Monte Sambùcaro (o Sammucro)

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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 3
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di Maurizio Zambardi

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Fig. 1. Monte Sambùcaro visto da Monte Cairo.

Monte Sambùcaro fa parte dell’estremità meridionale del Massiccio delle Mainarde. La sua punta più alta, che raggiunge la quota di 1205 metri, costituisce il punto d’incontro dei confini di tre regioni: Campania, Lazio e Molise (Fig. 1). Si trova, inoltre, a meno di venticinque chilometri, in linea d’aria, dal confine con l’Abruzzo. Nel circondario la montagna è seconda, per altitudine, solo a Monte Cairo, che raggiunge i 1669 metri. Le pendici di Monte Sambùcaro sono coltivate ad oliveto fino ad una quota di circa 400 metri, il resto della montagna è brulla, caratterizzata da rocce calcaree e da piccole e sparute macchie di verde (Fig. 2). Di particolare bellezza sono i terrazzamenti realizzati con muri a secco e le grotte, sia naturali che scavate dall’uomo. In giornate prive di foschia è possibile vedere, dalla cima, il Mar Tirreno.

Fig. 2. Il paese di San Pietro Infine posto alle pendici di Monte Sambùcaro.
Fig. 2. Il paese di San Pietro Infine posto alle pendici di Monte Sambùcaro.

La cresta rocciosa di Monte Sambùcaro (Fig. 3) è caratterizzata da località che prendono nomi vari, come «Colle Masenardi» (che ha una evidente affinità con il termine Mainarde), «La Scupara», «Forca d’acero», «Gliu Scalone», che altro non è che una salita molto ripida che porta in vetta, posta alla base di una parete a strapiombo, detta anche «La Ritta». Ad est della cresta, sul versante che affaccia sulla valle di San Pietro Infine, vi sono poi altre località note come «Marrochiano», che deriverebbe da «Marro piano», cioè un grosso ammasso roccioso posto in piano, e «Le Cosce di Dianora», ben riconoscibile anche dal paese. Quest’ultima località è caratterizzata da una profonda fenditura verticale posta tra due grossi ammassi rocciosi. Il nome, stando a quanto tramandato dai pastori del posto, deriverebbe da un singolare riferimento morfologico a «Dianora, una donna del luogo che, probabilmente, era di grossa corporatura o di facili costumi.

Fig. 3. La cresta rocciosa di Monte Sambùcaro.
Fig. 3. La cresta rocciosa di Monte Sambùcaro.

Il termine «Sambùcaro» deriverebbe, secondo alcuni studiosi, da «Sambuco» e cioè dalla pianta del sambuco che si doveva trovare in abbondanza sulla montagna (Fig. 3).

Riferimenti a tale toponimo si hanno già in documenti del XIII sec. Da una Inquisitio, del 1270, fatta nel territorio di San Pietro Infine, da parte dell’Abbazia di Montecassino, si apprende che l’Abbazia autorizzava il libero disboscamento di Monte Sambuculi: «in eodem Castro licet in Monte Sambuculi incidere cesam sine licenzia …»1. Mentre nel Registrum censuum et confinium di Bernardo I Ayglerio, risalente all’anno 1278, relativo ai confini medievali del comune di San Pietro Infine, troviamo la montagna indicata con serras Montis Sammuculi2.

Fig. 4. «Monte Sambucolo», particolare da un disegno di M. Guglielmelli (1715-1717).
Fig. 4. «Monte Sambucolo», particolare da un disegno di M. Guglielmelli (1715-1717).

Un altro riferimento a Monte Sambùcaro lo troviamo nella Tavola 9, ad inchiostro acquerellato, su carta, grande 72,6×46 cm, relativa al territorio di “S.to Pietro in Fine” (San Pietro Infine), di Marcello Guglielmelli (realizzata tra il 1715 e il 1717). Nella tavola il monte è indicato con il termine di «Sambucolo» (Fig. 4).

In una Carta Topografica del 1851, dell’Opificio Topografico di Napoli, in scala 1:20.000, Foglio n°13, n. 14, il Monte è indicato semplicemente con il nome «Sambucaro» (Fig. 5).

Mentre nella Tavoletta IGM n° 161, III NO (Venafro) della Carta d’Italia dell’IGM (Istituto Geografico Militare), in scala 1:25.000, del 1942, la località è denominata Monte «Sammucro» (Fig. 6), che corrisponde, in realtà, alla trascrizione letterale del termine dialettale di Monte «Sambucro», o «Sambucaro». Infatti nel dialetto locale le consonanti «mb» si pronunciano “mm”, come il caso di «Giambattista» che si pronuncia «Giammattista».

In chiusura di questa scheda su Monte Sambùcaro mi piace riportare uno dei tanti proverbi locali che ruotano attorno al Monte Sambùcaro, che ci fa capire quanta importanza avesse il Monte nell’economia agro-pastorale del luogo. Il proverbio dice: «Quann’ Sammucro te’ la cappa se uoie non chiov’ a duman’ nun scapp’», e cioè: «Quando Sambùcaro ha la cappa se non piove oggi domani non scappa», in parole più semplici: «Quando la vetta di Sambùcaro è coperta dalle nuvole, se non piove oggi domani non mancherà di certo».

Fig. 6. Particolare della Tav. 1:25.000 dell’IGM (Foglio 160, NE II).
Fig. 6. Particolare della Tav. 1:25.000 dell’IGM (Foglio 160, NE II).
Fig. 5. Particolare della Tav. 1:20.000, dell’Opificio Topografico di Napoli, Foglio 13°, n. 14, anno 1851.
Fig. 5. Particolare della Tav. 1:20.000, dell’Opificio Topografico di Napoli, Foglio 13°, n. 14, anno 1851.

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NOTE
1
Cfr. R. Merola, Un Insediamento della Terra S. Benedicti – Il castrum di San Pietro in Flia tra X e XIII secolo, in «Quaderni Campano-Sannitici» IX, Piedimonte Matese 2007, p. 18.

2 Cfr. A. Pantoni, San Pietro Infine, ricerche storiche e artistiche, (a cura di F. Avagliano) Marina di Minturno 2006, pp. 10-11.

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