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«Studi Cassinati», anno 2020, n. 3-4
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di Emilio Pistilli
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All’inizio fu Casinum, sorto su un sito dell’età del ferro1. Varrone fa derivare il nome dall’osco «cascum», cioè vecchio2, ma i glottologi non sono d’accordo3; del resto per parlare di etimologie fantasiose si usa dire «etimologie varroniane».
Prosperò in epoca romana, dal primo secolo a.C al secondo d.C. Di quel periodo ci sono rimaste le testimonianze più prestigiose, come un anfiteatro, un teatro, un mausoleo funerario, un ninfeo, un ardito acquedotto, strade, ponti, ecc.
La città decadde insieme all’impero, causa anche le numerose invasioni barbariche.
Il territorio nel V sec. subì le devastazioni dei Goti (410), dei Vandali (455), degli Eruli (476), degli Ostrogoti (493)4.
La conseguenza più notevole di tali ondate devastatrici fu certamente lo spopolamento della zona, l’abbandono delle grandi direttrici stradali, percorse dalle orde barbariche e il rifugio nei pagi montani. Nello stesso periodo si hanno notizie di due vescovi a Cassino (ma le notizie non sono del tutto accertate): Caprasio nel 465 e Severo nel 4875.
Per secoli non se ne ebbero più notizie.
Un’ultima menzione di Casinum (castrum Casinum) si ha con la venuta di S. Benedetto (a. 529 circa) che occupò i resti dell’acropoli romana per fondarvi il suo glorioso monastero6. In epoca cristiana sul sito ormai abbandonato dell’antico castrum, ma più a valle, Scauniperga, moglie del duca Gisulfo II (siamo nell’VIII sec.)7, fece costruire una chiesa dedicata a S. Pietro; grazie a questo il luogo assunse il nome di Castrum Sancti Petri: dopo di che silenzio delle fonti. Le piogge, i venti, le frane, il tempo seppelliranno i ruderi e la memoria di Casinum sotto metri e metri di terra. E qui possiamo dire che si conclude la storia della città romana.
Da questo momento la storia del luogo è storia di Montecassino. La fonte primaria, e forse unica, di quanto avvenne in quel tempo è senza dubbio la Cronaca di Leone Ostiense8, che trova riscontro nei precedenti Chronica Sancti Benedicti Casinensis di ignoto Cassinese9.
Come borgata di S. Pietro, con pochi abitanti, conservò anche la sua autonomia amministrativa, discosta da quella della nuova città che sorgerà sul sito odierno: in un passo del Chronicon nell’856 la località è detta civitas S. Petri10; inoltre nel Regesto dei confini dell’abate Ayglerio (a. 1268 – 1410) le due località hanno confini separati; a dividerli era la porta Paldi che si apriva tra le mura che discendevano dalle radici del monte Verere fino al fiume Gari: insomma due luoghi, due storie.
Bisogna giungere alla seconda metà del secolo VIII per avviare il nuovo cammino che giungerà ai tempi nostri.
L’abate Potone di Montecassino (ab. 771-778), fece costruire sulle rive del Rapido, ai piedi di quella che sarà Rocca Janula, una chiesetta in onore di S. Benedetto11; subito accanto il suo successore (ab. Teodemaro, 778-797) fece costruire la chiesa di S. Maria delle Cinque Torri12. Il sito era ricco di resti architettonici di epoca romana; secondo una persistente tradizione era stato il Foro di Casinum. Quei resti furono ampiamente utilizzati per le costruzioni degli edifici religiosi, anche della nuova basilica del S. Salvatore, che aveva rimpiazzato la piccola chiesa di S. Benedetto (abate Gisolfo, 797-817)13. Attorno al complesso fu fondato un monastero che prese il nome dalla chiesa del Salvatore.
Il Chronicon cassinese ci informa che nell’anno 856 divenne abate di Montecassino, Bertario14, uomo eccezionale, destinato a legare indissolubilmente il suo nome alla storia dei Cassinesi e dei Cassinati. Egli, nelle turbolenze e nei pericoli di quel tempo, si rese conto che bisognava pensare alla difesa senza indugi. Munì l’abbazia con solide mura e torri, come un castello, e lo stesso iniziò a fare con il sottostante abitato, attorno al monastero di S. Salvatore15, dove ormai risiedeva abitualmente l’abate16.
Il suo intento era di costruire una nuova città visto che il luogo era ormai molto frequentato. I lavori sarebbero iniziati nell’857, secondo Fabiani17, nell’866, secondo Erasmo Gattola18. Le fonti non consentono di precisare l’anno esatto, ma la data dell’857 del Fabiani appare piuttosto improbabile dal momento che Bertario era stato appena nominato abate (a. 856) e subito dopo si era dato a fortificare il monastero di Montecassino, opera che portò a termine; la città in basso certamente venne dopo; dunque anche la data del Gattola (866) risulta poco affidabile; infatti, se così fosse, per fortificare l’abbazia avrebbe impiegato meno di dieci anni, mentre 17 anni (fino all’883) non sarebbero bastati a costruire le mura della città sottostante, visto che Bertario incohavit soltanto, cioè iniziò, ma non portò a termine.
Comunque aveva già scelto il nome, Eulogimenopolis, cioè città di Benedetto.
A questo punto una considerazione è d’obbligo: neppure nell’intenzione del fondatore della nuova città si scorge l’idea della continuità o dell’eredità storica. Se così fosse infatti sarebbe stato più che naturale per l’abate Bertario ricorrere all’antico toponimo Casinum; invece egli volle solo fondare la città di S. Benedetto, omaggio doveroso al santo patriarca; esigenze … fonetiche poi lo indussero al cambiamento del nome in S. Germano.
Bertario, come già detto, aveva iniziato ad innalzare le mura quando, nell’883, 22 ottobre, un’orda di saraceni incendiò e distrusse tutto uccidendo lo stesso abate19.
Intanto durante i lavori la chiesa del Salvatore aveva ricevuto la visita dell’imperatore Ludovico II (a. 874), che lasciò in dono una reliquia di S. Germano vescovo, amico fraterno di S. Benedetto20; per questa ragione la chiesa del Salvatore fu, successivamente, dedicata a S. Germano21.
In seguito alla tragica incursione saracena i monaci abbandonarono quel sito e la superiore abbazia di Montecassino per rifugiarsi a Teano e poi a Capua, dove rimasero per oltre sessant’anni. Naufragò così il sogno di Bertario di costruire la città di S. Benedetto.
Solo nella seconda metà del secolo decimo l’abate Aligerno (ab. 948 – 985) diede nuovo impulso vitale al monastero di S. Benedetto e all’intero territorio circostante, che ormai veniva chiamato «Terra di S. Benedetto»22; fece costruire la Rocca Janula e molti altri castelli attorno alle numerose celle che erano sorte sulle colline attorno.
Per giungere alle origini dell’odierna Cassino bisogna attendere l’abate Atenolfo (ab. 1011-1022) che volle riprendere il progetto di abate Bertario per la fondazione di una città attorno al monastero del Salvatore, sulle rive del Rapido (ex magna parte construxit)23. Fece costruire le mura e chiamò la città «S. Germano», traendone il nome dall’omonima basilica che ormai aveva abbandonato l’antica dedica al Salvatore, o, come già detto, dal nuovo nome che aveva già da tempo sostituito quello di Eulogimenopolis.
È questo, dunque il vero inizio dell’odierna Cassino.
Mi sono occupato delle origini medioevali di Cassino già nel lontano 1982 sulla rivista mensile «Lazio Sud»24; ne ebbi un dibattito serrato con lo studioso d. Angelo Pantoni O.S.B., il quale sosteneva, con documentate argomentazioni, che non vi fu interruzione di continuità fra la città romana di Casinum e la successiva San Germano. Io ribattei che l’antica Casinum ebbe la sua storia nel sito attuale fino alla caduta dell’Impero e comunque fino alle ripetute invasioni barbariche, che ne determinarono il pressoché totale spopolamento; e che tra quel periodo e la nascita di San Germano c’è un lasso di tempo di quasi mezzo millennio, oltre la dislocazione in altro sito. Infine la constatazione che l’antico centro abitato – denominato poi Castrum Casinum, e poi «San Pietro a monastero» – ebbe amministrazione civica autonoma e confini separati da San Germano, convinse, sia pure in parte, il Pantoni. A fare ulteriore chiarezza fu l’accostamento con le vicende della città di Capua; scrivevo infatti a chiusura del dibattito: «Casinum fa parte del patrimonio storico e culturale dei Cassinati, anzi è la loro stessa origine; ma la loro attuale città, Cassino, è tutt’altra cosa, pur sorgendo sul sito del Forum Vetus; vi è una interessante analogia con l’odierna Capua, sorta sul sito di Casilinum, ma ben distinta dal vecchio borgo “S. Maria Maggiore” (oggi “S. Maria Capua Vetere”), che è l’autentica discendente (topograficamente parlando) dell’antichissima Capua di origine etrusca»25.
Va aggiunto che in quella sede attribuivo all’abate Bertario la paternità della nuova città di San Germano. Ma a seguito di approfondimenti successivi e conseguenti ripensamenti, ho optato per l’attribuzione all’abate Atenolfo, come qui vado sostenendo, utilizzando, anche, lo stesso criterio del lungo lasso temporale tra Bertario e Atenolfo, circa un secolo e mezzo.
Va tenuto inoltre presente che l’iniziativa di Atenolfo non può essere considerata in continuazione di quella di Bertario, non solo per le note vicende dell’883, o per il lungo lasso di tempo che le separa, ma anche, e soprattutto. per la testimonianza di Leone Marsicano, autore della cronaca di quei tempi, quando riferisce che la Rocca Janula, che abate Aligerno andava costruendo, “dominava dall’alto la chiesa di San Germano”, e non la città26.
Sia chiaro però che se consideriamo l’aspetto territoriale dell’odierno comune, la storia di Casinum e Cassino, è da considerare un unicum, ossia la storia di Cassino ha in sé anche quella di Casinum. Ma se ci riferiamo solo all’odierno centro urbano non possiamo andare indietro nel tempo oltre l’abate Atenolfo, quando la racchiuse entro mura civiche che incorporavano anche la Rocca Janula; così come la Casinum di epoca romana era racchiusa nelle sue mura che abbracciavano anche l’acropoli (quella che poi sarà Montecassino) e che non interessavano minimamente il territorio oggi occupato da Cassino. Ma se poi si obietta che quest’ultima è sorta sul sito del foro romano di Casinum, dobbiamo affrontare altri problemi storici fino ad ora fatti di incertezze e supposizioni.
La nuova città di San Germano ebbe subito fortuna, si popolò in fretta all’interno delle sue mura che offrivano quella sicurezza che tanto si cercava in quei tempi e fu la capitale dello stato monastico denominato «Terra Sancti Benedicti».
Nel bene e nel male seguì le sorti della superiore abbazia di Montecassino; con essa ricadde per lungo tempo nell’orbita napoletana. La sua diocesi faceva capo all’abbazia nullius, abbazia sottoposta direttamente al papa.
Facendo un salto di molti secoli ci affacciamo ad una nuova fase della città e del territorio circostante. Con l’avvento dei Savoia e la successiva unità d’Italia (fine dell’epoca borbonica napoletana) nel 1863, quasi a voler stigmatizzare il nuovo corso, la città abbandonò il nome secolare di San Germano per assumere quello odierno di Cassino27: probabilmente nella mente degli amministratori locali c’era l’intento di riannodare la storia del loro tempo a quella prestigiosa dell’antica Casinum. Tuttavia non si ebbe l’animo di utilizzarne correttamente il nome ed optarono per la versione “dotta” medioevale con la doppia «ss»28.
È certo comunque che il legame tra Cassino e la sua abbazia non è stato sempre appassionato: a metterlo in crisi vi era spesso l’intolleranza di alcuni preti, ed anche di alcuni notabili, all’autorità abbaziale. A lungo hanno chiesto una diocesi con sede a Cassino svincolata dal monastero. Ma la diocesi è sempre rimasta «Abbazia territoriale di Montecassino» retta dall’abate ordinario.
Veniamo finalmente ai tempi nostri.
Salto tutti gli eventi anche altamente significativi, perché questa non è la storia della città, ma delle sue
origini e del suo nome.
Nel 1945, dopo, la distruzione bellica, la città, al nome di Cassino aggiunse l’appellativo di «Città martire per la pace».
Il suo patrono fu sempre San Germano, che si festeggia ancora il 30 ottobre di ogni anno, ma nel 1994 l’abate Bernardo D’Onorio per riconnettere la città alla tradizione benedettina e ribadire che essa è creatura degli eredi di S. Benedetto, volle aggiungere al patronato di San Germano anche quello di San Benedetto, come «copatrono principale». D’accordo con l’Amministrazione comunale si stabilì che la festa patronale si celebrasse ad anni alterni il 30 ottobre ed il 21 marzo (festività di San Benedetto); ma alla fine si è sempre festeggiato il 21 marzo.
Non va inoltre dimenticato che Cassino gode anche di un patronato particolarmente prestigioso, quello della SS.ma Assunta, che è «Patrona e Protettrice» della città. La statua della Vergine testimonia la grande venerazione che i Cassinati hanno per la loro protettrice, che fu prodiga di miracoli in varie occasioni (peste, colera, terremoti, guerra). Per questo la chiesa concattedrale di San Germano, che ospita la statua, è santuario mariano; così pure la città, vista la sua patrona, è città mariana.
Un atto rivoluzionario per Cassino ed il territorio diocesano fu il distacco dalla diocesi di Montecassino (ridotta al solo ambito del monastero e delle immediate pertinenze) per transitare nella diocesi di Sora, Aquino e Pontecorvo (23 ottobre 2014, con efficacia civile dal 23 dicembre dello stesso anno), che assunse, così, la nuova denominazione di diocesi di Sora, Cassino, Aquino e Pontecorvo.
La città farebbe bene a predisporre cerimonie di celebrazione del primo millennio, considerando convenzionalmente la data del 1020, non oltre il 1021, anno della morte di abate Atenolfo: ed ora siamo nel 2020: occasione irripetibile.
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NOTE
1 G. Carettoni, Sepolcreto dell’età del ferro scoperto a Cassino, Museo preistorico-etnografico «L. Pigorini», Roma, 1960, estr. da «Bullettino di paletnologia Italiana», N.S. XIII, Vol. 69°, 196.
2 M. T. Varrone, De linguua latina,VII, 29.
3 F. Ribezzo, La originaria unità tirrena dell’Italia nella toponomastica, in R.I.G.I., 1920; E. Pistilli, Le vicende del nome della città di Cassino, in «Studi Cassinati», 2006, n. 1, p. 9.
4 Le date sono desunte da G F. Garettoni, Casinum, Ist. St. Romani, 1940, p. 10 e da A. I. Schuster, Storia di S. Benedetto e dei suoi tempi, Viboldone, 1965, p. 186.
5 L. Fabiani, La Terra di S. Benedetto, Montecassino, 1968, vol. I, p. 10.
6 Gregorio Magno, Dialoghi, II, 8, dove si dice: «Castrum quod Casinum dicitur».
7 Chronica Monasterii Casinensis, (d’ora in poi Chron. Cas.), ed. H. Hoffmann, M.G.H., Scriptores, XXXIV, Hannoverae, 1980, l. I, cap. 5.
8 Ibidem.
9 I Chronica S. Benedicti si compongono di due parti: l’Historiola, oppure Chronici Casinensis, e i Chronica S. Benedicti veri e propri; ci sono stati tramandati nel codice cassinese 353 e pubblicati in M. G. H. SS. Rerum Langobardarum et Italicarum, saec. VI-IX, Hannoverae, 1878, pp. 467-488.
10 Chron. Cas., cit., l. I. cap. 32.
11 Ivi, cap. 10.
12 Ivi, cap. 11.
13 Ivi, cap. 17.
14 Ivi, cap. 33.
15 Chron. Cas., I, 33; Chronica S. Bened. Cas., cit, p. 476.
16 G. Falco, Lineamenti di storia cassinese nel secolo VIII e IX, in «Casinensia», vol. 11, Montecassino, 1929, pp. 524-525.
17 Op. cit., p. 30.
18 Ad historiam abbatiae Cassinensis Accessiones, vol. 11, Coleti, Venetiis 1734, p. 747.
19 Chron. Cas., I, 44.
20 Ivi, cap. 38. Più volte Ludovico II si recò a Montecassino; addirittura nell’869 vi si recarono insieme: Ludovico, sua moglie Engelberga, papa Adriano II e re Lotario II. Bertario in quell’occasione ottenne dalla Santa Sede l’esenzione vescovile per il monastero, che divenne abbazia nullius, cioè non soggetta ad alcuna autorità vescovile; il 22 maggio 882 papa Giovanni VIII, poco prima della sua morte, prendeva l’abbazia sotto la protezione della S. Sede, così come è ancora oggi.
21 M. Dell’Omo, Montecassino, un’abbazia nella storia, Montecassino 1999, ipotizza che a cambiare nome alla costruenda città sia stato lo stesso Bertario (p. 28).
22 Il nome Terra di San Benedetto compare per la prima volta in un documento notarile dell’anno 982: Archivio di Montecassino, caps XXXVI, fasc. I, n. 7; vd. anche L. Fabiani, in La Terra di San Benedetto, vol. I, p. 22.
23 Chron. Cas., II, cap. 32: «Civitatem deorsum circa ecclesiam, Domini Salvatoris, quam supra diximus a sancto Martyre Christi Abbate Berthario inchoatam, ex magna parte construxit».
24 «Lazio Sud», maggio 1982, nn. 3 (maggio, pp. 12-13) – 5 (luglio, pp. 18-20) -7 (settembre, pp. 7-8) – 9 (novembre, pp. 11-12).
25 «Lazio Sud», n. 9 (novembre) 1982, p. 11.
26 Chron. Cas., II, cap. 1: «Cum igitur quadam die in construendo Rocca, quae Ianula nuncupatur et Ecclesiae Beati Germani desuper imminet, operam daret …»..
27 L’atto ufficiale del cambiamento di nome reca la data del 26 luglio 1863 e la firma di Vittorio Emanuele II. L’atto recepisce pari pari la delibera del Consiglio comunale di S. Germano del 23 maggio dello stesso anno. Vd. anche G. de Angelis Curtis, Le variazioni della denominazione di alcuni comuni dell’alta Terra di Lavoro, in «Studi Cassinati», a. 2008, n. 2.
28 Sulla questione della doppia «ss», vd. E. Pistilli, Perché Cassino e non Casino? Alla ricerca di una ”s” in più, in «Studi Cassinati», 2013, nn. 1-2, tratto a sua volta da «Presenza Xna», ottobre 1997.
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