San Germano vescovo: le sue reliquie e il suo culto nella tradizione del cassinate

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Studi Cassinati, anno 2017, n. 3
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Gaetano de Angelis-Curtis

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Statua di San Germano, con paramenti sacri, ubicata nella Chiesa madre.
Statua di San Germano, con paramenti sacri, ubicata nella Chiesa madre.

Germano nasce da una famiglia benestante di Capua nel V secolo. Fin da giovane si dedicò ad opere di carità, provvedendo all’assistenza dei poveri. Quando poi il padre morì, rinunziò a tutti i suoi beni, vendendo tutto il suo patrimonio e destinando tutti i suoi averi agli indigenti.

Quindi fu nominato vescovo ma questa sua elevazione episcopale non l’entusiasmò, anche se finì per accettarla. Tra il 529 e il 520 gli viene affidato un importante e delicato incarico. Il papa Orsmida (di Frosinone) lo scelse per porlo a capo di una ambasceria inviata a Costantinopoli con lo scopo di risolvere uno scisma nella chiesa cristiana iniziato qualche decennio prima (lo scisma d’Acacio) e che rappresentava la prima aperta separazione della chiesa orientale da quella occidentale. L’ambasceria capeggiata da Germano riuscì nell’intento di evitare lo scisma. Germano morì il 30 ottobre, l’anno non è ben accertato ma è stato fissato al 541. A Capua il corpo del vescovo fu seppellito nella cattedrale e quando poi gli abitanti si trasferirono nella nuova città edificata sul Volturno anche i resti di Germano furono traslati1.

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Reliquie

Trecento anni più tardi il corpo di Germano fu prelevato da Capua e portato a Piacenza. Nell’866 l’imperatore del Sacro romano impero, Ludovico II, scese nell’Italia centro-meridionale per riconquistare varie città del Sannio, della Campania e della Lucania che si erano ribellate e si erano poste sotto il dominio dei Greci. Nell’873, sette anni dopo il suo arrivo, Ludovico II, dopo aver riconquistato le varie città fra cui Capua che capitolò dopo un lungo assedio, ripartì, portando con sé il corpo del beato Germano, con l’intento di far ritorno in Francia dove però non arrivò mai perché morì presso Brescia nell’875. Non sono ben chiari i motivi per cui Ludovico II abbia voluto prendere le reliquie di Germano. Secondo alcuni il corpo del beato era stato donato dagli stessi abitanti di Capua all’imperatore quando la città si era arresa agli imperiali. Al fine di scongiurare la distruzione della città, gli abitanti vollero donare a Ludovico II la cosa più preziosa che possedevano. L’imperatore di fronte al corpo di Germano si commosse e non fece demolire la città. Secondo un’altra fonte era stata la moglie dell’imperatore, Engelberta, a voler il corpo di Germano che voleva donare al monastero che aveva fatto costruire vicino Piacenza e dove nell’annessa chiesa di San Sisto aveva già radunato le reliquie dei Santi Sisto, Fabiano, Marcello e Apuleio e proprio nella chiesa piacentina giunse anche il corpo di Germano. Nel frattempo, mentre l’imperatore era sulla strada per il nord Italia, passò per Montecassino dove fu ospitato dell’abate Bertario con cui era da tempo in strette relazioni. Bertario chiese allora in dono qualche prezioso resto e l’imperatore acconsentì memore dell’amicizia con San Benedetto. Lasciò una reliquia, un dito della mano e forse anche il cranio. La o le reliquie furono poste nel monastero di San Salvatore cioè nella chiesa che di lì a qualche tempo prese il nome di Collegiata di San Germano vescovo.

Quelle reliquie lasciate dall’imperatore Ludovico II nell’873 sono andate perdute quasi mille anni dopo, nel corso della Rivoluzione francese. Alla vigilia di Natale del 1798 le truppe del generale francese Championnet invasero il Regno di Napoli e il 30 dicembre occuparono Cassino. Dopo aver depredato il monastero di Montecassino e lasciato una guarnigione in città, i francesi si diressero a Napoli dove instaurarono la Repubblica Partenopea la cui esperienza fu di breve durata perché nella primavera successiva i francesi dovettero far ritorno in patria che era minacciata. Il 10 maggio 1799 le truppe francesi attraversarono di nuovo Cassino. Prima di giungere in città furono però attaccate e subirono delle perdite e per rappresaglia saccheggiarono il monastero di Montecassino nonché incendiarono una parte della città causando un gran numero di morti e probabilmente fu in tale occasione che le reliquie di S. Germano andarono disperse.

Nel 1846 fu l’abate di Montecassino Frisari che chiese e ottenne da Piacenza delle reliquie di San Germano (si trattava di metà della costola con altri ossicini). Anche queste reliquie sono andate poi perse nel corso della seconda guerra mondiale con la totale distruzione subita da Cassino. Per colmare la lacuna sono state portate da Piacenza altre reliquie di San Germano «accolte in forma solenne nella Chiesa madre» il 30 ottobre 1985. Parte delle reliquie, quelle cioè destinate a Cassino, furono poste in un piccolo ostensorio mentre quelle per Montecassino, furono sistemate in un cofanetto a vetri. Quest’ultimo fu esposto il 10 maggio 1998 a Piedimonte San Germano portatovi dall’allora abate di Montecassino, mons. Bernardo D’Onorio2.

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Culto di San Germano

Il culto di San Germano è ben presente nella tradizione cassinese per l’amicizia che lo legò a San Benedetto, con la visione dell’anima di Germano che ascende al cielo. Nei Dialogi di Gregorio Magno, nei quali viene narrata la vita di San Benedetto, si attesta, oltre all’amicizia tra i due santi, che alla morte del vescovo capuano San Benedetto abbia assistito alla visione dell’anima che penetra in cielo. Infatti vi si racconta che, mentre tutti i monaci erano andati a dormire, San Benedetto si fermò a pregare il Signore vicino a una finestra quando, all’improvviso, guardando nella notte fonda, notò una luce che risplendeva fortissima e poi mentre teneva lo sguardo fisso verso questo «splendore di luce fiammeggiante» vide che l’anima di Germano veniva portata in cielo dagli angeli in un globo di fuoco. Benedetto allora inviò un messo a Capua e seppe che la morte di Germano era avvenuta proprio nel momento in cui aveva avuto la visione dell’ascesa della sua anima in cielo3.

Oltre a ciò si deve aggiungere la donazione da parte dell’imperatore Ludovico II delle reliquie di Germano che furono poste nella chiesa del monastero del San Salvatore. Reliquie ritenute tanto importanti che indussero a cambiare il nome dell’edificio sacro, originariamente appunto di San Salvatore, al quale fu dato quello di chiesa collegiata di San Germano. Di lì a poco, evidentemente proprio per evidenziare l’importanza, anche l’abitato circostante, che l’abate Bertario aveva voluto si chiamasse con il nome grecizzante di Eulogimenopoli, cioè città di Benedetto, mutò denominazione e la città da allora si chiamò San Germano. Addirittura, in età moderna, a partire dal XVI e fino al XVIII secolo, si ebbe la sostituzione dell’antica e originaria denominazione di Terra Sancti Benedicti («Terra di San Benedetto») con quella di «Stato della città di S. Germano» che andò poi perdendosi dopo il 16694. Inoltre la città si scelse come proprio patrono San Germano.

Quando poi si giunse all’Unità d’Italia, ufficializzata il 17 marzo 1861, gli amministratori di San Germano decisero di avvalersi dall’opportunità offerta dalle nuove istituzioni italiane che, al fine di evitare omonimie dei nomi di città e paesi, avevano sollecitato le comunità locali a provvedere ad aggiungere un elemento di caratterizzazione alla denominazione del proprio Comune. A San Germano decisero di modificare integralmente la propria denominazione abbandonando il nome medievale della città, e che per circa mille anni l’aveva definita, per riappropriarsi di quello latino, italianizzandolo. Così il 23 maggio 1863 la città mutò nome passando da quello di San Germano a quello di Cassino5.

A partire da quel momento San Germano rimaneva ancora il titolare della Perinsigne collegiata e il patrono della città, festeggiato il 30 ottobre.

Nel corso delle drammatiche vicende della seconda guerra mondiale, la Perinsigne collegiata andò totalmente distrutta come tutta la città di Cassino. Avviata la fase di ricostruzione, l’abate Rea si vide costretto, fra l’altro, alla ridefinizione dei territori di competenza delle parrocchie di Cassino, con alcune di esse che furono soppresse o accorpate. Il 6 luglio 1946 fu conferito il titolo di arciprete della Perinsigne collegiata di Cassino a d. Michele Curtis che, contestualmente, fu nominato parroco di S. Pietro in Castro (al Colosseo). Con Bolla del 7 luglio 1946 e successiva dell’1 gennaio 1949, la Perinsigne collegiata di Cassino fu unita alla chiesa di S. Pietro ad tempus e ad personam.

Successivamente fu formata la parrocchia denominata del SS. Salvatore, S. Maria Assunta e San Germano vescovo, con quest’ultimo rimasto contitolare della denominazione, mentre invece, a ricostruzione avvenuta, la Perinsigne collegiata di San Germano vescovo perse titolo e nome e venne definita Chiesa Madre.

Qualche decennio or sono San Benedetto è stato elevato a compatrono di Cassino assieme a San Germano e il giorno di festività civile riconosciuto dallo Stato italiano, coincidente con il santo patrono della città, è stato spostato dal 30 ottobre al 21 marzo.

Attualmente solo Piedimonte San Germano, che riporta nella sua denominazione il nome del santo vescovo di Capua ed è l’unico Comune dell’area del Cassinate a conservarne il nome, sembra riecheggiare l’antica tradizione di venerazione di questo territorio nei confronti di San Germano.

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La Perinsigne Collegiata di San Germano Vescovo a Cassino prima del 1944.

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Note

1 Cfr. F. Carcione, S. Germano e il successo ecumenico della sua missione bizantina nel 519-520, in Id.(a cura di), Germano di Capua, Ed. Eva, Venafro 1999.
2 A. Molle, Figura e culto di S. Germano dalla cronachistica medievale alla storiografia moderna fino al Lentini: rassegna bibliografica, in F. Carcione (a cura di), Germano di Capua … cit., pp. 183-185.
3 F. Pericoli Ridolfini, S. Germano nei “Dialogi” di Gregorio Magno: rapporti con la spiritualità orientale, in F. Carcione (a cura di), Germano di Capua … cit., pp. 68-69.
4 L. Fabiani, La Terra di S. Benedetto, vol. III, Miscellanea cassinese, Badia di Montecassino, Montecassino 1980, pp. 13-17.
5 G. de Angelis-Curtis, Le variazioni della denominazione di alcuni Comuni dell’alta Terra di Lavoro: riflessi secondari dell’Unità d’Italia, Cdsc-onlus, Cassino 2013.

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