio), ma anche tenendo in considerazione il ruolo della provincia come circoscrizione di decentramento statale.
Infatti proprio a causa della mancata elevazione di Cassino a provincia, la ciclica adozione di programmi di dimensionamento degli uffici statali ha messo in pericolo svariate volte, nel corso degli anni, la presenza in città di strutture statali operanti in essa.
Quante volte la sua popolazione è stata costretta a manifestare, a scendere in piazza, a mobilitarsi per non vedersene privata?
È il caso, ad esempio, del Tribunale, più volte minacciato di soppressione, pur potendo vantare un carico giudiziario molto più significativo di tanti altri uffici giudiziari operanti a livello nazionale i quali però, essendo ubicati in capoluoghi di provincia, non hanno mai corso il pericolo di chiusura.
Oltre a tutte quelle questioni di più ampia caratura, la pubblicazione ne fa emergere altre quasi completamente sconosciute.
A parte il gemellaggio «scomparso» con la città tedesca di Kulmbach, capoluogo dell’omonimo circondario della Baviera, colpisce la vicenda del tentativo di istituzione a Cassino di una pinacoteca comunale.
Nel novembre 1984, nel corso delle manifestazioni per il quarantennale della distruzione della «città martire», furono esposte in mostra ventidue opere di altrettanti artisti di fama nazionale e internazionale che avrebbero dovuto costituire, su iniziativa di Domenico Gargano, in quei frangenti assessore alla cultura, il nucleo fondante di una istituenda pinacoteca.
Non solo la città di Cassino non si è poi più dotata di una pinacoteca ma degli stessi quadri donati non sembrerebbe esserne rimasta traccia.
Una vicenda che, secondo i corsi e ricorsi di vichiana memoria, appare similare a una avvenuta quasi un secolo prima.
Nel 1878 il ministero della Pubblica Istruzione, su sollecitazione dall’allora titolare del dicastero Francesco De Sanctis, l’insigne storico della letteratura italiana, concesse un finanziamento al Comune di Cassino destinato alla realizzazione di un museo che doveva raccogliere le epigrafi e i resti archeologici dell’antica Casinum rinvenuti dal sacerdote Filippo Ponari.
Tuttavia di quel museo e dei reperti non è rimasta traccia.
Un altro degli aspetti di significativo interesse della presente pubblicazione, al di là delle valutazioni personali che possono essere offerte da ognuno, dei meriti o delle critiche a seconda delle angolazioni di giudizio, risiede nel fatto che la ricostruzione appare accompagnata da un apprezzabile apparato documentario (articoli di giornale, estratti di delibere, verbali di riunioni, corrispondenza ufficiale di enti pubblici, manifesti ecc., oltre a fotografie d’epoca) di difficile reperibilità e, anche per questo, riutilizzabile per avviare altre ricerche o per arricchire le ricostruzioni già operate.
La documentazione pubblicata, ancorché inedita e dalla problematica rintracciabilità, si rileva interessante anche per chi ha già avuto modo di ripercorrere alcune vicende relative, ad esempio, ai tentativi di istituzione della provincia di Cassino o di soppressione della Diocesi di Montecassino.
Infatti tale apparato, con l’aggiunta di ulteriori tasselli utili per conoscere altri aspetti, finisce per arricchire la ricostruzione storica di quelle vicende, potendole considerare da altre angolazioni.
Cervaro 14 dicembre 2014
Gaetano de Angelis-Curtis
(190 Visualizzazioni)