Così salvammo 900 posti di lavoro

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«Studi Cassinati», anno 2022, n. 4
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di Domenico Tortolano*

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L’Abate di Montecassino richiamato dal Vaticano per aver partecipato ad un’assemblea di lavoratori per discutere del caso Fiat organizzato dal partito comunista di Cassino. Era il 17 dicembre 1983. E in quegli anni il contrasto fra Dc e Pci e la chiesa cattolica era forte. La rivelazione, a distanza di tanti anni, è stata fatta venerdì sera dall’ex Abate di Montecassino Bernardo D’Onorio, arcivescovo emerito di Gaeta, invitato come ospite d’onore a tenere un intervento per la presentazione del libro di Francesco Di Giorgio sui 50 anni della costruzione dello stabilimento di Cassino. Un segreto mantenuto finora e rivelato solamente venerdì sera. Ha detto don Bernardo alla platea: «Qualche settimana dopo la mia presenza al convegno mi arrivò una telefonata da un cardinale della Curia romana il quale mi chiese la conferma della mia presenza al convegno e di quello riportato dai giornali e dalle agenzie di stampa. Confermai tutto. E l’interlocutore, turbato, si raccomandò di non partecipare più a simili manifestazioni e comunque d’informare il Vaticano per l’eventuale via libera. In effetti era un richiamo». E il Padre Abate sorpreso da tale telefonata cercò di spiegare: «Ho partecipato, trattandosi di lavoratori di un grande stabilimento come la Fiat. E poi la struttura dove si è svolto il convegno è di nostra proprietà e si chiama ‘Aula Pacis’, ed è la terra dove san Benedetto scrisse la famosa Regola Ora et labora. E comunque mi assumo le mie responsabilità».

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L’ira del Vaticano

L’ira del Vaticano era scaturita, ha rivelato ancora il successore di san Benedetto, da una lettera scritta da qualcuno della Curia diocesana di Cassino con ritagli di giornali e da qualche sigla sindacale d’ispirazione cristiana ed inviata a Roma. «Il convegno era stato organizzato dalla giovane segretaria del Pci Natia Mammone preoccupata, – scrive l’autore del libro Francesco Di Giorgio – per la situazione creatasi con i licenziamenti di massa alla Fiat, le azioni di gruppi terroristici». Il prelato, che oggi ha 82 anni, ha poi ricordato il suo incontro a Villar Perosa con l’avvocato Gianni Agnelli per salvare tanti posti di lavoro. Dice il Padre Abate: «Era il 2002 e la Fiat era afflitta da una grave crisi di vendite. Vennero da me sindacati e sindaci per far bloccare i licenziamenti. Erano 9 mila in tutti gli stabilimenti e mille a Cassino. Telefonai all’amico Franzo Grande Stevens, ex collegiale di Montecassino, avvocato e amministratore delegato del gruppo. Gli chiesi di fissarmi un appuntamento con il presidente Agnelli. Fu gentile. Mi richiamò e mi disse: l’avvocato ti aspetta alle 9.30, puntuale, perché deve partire per l’estero. Io arrivai in aereo a Torino alle 9. Trovai Stevens ad aspettarmi con una vettura Fiat scortata dalla polizia che ci portò alla villa dell’avvocato. L’incontro fu cordiale. Ma irremovibile sui licenziamenti. Ma alla fine lo convinsi. E disse: allora invece di mille licenziati solo cento. Così salvai 900 posti di lavoro». E conclude: «Sicuramente l’amico Stevens lo aveva già convinto di prima di me».

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