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«Studi Cassinati», anno 2018, n. 3
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di Costantino Jadecola
I pur ariosi spazi che si aprono intorno alla «Fossa», la dolina sul cui bordo s’inseguono le case di Campoli Appennino, non erano sufficientemente vasti perché la sua vivacità potesse trovarvi adeguato sfogo.
Campoli gli andava stretta e sebbene le possibilità economiche non costituissero un problema, anzi, tutt’altro, per il momento non poteva fare niente di meglio che accontentarsi di gettare di tanto in tanto uno sguardo verso la vallata e sognare mondi diversi.
Più fortunati erano stati i fratelli, Vittorio e Carlo, che, intrapresa la carriera militare, per forza di cose erano stati costretti ad andar via dal paese.
Ma finalmente arriva anche per lui il giorno della partenza e ciò accade quando uno dei due fratelli, o tutti e due, fanno ritorno a Campoli: per il notaio Francesco Cirelli e per sua moglie, Rosa Orlandi, i genitori, la compagnia, se di una questione di compagnia si tratta, è assicurata e nessuno ostacolo si oppone ormai perché Filippo possa finalmente lasciare il paese dove è nato (21 dicembre 1796) e far esplodere la sua vivacità nel golfo di Napoli, la sua ambita mèta.
Gli studi li aveva compiuto in Seminario, a Sora. Ma arrivato a Napoli non esita a riprenderli, anzi a ricominciare tutto daccapo, curando particolarmente matematica, fisica e chimica alla scuola di Lorenzo Fazzini, del quale è assistente prima di diventare egli stesso docente.
Ma gli interessi di Filippo Cirelli vanno ben al di là di quelle pur difficili materie; il fatto che sia «addetto all’Architettura civile» e «Maestro» di disegno nel Reale Istituto di Belle Arti, per concorso vinto nel febbraio 1827 (dal 17 settembre dello stesso anno ne diventa addirittura professore onorario), è, però, ancora ben poca cosa.
Filippo Cirelli è, infatti, uno di quei tipi che non finisce mai di stupire. Cosicché non desta meraviglia se, dopo l’esperienza didattica resta coinvolto in una raffinata elaborazione della scoperta di Moritz Hermann Von Jacobi, la galvanoplastica, che ha come fine la riproduzione di disegni mediante matrici grafiche.
Si tratta della «galvanotipia», o «elettrotipia», per la cui scoperta c’è l’encomio ed una speciale menzione da parte dell’Istituto di Francia, una citazione «con onore» nel Nuovo Dizionario Tecnologico, edito a Venezia, ci sono elogi da parte della stampa, anche estera, mentre «il Reale Istituto d’Incoraggiamento e la Consulta Generale del Regno di Napoli», scrive Pasquale Mastroianni, «proposero ed ottennero dal re, a favore del novello inventore, il privilegio di privativa della invenzione per dieci anni, tanti quanti richiesti dal Cirelli». Il quale, naturalmente, ha in serbo ancora sorprese: pare, infatti, che anche nella scoperta della «linotipia» ci sia la sua mano.
Se queste attività inventive di Filippo Cirelli costituiscono in pratica la sintesi dei suoi interessi scientifici ed artistici, e da questo punto di vista può anche intravvedersi un nesso logico, ciò che davvero stupisce di questo personaggio è il suo spirito manageriale: ancora quarantenne, è proprietario di una «tipografia e litografia» e direttore ed editore del «Poliorama Pittoresco», la più nota rivista napoletana, definita una «autentica enciclopedia della prima metà dell’Ottocento»: la fonda nel 1836 e la sua pubblicazione dura fino al 1860.
«Diretta a diffondere in tutte le classi della società utili conoscenze di ogni genere e a rendere gradevoli e proficue le letture in famiglia», come si legge nella testata, la rivista si avvale della collaborazione delle più note firme del tempo, tra gli altri, Genoino, D’Ayala, Malpica, Rocco, Winkelmann, Tosti, Bonucci, Sacchi, Lauria, Liberatore, Morgigni Novella, ed è arricchita, ovviamente, da migliaia di litografie ed incisioni in rame.
Ma l’editore Cirelli pubblica anche altre testate: «Medicina Pittoresca», «Lucifero» (un settimanale «scientifico, letterario, artistico e industriale»), «Il Giornale de’ Giovinetti», «La Madre educatrice», «Ore solitarie», «Il Sibilo».
Il Regno delle Due Sicilie descritto ed illustrato è un’opera «sussidiata» da Ferdinando II che avrebbe dovuto illustrare ogni singolo paese del Regno. Ma non viene ultimata per la morte di Cirelli. Che, come editore, pubblica, ovviamente, non solo opere di altri autori ma anche di grande prestigio: per tutte, la Storia della Badia di Monte-Cassino di don Luigi Tosti.
Non ci avesse pensato Pasquale Mastroianni a sollecitare almeno l’intitolazione di una strada, Campoli Appennino sino a dieci anni or sono ignorava totalmente di aver dato i natali a Filippo Cirelli (la sua stirpe è estinta) che, tutto sommato, qualcosa doveva pur valere e, peraltro, vale anche oggi se la quotazione di una collezione completa del suo «Poliorama» (una ventina di volumi per circa 8.000 pagine), rarissima, è valutata qualche milione.
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* Una edizione ridotta rispetto a quella che si propone in questa sede è stata pubblicata su «Lazio ieri e oggi», anno XXVI, numero 5 (maggio 1990), pp. 114-115.
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