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«Studi Cassinati», anno 2020, n. 1-2
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di Emilio Pistilli
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IL «DANTEDI’»
Con direttiva del Consiglio dei Ministri è stata istituita la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri e definita «Dantedì» da celebrarsi il 25 marzo di ogni anno. La data prescelta non è casuale poiché va a coincidere con quella che gli studiosi avrebbero individuato come inizio del viaggio ultraterreno della Divina Commedia iniziato il 25 marzo 1300 con l’uscita dalla «selva oscura» e la discesa negli inferi e terminato il primo aprile.
Anche il Cdsc-Onlus ha inteso rendere omaggio al sommo poeta in occasione del «Dantedì» tramite un agile opuscoletto in pdf curato da Giorgio Bertossi (rintracciabile all’indirizzo www.cdsconlus.it/index.php/2020/03/26/1389) che richiama lo specifico studio di Emilio Pistilli sul Codice cassinese della Divina Commedia stampato per volontà di don Luigi Tosti nella Tipografia di Montecassino nel 1865 (apparso su «Studi Cassinati», n. 2, a. XII, aprile-giugno 2012, pp. 106-116).
Altro omaggio è quello dell’articolo che segue con Emilio Pistilli che pone una sua originale interpretazione del passo del Paradiso su «Cassino».
Non si riferisce a San Germano ma alla badia di Montecassino
il passo dantesco «Quel monte a cui Cassino è ne la costa»
Non è Cassino ma Montecassino
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di
Emilio Pistilli
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Ancora sorgono dubbi e discussioni sull’identificazione del toponimo «Cassino» usato da Dante Alighieri nella Divina Commedia e sull’uso del nome San Germano per l’odierna Cassino.
Occorre fare un po’ di chiarezza. Perciò partiamo dall’inizio.
All’origine c’era la città osco-sannita e poi romana di Casinum situata sulle pendici sud orientali del monte Cassino, odierna località Colosseo.
La città romana conservò il nome di Casinum fino alla caduta dell’Impero e alla conseguente decadenza della stessa città; da allora il termine Casinum rimase per un certo tempo legato al borgo di S. Pietro (l’attuale rione Colosseo), dapprima col toponimo Castrum Casini, poi, in seguito alla costruzione della chiesa dedicata a S. Pietro da parte di Scauniperga, moglie di Gisulfo, nel secolo viii, il luogo prese il nome Castrum Sancti Petri e successivamente S. Pietro a Monastero1.
Intanto nel sec. VI (a. 529) Benedetto da Norcia fondò il suo monastero sulla cima del monte che sovrasta l’antica Casinum dove sorgevano ancora i resti dell’antica acropoli sannitica. Gregorio Magno, il biografo di San Benedetto, definisce quel luogo Castrum quod Casinum dicitur2.
Nei secoli successivi ai piedi del monte, dove sgorgavano acque in abbondanza e si innalzavano ancora cospicui resti di epoca romana – secondo una persistente tradizione lì c’era il foro di Casinum –, distante oltre un chilometro dal sito del Castrum Casini, furono innalzati chiese ed un monastero di monaci benedettini, nonché la sontuosa basilica del Salvatore. Nell’883 l’abate Bertario pensò di far sorgere una nuova città in quel sito ed iniziò a far costruire le mura. Aveva scelto anche il nome della nuova città: Eulogimenopolis, cioè Città di Benedetto. Senonché un’incursione di Saraceni provenienti dalla foce del Garigliano stroncò quel tentativo uccidendo l’abate nella chiesa del Salvatore.
Nell’anno 874, passò da quelle parti l’imperatore Ludovico II che lasciò una reliquia del santo vescovo di Capua Germano, che era stato grande amico di S. Benedetto. Forse da allora la chiesa del Salvatore mutò la dedica a S. Germano assumendone il nome.
Bisognerà attendere l’abate Atenolfo (ab. 1011 – 1022), perché si riprendesse l’iniziativa di Bertario della costruzione di una nuova città e ad essa diede il nome di S. Germano traendolo dal titolo dell’omonima chiesa3.
Tale nome restò in vigore fino al 1863, quando, con delibera del Consiglio Comunale del 23 maggio e successivo regio decreto di Vittorio Emanuele II del 26 luglio, n. 1425, prese il nome attuale di Cassino4.
Dunque dalla nascita della città ai piedi del monte abbiamo tre realtà distinte: S. Germano, San Pietro a Monastero e Montecassino, ciascuno con il proprio nome.
Senonché – e veniamo al punto – dalla lettura di antichi testi possono sorgere dei dubbi o delle confusioni.
Una me l’ha posta di recente l’amico Fernando Sidonio. In un passo del Chronicon, mi dice, si legge che l’abate Aligerno (ab. dal 948 al 985) verso la metà del sec. X era intento a recuperare i possedimenti cassinesi che il gastaldo di Aquino, Adenolfo Megalu, aveva sottratto alla Terra di S. Benedetto, approfittando dell’abbandono di Montecassino da parte dei monaci in seguito all’incursione dei saraceni, cui si è già accennato; a tale proposito nella Cronaca cassinese si legge: «Aquinenses etiam, quibus Adenolfus quidam cognomento Megalu incastaldeum preerat, ab ipso fere Casino, qui non integris duobus milibus a civitate Sancti Germani abest […]»5; cioè: a partire da Montecassino, che dista meno di due miglia dalla città di San Germano …, dal passo si può arguire, secondo Sidonio, ma anche altri, che la città di Cassino già allora (metà del sec. X) era denominata San Germano.
Non ritengo corretta tale interpretazione per il semplice motivo che l’autore del testo, Leone Ostiense, scrive il secondo libro della sua Cronaca attorno al 1057; per questo fornisce un’indicazione topografica ai lettori del suo tempo; dunque non sta riportando un testo originale del secolo decimo, quando la città di San Germano ancora non esisteva, come abbiamo visto più su. In altre parole vuol solo far capire ai suoi lettori dove è collocato il monastero, che chiama «Casino». Il senso logico era quello di segnalare quanto territorio Adenolfo aveva sottratto al patrimonio di San Benedetto, cioè Casino alias Montecassino, come dicesse: fino a due miglia da quassù.
Piuttosto mi soccorre, questo passo, a conforto di quanto dirò più avanti.
Una seconda questione sorge dalla lettura del passo di Dante della Divina Commedia, Paradiso, canto XXII, 37-45, dove fa dire a San Benedetto:
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«Quel monte a cui Cassino è ne la costa
fu frequentato già in su la cima
da la gente ingannata e mal disposta;
e quel son io che sù vi portai prima
lo nome di colui che ‘n terra addusse
la verità che tanto ci soblima;
e tanta grazia sopra me relusse,
ch’io ritrassi le ville circunstanti
da l’empio cólto che ‘l mondo sedusse».
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Motivo di discussione è il primo verso: «Quel monte a cui Cassino è ne la costa».
A cosa si riferisce Dante quando scrive «Cassino»?
Molti vogliono vederci l’odierna Cassino, altri la Casinum romana. A trarli a questa conclusione è senz’altro la preposizione articolata «ne la» associata al termine «costa», intesa, questa, come fianchi, pendici della montagna. Dunque si esclude che potesse trattarsi di Montecassino: se così fosse infatti, il sommo poeta avrebbe scritto «su la costa».
Ma basta una preposizione a mutare un contesto topografico?
Non sono per nulla d’accordo.
Non dimentichiamo che Dante visse dal 1265 al 1321, quando l’odierna città si chiamava San Germano; e siamo arrivati a questo dopo la lunga premessa.
Il mondo al suo tempo conosceva Montecassino e, immagino, pochissimo San Germano. Dunque per far sapere ai suoi lettori di quale luogo stesse parlando il santo Benedetto, non avrebbe avuto senso ricorrere ad un luogo pressoché anonimo per indicarne uno noto a tutti.
Allora mi si dirà che il poeta si riferiva alla città romana di Casinum: infatti l’antica città sorgeva sui fianchi (la costa) del monte: qui varrebbe analogo discorso appena fatto.
Tuttavia analizziamo meglio.
Innanzitutto se così fosse avrebbe usato la forma Casinum, con una sola «s», ma ci sarebbe da dissertare anche su questo.
Al tempo di Dante la località romana veniva denominata San Pietro a Monastero (nella forma latina del tempo); dunque «Cassino» non avrebbe avuto senso. Mi si dirà che il poeta volesse riferirsi al toponimo del tempo di Benedetto, ma in questo caso si dovrebbe dire che egli stesse facendo un viaggio nel tempo; invece il suo è un viaggio nell’aldilà; infatti incontra l’anima del santo che parla a lui vivente, cioè nel sec. XIII/XIV.
Ma qui riprendo quanto detto più su riguardo ad Adenolfo Megalu: Casino, cioè Montecassino, dista poco mento di tre chilometri da San Germano, che è la distanza effettiva con le strade dell’epoca. Dunque Leone Ostiense chiama il monastero «Casino».
Ancora nella Cronaca cassinese di Leone, quando si parla della venuta a Montecassino del re Ratchis, precisa che la moglie Tasia e la figlia Rattruda furono ospitate nel monastero femminile di Piumarola «non longe a Casino»6, dove, con questo toponimo non si può che riferirsi al monastero.
Come si vede nell’opera monumentale di Montecassino, il Chronicon, il luogo del monastero è indicato spesso come «Casino».
E ce lo conferma la Cronaca del Waitz si legge: «[Rachis rex Langobardorum, dimisso regno, ad beati Benedicti limina cum sua uxore Tasia et Rottruda filia, uterque monachico abitu induti]. Iste hic in Casino, illa in Blombarolia vita finierunt»7, dove alla fine dice: lui (Ratchis) a Montecassino, quelle a Piumarola.
Ma a togliere ogni residuo di dubbio sul passo dantesco ci soccorre Pietro Diacono (leggasi Riccardo da San Germano)9, che nella sua Cronaca9, usa molto spesso la forma «Casino» riferendosi al monastero. Ciò ha tratto in inganno diversi studiosi dell’opera del notaio Riccardo, non ultimo Giuseppe Sperduti, autore di una traduzione della Cronaca nel 199510. Ritenendo che «Casino» corrispondesse all’attuale Cassino, ha più volte falsato lo svolgimento degli eventi narrati da Riccardo.
Va precisato che Riccardo da Sangermano, vissuto tra il 1165 e il 1243, autorevole fonte storica, specialmente per l’imperatore Federico II, con la sua opera fu certamente molto noto ai suoi tempi. Mentre Dante Alighieri, vissuto dal 1265 al 1321, di poco posteriore al notaio cassinese, non poteva ignorare l’opera di questi. Sarebbe stato dunque ben strano riferirsi alla sottostante città di San Germano chiamandola «Cassino».
Allora ripeto per la terza volta: volendo dare una indicazione topografica per far sapere ai suoi lettori dove si trovava Montecassino poteva mai ricorrere ad una località certamente meno conosciuta ai suoi tempi quale era la città di San Germano? E anche ammesso, perché ricorrere all’antica denominazione del castro romano? E perché «Cassino», con doppia «SS», anziché «Casino»?
Infine del transito del nome Casinum all’odierna Cassino ho già trattato in altra sede a cui per brevità rinvio11; mi limito a segnalare che nella grafia medioevale la lettera «s» aveva spesso la doppia asta per cui successivamente la si è trascritta con «ss». Si veda qui l’esempio in foto:
le «s» con doppia asta nelle parole «castro», in prima riga, e «casin» nell’ultima. Il testo appartiene al Regesto II dell’Abate Bernardo I Ayglerio, anno 1273.
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NOTA
1 Anonimo Cassinese, Chronica S. Benedicti Casinensis, in M.G.H. Script. “Rerum Langobardarum et Italicarum”, saec. VI-IX, Hannoverae, 1878, pag. 480. Sulla questione del toponimo si veda E. Gattola, Accessiones ad Historiam Abbatiae Cassinensis, Venetiis, 1734, Vol. II, pp. 743-747.
2 Gregorio Magno, Dialoghi, libro II, cap. VIII.
3 Chron. Cas., II, 32: «Civitatem deorsum circa ecclesiam domini Salvatoris, quam supra diximus a S. Martyre Christi Abbate Berthario inchoatam, ex magna parte construxit».
4 G. de Angelis Curtis, 23 maggio 1863: da San Germano a Cassino, in «Studi Cassinati», nn. 1-2, gennaio-giugno 2013, pp. 6-12.
5 Chronica Monasterii Casinensis, in Scriptores XXXIV, curata da H. Hoffmann, MHG Hannover 1980.
6 Chronica Monasterii Casinensis, I, VIII.
7 Chronica Sancti Benedicti Casinensis, ed. Georg Waitz, MGH SS rerum Langobardicarum, Hannover 1878, 487.
8 Nato a San Germano, da cui trasse il suo appellativo, notaio imperiale, nel 1165 circa, morto tra il dicembre 1243 e i primi mesi del 1244.
9 Ryccardi de Sancto Germano notarii Chronica, ed. G. H. Pertz, in Monumenta Germaniae historica. Scriptores. Scriptores rerum Germanicarum in usum scholarum separatim editi, 53; Hannover 1864.
10 G. Sperduti, Riccardo da S. Germano, La Cronaca, Ciolfi, Cassino, 1995.
11 E. Pistilli, Perché Cassino e non Casino. Alla ricerca di una «s» in più, in «Studi Cassinati», nn. 1-2, gennaio-giugno 2013, pp. 20-22.
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