Emilio Pistilli, Cassino, 2012.
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Presentazione
Un’operazione editoriale come la ristampa di un volume contiene in sé un’accezione estremamente positiva in quanto veicola la validità e la bontà dell’opera andata esaurita, doverosamente bisognosa di essere ripubblicata affinché possa continuare a diffondere il proprio messaggio nei vari circuiti storico-culturali, come in questo caso specifico de La torre campanaria di Cassino, editio aucta et emendata. Tale è il merito precipuo degli studi di Emilio Pistilli, tra gli ideatori e propugnatori e del Centro Documentazione e Studi Cassinati, presidente del sodalizio dalla sua fondazione al 2008 e per dodici anni direttore della rivista «Studi Cassinati».
Oltre alla felice definizione delle «cento Italie agrarie» offerta da Jacini nella prima Inchiesta sulle condizioni dell’agricoltura nazionale, l’Italia è il paese dei mille campanili. Ogni agglomerato urbano, paese, comune, città, si è venuto o è stato identificato da una torre campanaria, una rappresentazione che racchiude in sé un’identità territoriale che non è né va considerata in contrasto o in opposizione alla dimensione nazionale. L’amore per la propria terra può manifestarsi in molteplici e differenti modi e quello di Emilio Pistilli si estrinseca attraverso gli studi, ognuno di essi caratterizzato da competenza, scientificità e rigorosità, che ha dedicato al nostro territorio a partire, chiaramente, da Cassino, ma non limitandosi esclusivamente alla «città martire», essendosi occupato anche di altre questioni e altri comuni del Cassinate. Nell’arco di oltre mezzo secolo, – gli esordi editoriali pistilliani sono del 1960 – ha offerto più di una ventina di opere monografiche oltre a innumerevoli saggi, articoli e contributi apparsi su svariate riviste, conferendo così un articolato complesso di studi che rappresenta una sorta di «Memoria di pietra», significativamente una sua geniale idea almeno per non perdere traccia dei luoghi più emblematici della Cassino pre distruzione attraverso la dislocazione di enormi blocchi di marmo Coreno nei siti originari.
Le nuove generazioni hanno nei loro occhi le immagini riprese, ad esempio, dopo disastrosi eventi sismici con le torri campanarie smezzate, sbriciolate, con orologi spezzati a metà e campane in procinto di cadere. Generazioni di Cassinati, intendendo anche quelle dei centri limitrofi che fanno riferimento alla «città martire», non hanno cognizione della Cassino che fu, sventrata e spazzata via dalla furia bellica, al pari di quell’unico simbolo che ha resistito per un ventennio alla distruzione, quasi muto monito delle atrocità perpetrate a questo territorio e alle sue genti, abbattuto e scomparso a metà degli anni Sessanta. Si tratta della Torre campanaria le cui vicende storiche sono state considerate in questo volume nella loro complessità a tutto tondo, con un’accurata ricerca condotta sugli assetti costruttivi, fisici e materiali della struttura in sé, sulla molteplicità degli aspetti storici, fino a quelli simbolici, considerati, in particolare, rispetto alla data spartiacque del 15 marzo 1944.
Una struttura millenaria già risorta una volta dalla distruzione quando dall’originale e, come sembra, suggestivo campanarium gisolfiano della metà dell sec. IX, è stata riedificata una torre campanaria, forse desideriana d’inizio primo millennio, che ha ha vegliato sulla città per nove secoli, restaurata, consolidata, ristrutturata, sopraelevata, fino a essere dotata di nuove funzioni. Il volume, dunque, si sviluppa partendo dalle suggestive ipotesi relative alla datazione e alla struttura fisica della prima costruzione, per presentare, della successiva torre campanaria, prospetti architettonici, disegni, fotografie, comparazioni con manufatti similari, e poi vicende storiche approfondite attraverso puntuali indagini archivistiche, anche con testimonianze se del caso, relativamente, ad esempio, al basamento, ai vari piani, alle campane, fino alla sua demolizione ripercorsa anche attraverso un’abbondante documentazione, il tutto accompagnato, al contempo, da un apparato storico e documentario di rispetto, dagli inventari secenteschi all’importante carteggio con l’insigne monaco cassinese e ingegnere d. Angelo Pantoni. In sostanza la torre campanaria, ubicata nel cuore della Cassino che fu, vegliando direttamente sul polo giudiziario (il Tribunale) e su quello religioso (chiesa madre e palazzo abbaziale) e stagliandosi su quello amministrativo (Comune) e scolastico (Liceo-ginnasio) ubicati a poca distanza, con i suoi quattro o cinque ordini di piani, più quello soprelevato all’inizio del Novecento per installarvi l’orologio, con le sue cinque campane, con i suoi trenta metri di altezza ha scandito per un millennio i ritmi di vita della città. Il rimpianto per la doppia perdita di uno dei simboli di Cassino, la prima dovuta agli eventi bellici e la seconda alla demolizione degli anni Sessanta, è un elemento portante del volume. Condita anche da un momento lirico (che sembra riecheggiare i versi di pascoliana memoria «che hanno le campane che squillano vicine, che ronzano lontane?») inframezzato a cifre, analisi e questioni burocratiche, dalle pagine traspare un’amarezza di fondo sia per la decisione in sé di giungere all’abbattimento di quel che restava della torre campanaria sia, soprattutto, per l’inerzia e l’immobilismo successivo che hanno prodotto, da un lato la dispersione fisica del manufatto, fino alla quasi sua totale scomparsa, e dall’altro una sorta di damnatio memoriae, perché «ciò che non poté la guerra poté l’incuria».
Gaetano de Angelis-Curtis
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