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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 3
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di Erasmo Di Vito
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L’interessante incontro sull’emigrazione, tenutosi il 12 agosto 2019 in piazza Tari a Terelle, una terrazza verso la valle dal panorama straordinario e suggestivo, ha fatto emergere la storia migratoria di questo ameno borgo di montagna di soli 350 anime, che però negli anni era arrivato a contare anche una popolazione superiore ai 2500 abitanti.
Il “salotto” della piazzetta, antistante la chiesa parrocchiale di S. Maria Assunta, ha fatto da cornice ad un evento, organizzato dalla Pro Loco e patrocinato dall’Amministrazione Comunale, che ha raccontato la storia dell’emigrazione del paese con una sapiente miscela di musiche, balli tradizionali, testimonianze, poesie e lettere.
Ho avuto il compito di tracciare la storia migratoria di Terelle e del territorio; una storia che ha fatto emergere la singolare analisi del fenomeno migratorio di questo borgo affascinante, che parte dal ‘700 e non ancora arrestatosi.
Una migrazione, all’interno del nostro Paese e verso l’estero, lunga oltre 400 anni, forse singolare, iniziata con la transumanza.
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L’emigrazione in Italia – cenni
Il fenomeno emigratorio in Italia è stato particolarmente intenso nei 100 anni compresi tra il 1860, quando il Regno di Piemonte e Sardegna si estese a tutta la penisola italiana, ed il secondo Dopoguerra.
In questo periodo circa 25 milioni di persone, praticamente quasi la metà dell’attuale popolazione italiana, ha lasciato la penisola per trasferirsi all’estero a cercare lavoro. E per capire l’importanza di questo numero è ancora più significativo ricordare che nel 1901 l’Italia aveva una popolazione di appena 30 milioni di abitanti.
Invece il numero degli emigranti “definitivi”, nel solo periodo compreso tra il 1860 ed il 1941, cioè prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, è pari a circa 7,7 milioni.
Nel corso di tale secolo di emigrazione è significativo evidenziare che due sole regioni furono toccate molto marginalmente dal fenomeno, Emilia Romagna e Toscana, solo il 3% dell’emigrazione su scala nazionale.
Ovviamente questi numeri sono relativi alle sole partenze e non ai ritorni nel breve periodo, in quanto l’emigrazione storica italiana va separata tra emigrazione definitiva ed emigrazione provvisoria. Quest’ultima, infatti, si compone di italiani che si erano spostati in altre nazioni per periodi più o meno brevi, tornando nel paese d’origine dopo aver messo da parte un po’ di denaro, per riprendere la propria vita in condizioni migliori.
Nella prima fase dell’emigrazione italiana, quella tra il 1861 ed il 1900, le destinazioni estere degli emigranti italiani furono particolarmente Brasile ed Argentina e poi Stati Uniti, mentre in Europa i paesi privilegiati furono la Francia, l’Austria, l’Ungheria, la Germania e la Svizzera.
L’apice dell’emigrazione fu raggiunto nel 1913, prima dello scoppio della Grande Guerra, quando 1.000.000 di persone, di cui il 70% proveniente dal centro-sud, lasciò l’Italia questa volta privilegiando particolarmente gli Stati Uniti d’America. Dunque il picco emigratorio maggiore lo si ebbe prima della Grande Guerra, quando l’emigrazione fu un “fenomeno di massa”, particolarmente dovuto a tre fattori: povertà, disoccupazione ed elevata pressione fiscale.
La creazione del nuovo Stato non aveva di certo portato benessere alle zone occupate, che iniziarono ad accusare un progressivo decadimento; anche perché le risorse economiche e produttive, furono in gran parte trasferite al nord, favorendo nel Mezzogiorno l’aumento della disoccupazione e dei disagi sociali.
Le fasce più deboli, in particolare i contadini, si trovarono a fronteggiare carestie e povertà.
Nel frattempo, il governo sabaudo, per fronteggiare la crisi, aumentò le tasse impoverendo ulteriormente la popolazione, per il 62% anche analfabeta.
In questo panorama sociale ed economico, si innesta l’emigrazione di massa iniziata dopo l’occupazione del Regno delle due Sicilie, soprattutto dal 1901 in poi.
Dopo la Prima guerra mondiale la tendenza migratoria verso l’America si attenuò di molto, anche per le misure restrittive attuate dagli Stati Uniti tra il 1917 ed il 1924 e che finirono per favorire l’emigrazione all’interno dell’Europa, iniziando ad interessare anche la Gran Bretagna.
Inoltre con la prese del potere da parte del fascismo l’emigrazione fu attenuata dalla massiccia campagna voluta dal governo Mussolini.
Attualmente gli italiani all’estero iscritti all’AIRE (Anagrafe Italiani residenti Estero) sono oltre circa 5.200.000; 450.000 sono laziali (l’8,88%, secondi solo alla Sicilia con il 14,1%) e 54.317 sono provenienti dalla provincia di Frosinone (dati Istat 2016).
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L’emigrazione in provincia di Frosinone, valle di Comino e Terelle
L’emigrazione ha giocato un ruolo importantissimo nello spopolamento progressivo delle province laziali, in particolare quelle di Viterbo, Rieti e Frosinone.
Tra il 1951 e il 1981 gli abitanti dell’area Cassino-Sora si sono ridotti da 81.388 a 60.325. In particolare, nel periodo 1951-1971 la perdita migratoria di questo territorio ha superato sensibilmente il saldo naturale della popolazione, oltre la media provinciale e regionale.
Questo evidenzia che questo territorio è stato particolarmente interessato dal fenomeno migratorio, favorito, oltre che dalle condizioni sociali ed economiche, da un’economia prettamente agricola e dall’emarginazione territoriale.
Per rendere l’idea, ricordiamo che alla vigilia della Prima guerra mondiale, dalla sola Casalattico un folto gruppo di trecento italiani si trasferì a Dublino, per dedicarsi alla vendita di gelati. La Valle di Comino ed i suoi comuni, infatti, erano di fatto isolati, circondati dai monti, non avevano i migliori collegamenti viari di oggi con le aree di maggiore attrazione, come Cassino. Non era stata ancora realizzata la superstrada per Cassino e Sora e neppure quella per l’Abruzzo; mancava la galleria di Belmonte-Atina, vero tappo verso la città più importante del comprensorio. Non a caso furono proprio le popolazioni dei comuni montani della Valle, negli anni ’60, a salire sulle barricate per chiedere nuovi collegamenti viari, organizzandosi in veri e propri comitati. Come il «Pro Valle di Comino» che nell’agosto del 1966 manifestò a favore della realizzazione della strada di collegamenti Casalvieri-Roccasecca, ma ancora più decisamente a fine anni ’60, per ottenere la Cassino-Atina.
Gli studi sulle aree di partenza emigratoria hanno riguardato principalmente la provincia di Frosinone, che non a caso risulta la provincia in cui l’emigrazione all’estero continua a rappresentare una scelta di massa, già verso il 1980.
Diversi gli studi riguardanti la Valle di Comino, i suoi comuni e le aree immediatamente limitrofe, da cui emerge, e non a caso, che Casalattico, San Biagio Saracinisco, Acquafondata e Terelle risultano ai primi quattro posti tra quelli i cui residenti all’estero superano le residenze nei rispettivi paesi. Nel secondo dopoguerra i piccoli centri della Valle di Comino subirono un forte spopolamento, con il fenomeno dell’emigrazione “degli inglesi”, perché volta diretta quasi esclusivamente verso Inghilterra, Scozia ed Irlanda. Così la comunità di Casalattico è diventata addirittura maggioritaria nella popolazione italiana in Irlanda. Invece in Scozia il flusso degli emigranti è proseguito particolarmente verso Edimburgo, dove la comunità laziale supera il 40% del totale (oltre l’80% proviene dalla provincia di Frosinone, con Picinisco il comune più rappresentato). La migrazione verso l’Irlanda è entrata in crisi negli anni ‘70 a causa della concorrenza tra i Fish and chips (gestiti da italiani) e gli emergenti Fast food.
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Considerazioni su dati relativi a Terelle
Le comunità terellesi all’estero hanno mantenuto sempre stretti contatti con le tradizioni ed il paese d’origine, dove tornano periodicamente; come pure quelle di altri Comuni come Casalattico e Picinisco.
Sant’Egidio, patrono di Terelle, viene ancora solennemente festeggiato anche dai terellesi all’estero, in particolare a Toronto, Canada.
L’emigrazione è un fenomeno che spesso ha assunto caratteristiche cosiddette “a sciame”, di anno in anno e di paese in paese, con gruppi di persone che si sono mossi con la stessa destinazione, favoriti da canali di “instradamento” particolari: intermediari territoriali, amici e parenti già emigrati (catene migratorie), o altro.
Questi picchi localistici trovano spesso conferma anche a livello territoriale. Ad esempio, da Terelle, nel 1956 ben 297 persone sono partite verso il Canada e quello stesso anno il Canada risulta al primo posto tra le mete emigratorie privilegiate dai residenti in provincia di Frosinone con oltre 550 partenze (il 50% dalla sola Terelle).
Il fenomeno dell’emigrazione terellese può essere distinto in due fasi precise, quella “interna” e quella internazionale, legata ad almeno quattro cause diverse.
La prima fase la si può far risalire addirittura al ‘700, ed è strettamente legata alla transumanza pastorale, che portava i pastori terellesi nelle pianure pontine, specialmente nelle campagne di Terracina. L’estate, invece, i pastori terellesi la dedicavano ai lavori di campagna e all’orto. Agli inizi di settembre, proprio come recita la celebre poesia di D’Annunzio sulla transumanza, dopo la festa del Patrono, Sant’Egidio, il primo di settembre, i pastori terellesi si dirigevano con le loro greggi verso Terracina. Proprio la transumanza ha consentito ai pastori di Terelle di socializzare ed anche di radicalizzarsi nella cittadina laziale in luoghi limitrofi. Già all’inizio del ‘700 si ha notizia di un certo pastore Bianchi che ha fatto il guardiano della Torre dell’isola di Ponza, ormai spopolata. Negli anni successivi a Terracina si formò una vera e propria colonia di terellesi, con un insediamento di costruzioni in paglia e legno, poi diventato in muratura dopo un incendio. La migrazione maggiore verso Terracina si è avuta nel ventennio fascista, quando la bonifica dell’Agro pontino costituì una opportunità di lavoro sicura, tanto che Terelle, tra il 1921 e il 1931 passò da 3350 abitanti a 2558.
La seconda fase migratoria, quella al di fuori dei confini nazionali, la si può far risalire, come del resto in quasi tutto il territorio, già al 1860, quando la penisola fu unificata sotto un’unica entità istituzionale, il Regno d’Italia, portando i terellesi, principalmente negli Stati Uniti ed in Francia.
Terelle nel 1861, subito dopo l’occupazione sabauda del sud e la creazione di un’unica nazione nella penisola, contava ben 2.000 abitanti. Il censimento del 1911 mette in evidenza il picco più alto raggiunto dai residenti di Terelle, oltre 2.613, confermati anche nel censimento del 1921 (2.558). Un dato singolare, considerando che Terelle fece registrare, rispetto al censimento del 1901, un incremento della popolazione del 44,5%, mentre nello stesso periodo l’incremento medio nella provincia di Frosinone si attestò intorno al 15%.
Sia prima che dopo la Seconda Guerra mondiale, Terelle contava poco più di 2000 abitanti. Segno che i terellesi, passata la guerra, fino agli anni ’50 hanno preferito restare nel proprio paese, ricostruendo le case distrutte e rilanciando l’economia agro-pastorale, unica fonte di sopravvivenza. Poi, con l’arrivo dello sviluppo economico italiano degli anni ’60, anche i terellesi non hanno resistito alla tentazione di spostarsi ancora, questa volta, in via prioritaria, all’interno della stessa Italia. La discesa demografica è continua e inesorabile: nel 1961 gli abitanti a Terelle sono scesi a 1700.
I censimenti del 1971 (calo demografico del 37,5%) e 1981 (-11,7%) segnalano una popolazione di Terelle di circa 1000 abitanti, un trend negativo confermatosi nei decenni successivi: 750 residenti nel 1991 (calo del 25,8%), 600 nel 2001 (calo del 14,6%), 500 nel 2011 (calo del 23,7%); 422 nel 2016 e, dopo soli tre anni, nel 2019 siamo a soli 340 abitanti.
Se negli anni dal ’60-’90 il calo può essere giustificato da una emigrazione dovuta allo sviluppo economico italiano, ciò non è più vero per gli ultimi decenni, quando ha influito decisamente la ridotta natalità e disoccupazione.
Inoltre, i giovani che trovano lavoro e fanno famiglia preferiscono spostarsi verso i luoghi di lavoro.
Attualmente, i terellesi iscritti all’Aire (Anagrafe Italiani Residenti all’Estero), superano di gran lunga i residenti nel paese di origine: 463 contro 340.
La maggiore comunità terellese all’estero è residente in Francia (281), a seguire Canada (62), Irlanda (44), Germania (28), Svizzera (27), Regno Unito (15), Filippine (3), Stati uniti (2) e Belgio (1).
Terelle risulta al quarto posto della classifica dei comuni del Lazio con maggiore incidenza di iscritti all’Aire rispetto al totale della popolazione residente: Casalattico (118,91%), San Biagio Saracinisco (104,72%), Acquafondata (103.47%) e quindi Terelle (102,46%).
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Conclusioni
L’emigrazione, a Terelle, è legata a momenti e fattori diversi: alla transumanza (nel ‘700); alla crisi post 1860 della neonata Italia (povertà, tasse, mancanza di prospettive); allo sviluppo economico post anni ’60.
Ma emigrazione è anche trasferirsi oggi nella confinante Cassino, una città, più vicina alle terre e alle case di origine ma con servizi, bene collegata sia a livello viario (Casilina, Superstrada ed Autostrada) che ferroviario, anche se i tempi di percorrenza non sono di certo ottimali.
Oggi Terelle conta circa 350 residenti, di cui 4 di nazionalità straniera. Tra gli abitanti residenti c’è una sostanziale equità tra le varie fasce di età poiché ci sono 166 ultra sessantenni, pari alla metà della popolazione residente: un paese anziano; come molti piccoli borghi di montagna. Solo 5 sono i bambini inferiori ai 4 anni e solo 18 gli adolescenti tra i 5 e i 14 anni.
Ma se guardiamo il bicchiere mezzo pieno troviamo la notizia positiva: a Terelle si vive e si invecchia bene: un quarto della popolazione residente supera gli ottanta anni.: nessun centenario ma 13 novantenni e 53 ottantenni.
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Bibliografia
Arandora Star, Maria Balestracci, 2018
Gli italiani in Irlanda, Salazar 1912
ASEI Archivio Storico Emigrazione Italiana
Per una geografia dell’emigrazione italiana all’estero, Flavia Cristaldi, 2008
Studi Maria Renata Gargiulo, Sandra Chistolini, Lucio Maciocia, Adelina Miranda
L’Emigrazione tra il 1945-1960, Liceo Pellecchia 2004
Istat
Per la mia terra e la mia gente, Erasmo Di Vito 2015
«Annale storia regionale», Università degli Studi di Cassino, anno3/4, 2008-2009
Appunti personali vari
Sito www.laciociaria.it
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