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«Studi Cassinati», anno 2020, n. 1-2
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di Maurizio Zambardi
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I ruderi della chiesetta di Sant’Eustachio si trovano all’interno del “recinto alto” fortificato di epoca sannitica, costituito da grossi blocchi in pietra calcarea locale, sovrapposti senza l’uso della malta (fig. 1). Il nome della chiesetta ha dato, nel medioevo, il nome allo sperone roccioso che si stacca come una gemma dal versante meridionale di Monte Sambùcaro (fig. 2).
Nel 1570 la chiesa rurale di Sant’Eustachio (all’epoca denominata Santo Eustasio) era beneficio del sacerdote Antonio Buttafuoco di San Germano, l’odierna Cassino. Nel 1760, con autorizzazione abbaziale, venne concesso a Francesco C. Nicandro di San Pietro Infine di dimorare come eremita presso Sant’Eustachio, mentre l’anno successivo la chiesa versava in condizioni di abbandono, come risulta dal rendiconto di una visita dell’Abate di Montecassino a San Pietro Infine: «Sant’Eustachio ai Monti non fu visitata, perché ridotta ormai a uso di stalla».
Dai resti si desume che la chiesa era ad ambiente unico con pianta rettangolare di dimensioni 2,70 m per 6,50 m. L’orientamento è est-ovest, con entrata a ovest, come era in uso in passato, cioè con l’abside posizionata al sorgere del sole. In realtà è più corretto parlare di una pseudo-abside poiché la curvatura è evidenziata solo nella parte esterna della struttura, ottenuta con un ispessimento del muro stesso (figg. 3 e 4).
Lateralmente alla chiesa, sul lato nord, vi è un piccolo ambiente a forma quadrangolare che doveva fungere da sagrestia o comunque a servizio della chiesa stessa. La copertura dell’ambiente principale era a volta ribassata realizzata con conci di pietra rozzamente squadrati. Il piccolo vano sagrestia era probabilmente coperto con un solaio in legno e tegole. Don Giustino Masia riferisce che vi era un eremita che venerava San Filippo Neri.
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LA CISTERNA
Sul lato est della chiesa, a pochi metri dalla muratura absidale, vi è una cisterna a pianta circolare del diametro di circa 2,50 metri (fig. 5). Essa è realizzata con pietrame legato con malta ed è rivestita con uno strato di cocciopesto di spessore medio pari a 4 centimetri circa. La cisterna, che attualmente affiora dalle rocce, è profonda in media un metro a causa del materiale di risulta che contiene, ma certamente è molto più profonda. È difficile stabilire l’epoca della sua costruzione. Solo un attento esame dei materiali con cui è realizzata consentirebbe di conoscerla con certezza. Fino ad allora rimane il ragionevole dubbio se la cisterna sia da mettere in relazione con la muratura sannitica o con la chiesetta rurale.
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LA FORNACE PER LA CALCE
Nella parte nord del recinto, a circa 18 metri dalla chiesetta di Sant’Eustachio, vi sono i resti di una fornace per la produzione di calce, avente un diametro pari a 2,30 metri (fig. 6). Tale struttura risale certamente all’epoca di costruzione della chiesa. La calcinaia è posta quasi a ridosso del recinto, cioè in posizione vantaggiosa per il reperimento della materia prima, poiché la stessa era fornita dai blocchi calcarei del recinto sannitico. Era sufficiente farli rotolare all’interno del vano del calcinaio, utilizzando semplici tronchi di legno a mo’ di leva. Inoltre, la fornace era più prossima alla zona alberala di Monte Sambùcaro, dove veniva reperito il legname necessario per alimentare il fuoco della fornace stessa. In ciò che rimane della parete della fornace è riscontrabile una piccola apertura ad arco che è realizzato con conci di pietre rozzamente sgrossati. L’apertura, svasata verso l’interno, serviva ad alimentare il fuoco della fornace. Non si esclude però la possibilità che essa venisse riutilizzata come forno.
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L’ALTARE PAGANO
La parte più interessante è però una grossa sporgenza di roccia che si trova in sommità dello sperone di Sant’Eustachio. Questa, che ha una forma del tipo a gradoni piramidale, si trova posizionata nella parte centrale del recinto alto e quasi in asse alla cisterna. Osservando da nord sia il recinto che la sporgenza di roccia, si ha l’impressione che il tutto facesse parte di un qualcosa di prestabilito (fig. 7).
La doppia fila di muri e i tagli orizzontali, che creano dei gradoni, fanno ipotizzare la presenza di un altare pagano all’aperto, disposto in un recinto che a questo punto potremmo definire sacro. L’altare è quindi ricavato modellando lo spuntone di roccia. Sono ben noti i casi di recinti in opera poligonali di epoca sannitica aventi funzioni sacre. L’ipotesi è per di più avvalorata dalla presenza della chiesetta di Sant’Eustachio. Spesso, infatti, in epoca medioevale gli edifici cristiani sorgevano proprio in corrispondenza di luoghi sacri di epoca pagana. A sostegno dell’ipotesi della presenza di un santuario pagano su Monte Sambùcaro poniamo anche il rinvenimento, effettuato nel 1985, di un ex-voto rappresentante un fallo fittile in posizione eretta. Infatti questi ex-voto venivano offerti dai fedeli alla divinità in segno di grazia ricevuta o come offerta propiziatoria. Si ha notizia che nella proprietà della famiglia Decina, nel territorio di San Vittore del Lazio, furono rinvenuti due massi a forma di parallelepipedi recanti degli incavi. Questi blocchi sovrapposti l’uno all’altro presentano un vuoto interno centrale utilizzato per le offerte dei fedeli. In pratica un thesaurus di un antico santuario pagano. I luoghi più alti o in cima ai colli o nei pressi dei boschi o di corsi d’acqua venivano scelti spesso come luoghi sacri. A tal riguardo si segnala su Colle Altare, nei pressi del Sacrario Italiano di Mignano Monte Lungo, un ammasso roccioso che emerge dal terreno che porta ad ipotizzare un ulteriore altare pagano.
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I grafici e le foto sono dell’autore
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