Aquino: agevolazioni fiscali per i “coloni” di Valli.

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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 4
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di Costantino Jadecola

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Pianta d’epoca della «Selva detta Le Toccheta, e Valle, demanio della R[egia] C[amera]» (g.c. Angelo Nicosia).
Pianta d’epoca della «Selva detta Le Toccheta, e Valle, demanio della R[egia] C[amera]» (g.c. Angelo Nicosia).

«Da Casalattico scesero ad Aquino diverse famiglie di cognome Fusco e Morelli verso il 1750. In questo frattempo, anche da Santopadre vennero in Aquino varie famiglie di cognome Scappaticci, Capuano, Merolle, Sera, Di Folco, Ricci etc. In quel torno vennero pure le famiglie Quagliozzi da Roccasecca e Mazzaroppi da Piedimonte»: così mons. Rocco Bonanni1 accenna a quella che fu una vera e propria immigrazione quando Aquino era ancora feudo dei Boncompagni e tale sarebbe rimasto per altri 46 anni, ovvero fino al 1796 allorché sarebbe stato dichiarato “di regio demanio” in cambio di beni e diritti feudali per una rendita annua di circa 30 mila ducati2.

Ma perché queste famiglie si spostarono dai loro paesi per trasferirsi, armi e bagagli, ad Aquino? Perché, evidentemente, il feudatario che all’epoca gestiva la situazione – Antonio II (1735-1801), ovvero Antonio il giovane, “principe sovrano di Piombino” succeduto a Gaetano (1706-1777) – avrebbe offerto loro delle contropartite talmente allettanti da giustificare quel trasferimento: in sostanza, congrui appezzamenti di terreni.

Lo si deduce da un documento (Bollettino delle ordinanze de’ Commissarj ripartitori de’ Demani ex feudali e comunali nelle province dei RR.DD. al di qua del Faro – Appendice degli atti eversivi della feudalità. n. 3. Napoli, 1859, pp. 42-46) emesso il 25 settembre 1812 in Capua, allora capoluogo della provincia di Terra di Lavoro, dall’intendente duca di Alanno, commissario incaricato della divisione dei demani provinciali, nel quale, tra l’altro, si legge che «veduta l’Ordinanza emessa dal signor Cav. Martucci Commissario del Re in data dei 3 agosto 1811, relativa alla liquidazione degli usi civici rappresentati dal Comune di Aquino sulle terre ex feudali possedute in quel tenimento dall’Amministrazione della Casa Reale.

«Veduto l’articolo di quella ordinanza, che riguarda le colonie, espressa ne’ termini seguenti:

«‘Le colonie restano conservate in favore di coloro che le hanno acquistate. I coloni goderanno di tutti i favori della legge relativamente al pagamento della sola decima; alla commutazione del peso, ed al riscatto’.

«Veduta l’ordinanza di distacco da noi emessa in data de’ 23 maggio 1812, con cui sono stati dichiarati coloni perpetui sulle terre assegnate al Comune di Aquino coloro che han dimostrato la colonia oltredecennale.

«Veduto il verbale di liquidazione fatto in Roccasecca dal signor sotto-Intendente del distretto di Sora in data de’ 17 aprile 1812 pe’ coloni decennali delle terre rimaste alla Casa Reale, che han reclamato il beneficio della legge a loro favore per la prestazione del decimo de’ prodotti.

«Veduto finalmente il verbale della data de’ 6 agosto 1812 fatto di consenso tra ‘1 signor sotto-Intendente, di Sora e l’Amministratore della Casa Reale signor Bergering sulle pruove acquistate, e discusse tanto in favore de’ coloni, che della Casa Reale, e che in esso si convenne, che i coloni de’ terreni denominati Lago Seccavello, Selvareccia e Pantani non possono dichiararsi decennali per le pruove e ragioni addotte dal detto signor Amministratore, ma che all’apposto debbono dichiararsi tali i coloni delle terre sotto il nome di Campo l’Erario e delle Valli», la cui superficie complessiva supera ampliamente i 500 tomoli, come può dedursi dalle rispettive quote/parti, ovvero i 140 ettari essendo il tomolo aquinate quantificato in 2.800 metri quadrati.

Ma chi sono questi coloni?

Se si eccettua un bene «sul territorio denominato Campo l’Erario» di pertinenza di Francesco de Bonis «per tomoli circa venti in due partite», (intese, queste, per i numeri che identificavano le unità immobiliari a carico alla stessa ditta catastale, ovvero del proprietario del bene), tutti gli altri si trovano in località Valli ed appartengono a Filippo Fusco (diciotto tomoli circa in tre partite); Gregorio Fusco (quattordici in tre partite); Antonio Morelli (circa tredici in due partite); Andrea Morelli (circa tredici in due partite); Costanzo Fusco (circa tredici); Alessandro Morelli (circa ottanta); Francesco Fusco (circa cinquantaquattro in otto partite); Angelo Fusco (circa cinquantaquattro in sette partite); Costanzo Fusco (circa trentaquattro in otto partite); Pasquale Fusco (circa diciotto in tre partite); Domenico Fusco (circa ventisei in quattro partite); Onorio Fusco (circa ventisei in cinque partite); Giuseppe Gelardi (circa dodici in quattro partite); Benedetto Fusco (tomoli circa nove in due partite); Gaetano Terelle (circa dodici in quattro partite); Costanzo Morelli (venticinque in nove partite); Giovanni Morelli (circa quattordici in tre partite); Filippo Morelli (circa venticinque in quattro partite); Pasquale Nardoni (circa trenta in quattro partite); Andrea Nardoni (circa trentacinque in quattro partite); Giovanni Tirante (circa quattro); Rosa Fusco moglie di Francesco Venduti (circa tre); Mariantonia Fusco moglie di Carlo di Branco (tomoli circa due e mezzo); Maria Vittoria e Libera Fusco (tre quarti di un tomolo).

«Considerando che l’Amministrazione della Casa Reale ha riconosciuto i nominati coloni per coltivatori oltre del decennio, e che in conseguenza sono nel diritto di reclamare il beneficio che la legge loro accorda pel pagamento della sola decima dei prodotti dell’anno, esclusi i legumi, della commutazione del peso, e del riscatto di esso.

«Decide e dichiara» che tutti costoro «conserveranno le terre rispettivamente coltivate dal decennio a questa parte, e pagheranno all’Amministrazione della Casa Reale la decima del prodotto delle principali colture dell’anno, esclusi i legumi, ed in guisa che non soggiacciano a doppia prestazione nell’anno».

A comprova di ciò che scrive mons. Bonanni, cioè che questi coloni giunsero nella loro nuova patria dai rispettivi comuni d’origine nel 1750, quando i beni erano ancora del feudatario, è riscontrato dal fatto che nessuno dei loro cognomi compaia nel “catasto onciario” di Aquino – non avevano ancora redditi da dichiarare – né, tanto meno, nello “stato delle anime” del 1749 bensì sono tutti, o quasi tutti presenti, nel “catasto murattiano” del 18123 quando le loro rendite sono ormai ‘consolidate’.

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NOTE

1 R. Bonanni, Ricerche per la storia di Aquino, Prof. P. A. Isola Editore, Alatri 1922, p. 31.
2 F. De Negri, La ‘reintegra’ al demanio dello Stato di Sora: un momento del dibattito sulla feudalità nel Regno di Napoli alla fine del ’700. In Viabilità e territorio nel Lazio meridionale, Frosinone 1992, p. 89.
3 C. Jadecola, Il paese dei ‘bracciali’, Cdsc, Cassino 2007.

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