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«Studi Cassinati», anno 2021, n. 4
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di Gaetano de Angesli-Curtis
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Benedetto Sitari a p. 141 del suo studio scrive che il nome dato a quell’agglomerato urbano sorto sul colle ne rispecchia la posizione geografica e topografica: Pesmons (Piede-monte) è nome puramente latino e indice della sua fondazione ex novo in età romana.
Secoli dopo, il borgo, definito come Piedimonte della Badia, era parte integrante della Terra di San Benedetto. Quando poi nel 1798 giunsero i francesi, anche a Piedimonte fu innalzato l’albero della libertà e anch’esso fu percorso da traversie, timori, minacce. Qualche anno più tardi tornarono di nuovo i francesi questa volta non più sotto le bandiere repubblicane della rivoluzione ma quelle monarchiche (prima Giuseppe Bonaparte, il fratello di Napoleone e subito dopo il cognato Gioacchino Murat) che dettero vita al cosiddetto decennio dei napoleonidi caratterizzatosi, fra l’altro, anche per l’emissione nel 1807 delle leggi eversive sulla feudalità, con la soppressione degli ordini religiosi monastero l’esproprio dei beni della Chiesa con terre e strutture immobiliari assegnate ai Comuni oppure cedute a benestanti per incameramento delle vendite nelle casse statali. Fu proprio la vendita dei beni ecclesiastici del monastero di Montecassino, anch’esso soppresso, che dovette portare su questo territorio facoltose famiglie originarie del napoletano come gli Aceti a Piedimonte, i De Monaco, i Forte a Pignataro.
Una probabile conseguenza della soppressione di Montecassino fu l’abbandono del nome di Piedimonte della Badia e l’assunzione di quello di Piedimonte San Germano con la scelta del suffisso dovuta o alla vicinanza con la città più importante del territorio (San Germano appunto, oggi Cassino) oppure all’appartenenza al distretto, poi mandamento, di San Germano. Proprio sulla denominazione del Comune si venne a porre la presa di posizione, nel 1862, delle autorità ministeriali del tempo. Infatti l’aggregazione di migliaia di Comuni determinatasi con l’Unità d’Italia portò alla necessità di evitare omonimie dei nomi dei Comuni. Una circolare emanata il 30 giugno 1862 dal ministero dell’Interno individuava anche Piedimonte fra i casi d’omonimia per cui lo sollecitò a modificare il nome al fine di evitare disguidi ed equivoci. Tuttavia il Consiglio comunale, riunitosi in seduta il 15 ottobre 1862, considerando che l’identità del Comune appariva «già sufficientemente distinta» dal suffisso identificativo tratto dal nome del «mandamento cui apparteneva» e che gli consentiva di distinguersi dagli altri due Comuni (Piedimonte d’Alife, poi Matese, e Piedimonte Etneo), deliberò di «non trova[re] necessario» modificare o aggiungere suffissi per cui confermò il «medesimo nome che t[eneva] di Piedimonte di San Germano». Tuttavia presso il ministero dell’Interno la deliberazione comunale fu interpretata come un’attestazione ufficiale del nuovo nome del Comune per cui esso fu autorizzato ad assumere la nuova denominazione con Regio decreto 14 dicembre 1862 n. 1078. Va specificato, inoltre, che nel corso degli anni la denominazione del Comune ha finito per perdere la preposizione del complemento di specificazione attestandosi, dunque, come «Piedimonte San Germano»1.
Con l’Unità d’Italia, sancita a Torino il 17 marzo 1861, Piedimonte San Germano continuò a permanere alla storica provincia di Terra di Lavoro o provincia di Caserta, inserito nel circondario di Sora (formato da nove mandamenti) e incluso nel mandamento di Cassino composto da sei Comuni: appunto Cassino e Piedimonte, e poi Pignataro, S. Elia Fiumerapido, Terelle e Villa S. Lucia.
All’epoca Piedimonte contava su poco più di 2700 abitanti. Nel Comune l’istruzione dei bambini era affidata a un maestro per i maschi e a una maestra per le femmine e in paese operava un medico condottato. Invece a Ruscito era installato un posto di guardia per le cui spese dovevano contribuire anche i Comuni di Villa S. Lucia e Pignataro mentre un corpo di guardia era dislocato a Piumarola.
Un importante aspetto determinato dall’Unità fu rappresentato dalla concessione del voto per le elezioni nazionali (Camera dei Deputati) e amministrative (Comuni e Province). L’elezione dei parlamentari nonché dei Consiglieri comunali e di quelli provinciali avveniva sulla base del censo e dell’istruzione (secondo il principio dicotomico del «chi ha, chi sa»). Così ogni Comune giunse a istituire delle liste degli aventi diritto al voto. A Piedimonte nell’anno 1863 la lista elettorale comunale si componeva, su 2725 abitanti, di 39 elettori saliti, l’anno successivo, a 68. Dal punto di vista dell’elezione alla Camera dei Deputati, Piedimonte San Germano fu inserito nel collegio elettorale di Cassino. Invece il collegio di elezione dei consiglieri provinciali era il mandamento. Quello di Cassino esprimeva due seggi di cui uno normalmente era appannaggio del candidato di estrazione territoriale della città più importante e con più elettori. Nonostante la presenza di altri importanti e più popolosi centri Piedimonte, però, riuscì a esprimere vari suoi rappresentanti, e cioè:
- Luigi Aceti – consigliere provinciale dal 1861 al 1866
- Emilio Cavacece (avv.) fu Pasquale – consigliere provinciale dal 1885 al 1887
- Pietro Aceti di Luigi – consigliere provinciale dal 1887 al 1895
- Luigi Aceti fu Pietro – consigliere provinciale dal 1907 al 1920
- Giuseppe Marsella (avv.) di Bernardo – consigliere provinciale dal 1920 al 1923
Invece in età liberale i sindaci furono:
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Nota
1 Cfr. G. de Angelis-Curtis, Le variazioni della denominazione dei Comuni dell’alta Terra di Lavoro, Centro Documentazione e Studi Cassinati-Onlus, Cassino 2013, pp. 54-55, 58, 66-69.
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