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«Studi Cassinati», anno 2020, n. 3-4
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di Alberto Mangiante
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Gianfilippo Carrettoni nel suo volume Casinum dedicava un capitolo, il decimo, alla località nota ai più come Terme Varroniane, individuando l’edificio termale in un fabbricato rustico situato nei pressi della stazione ferroviaria e descrivendone la struttura con relativo rilievo topografico.
Lo stesso Carrettoni ne aveva già fatto cenno nel 1934, in un articolo sulla città romana di Casinum, nel dodicesimo numero della rivista «La Stirpe», asserendo che «nella pianura poi, non lontano dalla stazione ferroviaria, sorgevano le terme; una parte di essa è ancora in discreto stato di conservazione, ma difficile è riconoscere oggi l’ufficio cui erano destinati i vari ambienti, tra i quali va ricordata una sala a pianta ottagonale con nicchie. La struttura muraria fa assegnare questo edificio alla prima metà del secondo secolo D.C.; il che fa escludere che possa aver fatto parte della villa di Marco Terenzio Varrone, come vuole una tradizione mantenutasi viva fino ai nostri giorni».
L’edificio, secondo quanto riportato da Leone Ostiense nella sua Cronaca, nel 1001 fu restaurato e trasformato in chiesa da Giovanni abate di Montecassino, dedicandola, quindi, a San Nicola di Bari, titolo che verrà successivamente sostituito con quello di San Marco o San Matteo.
Prima di Carrettoni, autori locali si erano occupati, anche se con molte lacune, di questo edificio: Antonio Cafaro, Filippo Ponari e altri, anche se lo studio più interessante tra questi può essere considerato «Della via Appia riconosciuta e descritta» di Francesco Maria Pratilli, edita a Napoli nel 1745, che a pag. 414 così scrive «e appena appariscono le rovine della villa di Marco Terenzio Varrone da lui stessa descritta; di cui parla Cicerone. Si possiede ella da gran tempo dalla famiglia Manfredi ed è al presente ridotta in miglior forma da Don Ferdinando Manfredi molto amante delle buone lettere». Proprio del Manfredi dovrebbe essere il testo inciso su una lapide che adornava una parete della casa e che era visibile fino all’ultima guerra (1).
Vale anche la pena ricordare i grandi architetti del Rinascimento italiano, da i Sangallo, impegnati a Montecassino nella costruzione della tomba di Piero de’ Medici, a Francesco di Giorgio Martini, fino al Vasari, che ne hanno studiato le rovine riportando le planimetrie in vari disegni e influenzando con i loro studi la costruzione di ville a piante centrale, come alcune ville venete, e i lavori di personaggi come Pirro Ligorio e Alvise Cornaro.
Il Ponari nel suo volume ci riporta alcune vedute del luogo e il ritrovamento sul posto, così scrive, di un busto di marmo, anche se poi precisa «a Porta Paldi».
Il busto fu ritrovato il 6 gennaio 1859 dal proprietario del terreno, Nicandro Marselli, impegnato a far scavare un fosso per il deflusso delle acque. Il ritrovamento innesterà interesse anche da parte delle Autorità borboniche tanto da richiederne la cessione per i musei reali, per poi accontentarsi, visto il diniego di Marselli, di mandare a San Germano un disegnatore e un gessista per ricavarne un calco. Il busto, pertanto, rimase a Cassino presso il suo legittimo proprietario e, dopo il bombardamento e la totale distruzione della città, è stato recuperato in parte sotto le macerie di palazzo Marselli a Fontana Rosa e i frammenti trasferiti nel deposito al Crocifisso.
E qui bisogna aprire un discorso più ampio su alcuni toponimi del luogo.
La località su cui sorge l’edificio di cui ho trattato finora, è situata sulla sinistra del fiume Gari ed è tuttora denominata Monticelli per via di tre piccole alture calcaree presenti nella zona. Mentre la parte sulla destra del Gari, denominata Porta Paldi o Vagni o Bagni, prende tutta quella zona al di sotto dell’attuale via Di Biasio fino al ponte ferroviario di via Sant’Angelo.
Via Vagni o Bagni, come la zona risulta denominata in vari documenti, rimane tuttora una zona ancora da definire e da preservare, anche per via di depositi preistorici rilevati a suo tempo da Costa. Nel Medioevo è nominata Via Cavallara ed è sicuramente di origine romana. Passando tra una serie di fortificazioni che facevano da confine tra San Germano e San Pietro a Monastero, serviva il traffico che proveniva dalla Valle dei Santi e dal comprensorio Aquino-Pontecorvo. Tracce della strada romana furono rinvenute durante la costruzione della consolare, l’attuale Casilina, subito dopo Porta Paldi, dietro la chiesa di Santa Maria de’ Bagni, cappella gentilizia di proprietà di Giacomo Antone.
La cappella esisteva ancora prima della guerra come rudere ridotto a ricettacolo d’immondizia e lordure varie lasciate dai viandanti che provenivano dalle campagne e che utilizzavano la strada per recarsi a Cassino.
In una foto panoramica della fine del 1800 che riprende parte della zona, si può vedere l’edificio rilevato da Carrettoni isolato nella pianura e allora mi sono posto una domanda, a cosa poteva servire questo tipo d’edificio, così isolato e senza altre costruzioni intorno? E se invece di un edificio termale, come sempre creduto, fosse invece un mausoleo o un sacello avendo tutte le caratteristiche di tali edifici? Sempre in questa foto, sulla destra, è visibile un canale il cui corso si dirige verso la ferrovia. Questo canale era alimentato dalle sorgenti che, tuttora presenti nella proprietà Fardelli, potevano alimentare le terme, cosiddette Noviane, i cui resti sono stati trovati subito dopo la ferrovia, in linea con il canale. Da qui deriverebbe anche il toponimo Bagni o Vagni e a questo punto si può pensare che il busto attribuito a Varrone sia stato ritrovato proprio tra queste rovine.
Cosa rimane attualmente dei monumenti sopra descritti? L’edificio descritto da Carrettoni, scampato parzialmente alle distruzioni belliche, è stato sottoposto negli ultimi anni a una radicale trasformazione con la totale distruzione dei resti romani e la costruzione nelle vicinanze di un palazzo.
Questi lavori hanno compromesso tutta la zona, cancellando di fatto testimonianze antiche. E per questo è sempre importante ricordare che l’edificio è stato studiato da grandi architetti del nostro Rinascimento e doveva essere salvaguardato in qualunque modo. Gli edifici termali, riportati in luce da recenti scavi, erano stati già segnalati nel 1979 da Gaetano Lena nel volume «Scoperte archeologiche nel Cassinate» e di conseguenza in qualche modo già noti.
Purtroppo siamo lontani anni luce da un tipo di gestione e valorizzazione come quello degli scavi delle Terme di Aquinum (ricadenti nel Comune di Castrocielo) che prevede periodiche visite guidate e varie manifestazioni culturali, mentre i nostri resti sono attualmente ricoperti di terra e in attesa di tempi migliori per la loro valorizzazione, sempre che non si opti per la distruzione. Come per Porta Paldi, per cui vedo un totale disinteressamento di chi dovrebbe tutelare il sito, in questo anche le autorità comunali, che hanno permesso quella orribile ed inutile strada che collega la Casilina con via Vagni, impedendo di fatto anche la riapertura di quest’ultima e la trasformazione di tutta la zona in un prolungamento della Villa Comunale con una fruizione del posto anche da parte degli abitanti del rione Colosseo.
(1) Il testo della lapide che adornava una delle pareti dell’abitazione:
VILLAM HANC QUONDAM M . VARRONIS
UT AQVAEDVCTVM BALNEAVMQ : ADHVC SVPERSVNT VESTIGIA
TESTANTVR
TEMPORIS EDACITATE HOMINUM . INCVRIA
PENE FVNDITVS EVERSAM
FERDINANDVS . A . MANFREDIS I . V . D . PATRICIVS CASINAS
CVPIDVS BONARVM ARTIVM ADOLESCENS
NE TANT VIRI MONVMENTA PENITVS EXCIDERENT
PAR ILLI ANIMO LICET OPIBVS IMPAR
RESTAVRANDAM ET ORNANDAM QVOAD FIERI POTVIT
CVRAVIT
SVORUM QVE VT OLIM VARRONIS STVDIORVM DIVERSORIVM FECIT
IVEVE M . ANTONII FLAGITIIS ITERVM DEFOEDARETVRE
PROBROSOS HOMINES AB EA ARCENDOS VOI . VIT
LITTERARVM CVLTORIBVS PATEFERIT
A . D . MDCCXXXVII
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