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«Studi Cassinati», anno 2019, n. 4
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di Maurizio Zambardi
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Oltre alle aree fortificate di epoca sannitica di Colle Marena Falascosa (San Vittore del Lazio) e di Sant’Eustachio (San Pietro Infine), poste entrambe sul versante occidentale di Monte Sambùcaro, un’altra area fortificata dello stesso monte è individuabile su Serra di Rocca Romana, posta a quota 957 metri circa1. L’area fortificata si trova sul punto più alto della cresta rocciosa della dorsale secondaria di Monte Sambúcaro, proprio a ridosso del passo montano denominato «Forcella del Moscoso». Passo che separa Monte Sambùcaro da Colle San Silvestro, una propaggine occidentale di Monte Corno.
Nella depressione tra i due monti si viene a generare una gola naturale che ha il suo punto più alto a quota 708 m. Sul versante occidentale di questa gola, proprio all’estremità più meridionale della dorsale di Serra di Rocca Romana si trova il paese di Ceppagna, mentre sul lato opposto della gola, aggrappato alle pendici occidentali di Colle San Silvestro, si trova il piccolo borgo di Le Noci.
Il passo di Forcella del Moscoso ha da sempre rappresento un punto obbligato di passaggio alternativo al Passo dell’Annunziata Lunga per coloro che dalla Valle di Venafro volevano raggiungere rapidamente la Valle di Cassino, e quindi la Valle del Liri.
In questa gola è stata di recente realizzata una strada carrabile sterrata molto impervia che serpeggia sul pendio orientale di Monte Sambùcaro, realizzata per lo sfruttamento boschivo delle alture. La strada rimarca, in parte, un antico sentiero utilizzato prevalentemente dai pastori per raggiungere le verdi distese di altura, quali quella della Radicosa, posta alle spalle di Monte Sambùcaro, e l’altopiano di Conca Casale, posto sul versante settentrionale dei monti Corno e Santa Croce.
Serra di Rocca Romana, ben visibile dalla Piana di Venafro, svetta come un grosso corno tra le cime circostanti2 (Fig. 1). Qui, su un piccolo pianoro terrazzato, posto proprio in vetta all’altura, sono ancora riconoscibili i resti di un ambiente quadrangolare in muratura, riconducibile ad un’antica torre di avvistamento. L’ambiente ha misure interne pari a m. 2,50 per 2,00, mentre lo spessore si attesta sui m. 0,55 circa. Il paramento interno si presenta con una cortina in opera incerta formata da scapoli di pietre, di piccola pezzatura, legati con malta (Fig. 2). Mentre la cortina esterna, visibile solo per sparuti tratti, risulta quasi totalmente sepolta da materiale di crollo e da terra. L’ambiente dista m. 4 circa da un muro di terrazzamento, posto più a sud, che delimita una spianata rettangolare allungata, leggermente pendente verso est. Sul piccolo pianoro emerge, nel versante nord-ovest, un ammasso roccioso alto circa un metro e mezzo.
Il muro di terrazzamento, composto da pietre di media pezzatura, giustapposte con l’uso di malta, è ben riconoscibile in particolare sul versante sud. Su questo lato il muro, alto in media m. 0,80, si estende, compreso alcune lacune, per una lunghezza pari a m. 44 circa, mentre se ne intravedono solo alcune tracce sul lato est per una lunghezza di m. 8 circa (Fig. 3).
Sul versante settentrionale, a ridosso di uno strapiombo, che genera un salto di un centinaio di metri, si può ricostruisce il profilo delle mura grazie alla presenza di alcune tracce di malta, rimaste saldamente legate alla roccia su cui fondavano. Il tratto, lungo m. 9 circa e spesso m. 0,80 circa, va a ricollegarsi con lo spuntone di roccia che emerge dal terrazzamento e di cui si è detto3 (Fig. 4).
È chiara l’importante funzione di avvistamento e di controllo che il luogo suggerisce. Da questa altura infatti si spazia con lo sguardo sulla Valle del Liri, su quella di Venafro e sulle alture circostanti (Fig. 5). Da qui sono anche ben visibili le aree fortificate di Colle Marena Falascosa4, Montecassino e Monte San Nazario5, propaggine del Monte Cèsima.
Da queste considerazioni e dalle strutture murarie rinvenute si ipotizza la presenza di una fortezza di età medievale, ma, considerata l’importanza strategica del luogo come punto di avvistamento e di controllo del passo montano, non si esclude la possibilità che la fortezza si sia reimpiantata su una struttura precedente di età romana, come suggerito anche dal nome stesso, o addirittura preromana.
Sulla stessa dorsale, nel punto di attacco con la parete ripida che conduce alla vetta, vi sono, su alcune aree terrazzate, i resti di più ambienti agro pastorali realizzati con muri in pietra viva senza l’utilizzo della malta. Quest’area terrazzata fungeva anche da passaggio obbligato per i pastori che dal sentiero che conduce al passo di Forcella Moresca volevano raggiungere rapidamente il grosso invaso che viene a generarsi tra le due dorsali nord orientali di Monte Sambùcaro. Nell’invaso confluisce l’acqua piovana e vi resta per gran parte dell’anno, garantendo, così, un terreno fertile sia dal punto di vista agricolo che pastorale (Fig. 6). L’invaso contiene, inoltre, vari elementi molto interessanti sia a livello geologico che storico. Questi sono:
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CRATERE CARSICO
La dorsale settentrionale di Monte Sambùcaro che va a ricongiungersi con la cresta rocciosa di Serra di Rocca Romana6 presenta a quota 850 metri circa un’ampia curvatura che interrompe la linearità della dorsale. La curvatura delimita, sul lato meridionale un’enorme cavea riconducibile ad un cratere carsico. Nella parte più bassa del bacino carsico, a quota 870 metri, si genera un piccolo avvallamento di forma tondeggiante dove si raccoglie, e permane per vari mesi dell’anno, l’acqua piovana. Il luogo è per questo motivo utilizzato dai pastori e dai bovari come luogo di stazzo. L’avvallamento, ampio circa mezzo ettaro, è delimitato lungo tutto il perimetro da un recinto formato da un muro a secco, alto più di 1 metro e spesso m. 0,80 circa. Il piccolo bacino carsico si trova proprio a valle della rocca fortificata di Serra Romana. Quest’ultima si trovava a svolgere, quindi, anche l’importante compito di controllo di quest’area, anch’essa strategicamente importante, grazie proprio alla presenza dell’acqua.
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POZZI-CISTERNE
Sempre nello stesso invaso, proprio a monte del paese di Ceppagna, in località Pozzi, in un ampio bacino vi sono alcuni grossi pozzi-cisterne di varia grandezza, alcuni dei quali visibili anche dalle foto aeree7. I pozzi, di incerta datazione, hanno una forma cilindrica che tende ad allargarsi leggermente nella parte inferiore e sono realizzati con pietre di medie dimensioni senza l’impiego di malta. Il pozzo più grande, che ha un diametro pari a 6,70 m. è una profondità di 4 metri circa, è bordato da un muro a secco che funge da parapetto, alto 0,80 m. e largo 0,75 m. circa (Fig. 7). A monte della vallata si riconoscono una serie di briglie in muratura a secco.
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CAVITA’ CARSICHE (inghiottitoio carsico)
A circa 150 metri più a valle della località «Pozzi», nascosta da un fico selvatico, vi è una profonda cavità carsica, ampia in sommità 2×3 m. circa e profonda 4 m circa. Alcune persone del posto, scese all’interno con una fune, riferiscono di aver notato uno stretto condotto naturale che prosegue per diversi metri nel ventre della montagna8. La cavità può essere meglio definita come «inghiottitoio carsico».
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STRUMENTI LITICI E FRAMMENTI DI BAUXITE
Nell’area si sono osservati anche alcuni strumenti litici (lame e raschiatoi) e numerose pietre di colore nero, in netto contrasto con la pietra calcarea del posto. Queste pietre hanno un profilo vagamente arrotondato e spigoli smussati e lisciati, con dimensioni che variano dai 2 ai 6 cm. Da un esame geologico è risultato che sono frammenti di bauxite. Tale minerale era di fondamentale importanza in antichità perché utilizzato come materia prima nella fusione di armi e strumenti metallici.
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RECITO IN OPERA POLIGONALE SU COLLE MORESCO
Nella parte più a valle dell’invaso, proprio a monte del paese di Ceppagna, in località Masseria Moresco, su un’ampia spianata posta su un’altura di Colle Moresco9, a quota 390 m, tra i tanti muri a secco, riconducibili a recinti di pastori e terrazzamenti agricoli, ve ne è uno di forma anulare che cinge la spianata dell’altura. Il recinto ingloba a sud-est un tratto di muro, che delimita a monte una serie di stretti terrazzi agricoli, che si estende per circa 30 m. in direzione est-ovest, per un’altezza di m. 2 circa. Nella parte più bassa del muro sono visibili dei grossi blocchi in pietra calcarea di dimensioni medie pari a 0,70×0,90 m. I blocchi, che si conservano anche per più filari, formano dei brevi tratti di muratura in opera poligonale. Non si esclude, quindi, l’ipotesi che le mura siano ciò che rimane di un recinto in opera poligonale di epoca sannitica che aveva l’importante ruolo di controllo, insieme al recinto di Monte San Nazario, dell’asse viario che dalla Piana di Venafro portava alla Valle del Liri, inerpicandosi per il Passo delle Tre Torri10.
Le foto e il rilievo sono dell’autore.
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NOTE
1 IGM, Foglio n. 161 (Isernia), III N.O, Tav. 1:25.000.
2 Il canonico Francesco Lucenteforte, uno studioso di storia patria di Venafro, a proposito di Roccaromana scrive: «Sammucro [Sambúcaro] è una montagna, che presenta diversi picchi, e tanto sulla cima, che sul dorso s’osservano nude rocce calcaree, specialmente dalla parte de’ così detti Marri di Roccaromana dove veggonsi dirupi, e massi accavallati gli uni sugli altri variamente inclinati e spostati» (cfr. F. Lucenteforte, Monografia fisico-economico-morale di Venafro, Vol. I, Cassino 1877 [rist. anast. Venafro 2003], p. 56).
3 Cfr. M. Zambardi, Carta archeologica di un settore di territorio a confine tra la Valle del Liri e la Piana di Venafro, Tesi di Dottorato di Ricerca in «Metodologie conoscitive per la Conservazione e Valorizzazione dei Beni Culturali», XXIII ciclo, Seconda Università di Napoli, anni 2007-2010.
4 Cfr. M. Zambardi, Recinti fortificati di età sannitica su Monte Sambúcaro e su Monte Santa Croce a Venafro, in Popolo dell’Italia Antica – Le antiche città scomparse, Atti del convegno, Formia 2007, pp. 135-184.
5 Cfr. M. Zambardi, Venafro: Emergenze archeologiche su Monte San Nazario, in «Studi Cassinati», anno XI, n. 1, gennaio-marzo 2011, pp. 15-24.
6 La dorsale determina anche il confine regionale tra il Molise e il Lazio.
7 Il Lucenteforte riporta la presenza di 11 pozzi (cfr. Lucenteforte, Monografia … cit., p. 56).
8 Il Lucenteforte riporta due cavità, di cui una sembra essere quella descritta dallo scrivente (cfr. Lucenteforte, Monografia … cit., p. 56).
9 I toponimi «Colle Moresco» e «Masseria Moresco», portano ad ipotizzare l’occupazione dell’area anche nel periodo delle invasioni saracene del IX-X secolo.
10 Cfr. M. Zambardi, «Il Valico fortificato delle “Tre Torri”, a confine tra Campania e Molise», in «Studi Cassinati», anno XIII, n. 3, luglio-settembre 2013, pp. 164-169; M. Zambardi, Venafro: Emergenze archeologiche … cit.; M. Zambardi, Un collare da schiavo e ceramica a vernice nera. Rinvenimenti su Monte Sambùcaro, in «Studi Cassinati», anno XII, n. 4, ottobre-dicembre 2012, pp. 276-282.
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