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«Studi Cassinati», anno 2018, n. 3
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di Marizio Zambardi
Perché San Pietro Infine (Fig. 1) si chiama così? Per quanto riguarda l’etimologia dell’appellativo «Infine», l’ipotesi più plausibile e anche più accreditata è quella che fa derivare la parola dall’espressione «Ad Flexum», cioè «verso il flesso», ossia «dove flette». Toponimo che troviamo riportato sulla «Tabula Peutingeriana», a otto miglia da «Casinum» e a nove miglia da «Teano Scedicino», lungo la Via Latina (Fig. 2). È probabile quindi che nel luogo di «Ad Flexum», sito nella Valle di San Pietro Infine, l’antica strada romana piegasse il suo asse principale verso sud, così da raggiungere l’importante città di «Casilinum» (attuale Santa Maria Capua Vetere), da cui il toponimo «dove piega la strada», oppure «dove c’è la curva». Nello stesso punto, comunque, vi era un ramo secondario della Via Latina, una sorta di diramazione, che proseguiva per il Valico delle «Tre Torri», per poi inoltrarsi nel Sannio. Per capire bene la genesi di queste strade va precisato che il sito in questione (identificato in epoca romana con il toponimo «Ad Flexum») era già in precedenza un luogo importante, perché nasceva dall’incrocio di due assi viari preromani, uno metteva in comunicazione la pianura campana con la Valle di Comino, l’altro collegava la Valle del Liri con l’antico Sannio1.
Nel sito di «Ad Flexum», come accadeva spesso lungo le strade romane, dovette sorgere una «Statio», una stazione per il cambio dei cavalli, poi la «Statio» probabilmente divenne una «Mansio», cioè una stazione di servizio dotata anche di taverna per il ristoro e luogo di pernottamento. Con il passare del tempo la «Mansio» si ingrandì sempre più, tanto da divenire un «Vicus», cioè un piccolo villaggio2 che dovette rimanere in vita almeno fino al IX sec., quando, probabilmente, fu distrutto dai saraceni, forse contemporaneamente alla distruzione di Montecassino avvenuta nell’883.
Nel X sec., quando i monaci benedettini ritornarono nei loro territori per ripopolarlo e riorganizzarlo, probabilmente sui resti del «Vicus» eressero una chiesa. Infatti in un documento della fine del X sec. troviamo la locuzione «ecclesia S. Petri in Flea», che si riferisce a una chiesa dedicata a San Pietro situata nella località «in Flea». Inoltre sulle lamine bronzee della porta della basilica dell’Abbazia di Montecassino3, risalente all’XI sec. si trova la scritta «S. Petrus in Flia». I termini «Flea» e «Flia» sono evidentemente evoluzioni linguistiche della parola «Flexum». Don Giustino Masia in un suo libello sulla storia San Pietro Infine riporta una leggenda che vuole che la chiesetta di San Pietro sia sorta in ricordo del passaggio dell’apostolo Pietro4.
L’esigenza di difesa dall’attacco di altri invasori fece sì che, come accadde anche nelle altre parti del territorio, fu realizzato, alle pendici meridionali di Monte Sambùcaro, un nuovo borgo arroccato. Qui il borgo oltre a trovarsi protetto da valloni laterali fu munito di mura intervallate da torri di guardia e assunse l’aspetto di un «Castrum», cioè di una fortezza (Fig. 3). Tale borgo fortificato, proprio perché sorto nel territorio dove vi era la chiesa di «S. Petrus in Flia», venne identificato come «Castrum Sancti Petri in Flia».
Successivamente, perso ormai il ricordo della località sita lungo la via Latina denominata «Ad Flexum», e non trovando valide giustificazioni nell’interpretazione del termine «in Flia», per influenza della posizione geografica che faceva trovare l’insediamento medioevale arroccato di San Pietro al confine del territorio di San Germano, e quindi della Terra di San Benedetto, «in Flia» si trasformò nell’appellativo «in fine», cioè «alla fine» della Terra di San Benedetto, per poi assumere la locuzione attuale di «Infine».
Col tempo la chiesa di «S. Petrus in Flia», andò distrutta, forse a causa di terremoti, e fu poi riedificata e rinominata con il nome «Santa Maria del Piano». La località, infatti, è tutt’ora conosciuta con tale nome. Oggi di questa chiesa non rimangono che poche tracce dell’abside, chiamate dai locali «il torrione». Una curiosità: su molte carte topografiche il paese è chiamato «San Pietro in fra». Anche in questo caso è ipotizzabile che il termine «in fra» altro non è che una ulteriore mutazione del termine «in Flia».
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NOTE
1 Cfr. M. Zambardi, Organizzazione del territorio in corrispondenza della mansio «Ad Flexum», in E. Polito (a cura di), Casinum Oppidum, Università di Cassino, Ercolano 2007, pp. 161-169; M. Zambardi, La Via Latina nel territorio di «Ad Flexum», in Spigolature Aquinati, Studi storico-archeologici su Aquino e il suo territorio, (Atti della giornata di Studio – Aquino, 19 maggio 2007), pp. 113-124; M. Zambardi, La Taverna San Cataldo in S. Pietro Infine, in «Studi Cassinati», anno VIII, n. 3, luglio-settembre 2008, pp. 181-192; M. Zambardi, Rinvenimenti archeologici nel sito di Ad Flexum, in Per la conoscenza dei beni culturali, II, Seconda Università degli Studi di Napoli, Dottorato in Metodologie conoscitive per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali, Napol, 2009, pp. 41-51; M. Zambardi, San Pietro Infine: il sito di «Ad Flexum», in «Studi Cassinati», anno IX, n. 2, aprile-giugno 2009, pp. 92-95.
2 In passato alcuni autori hanno identificato il sito di «Ad Flexum» in località San Cataldo, presso l’attuale bivio di San Pietro Infine, ma, a partire degli anni ’80 del secolo scorso, a seguito di alcuni rinvenimenti archeologici ha preso piede la convinzione che il posizionamento esatto di «Ad Flexum» si trovi spostato a circa 700 metri più ad est, in località Santa Maria del Piano. Per la trattazione sulla storia degli studi su «Ad Flexum», e relativa bibliografia di riferimento, vedi M. Zambardi, Carta archeologica di un settore di territorio a confine tra la Valle del Liri e la Piana di Venafro, Tesi di Dottorato di Ricerca in «Metodologie conoscitive per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali», XXIII ciclo, Seconda Università di Napoli, anni 2007-2010.
3 Dove sono riportate tutte le località che erano di proprietà cassinese.
4 Cfr. G. Masia, San Pietro Infine e la sua Protettrice Maria Ss.ma dell’Acqua, Cassino 1964, pp. 155-156, 159.
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