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«Studi Cassinati», anno 2023, n. 1
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di Maurizio Zambardi
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Come in ogni paese anche San Pietro Infine in passato aveva i suoi mulini ad acqua che funzionavano secondo la tecnologia della ruota orizzontale1.
Quelli di proprietà del Comune erano due e si trovavano entrambi in un’area posta a valle del vecchio paese di San Pietro Infine. I due mulini, ridotti a ruderi, sono oggi, purtroppo, in stato di completo abbandono. Di essi quello posto più a monte, sito nei pressi della Fonte Maria SS. dell’Acqua2, era denominato «Molino Fontana», quello più a valle, a circa 350 metri di distanza, che riutilizzava l’acqua usata già dal mulino a monte, era denominato «Molino Canapine». Dei due quello più a valle era anche il più antico3. Accanto a questo mulino vi era anche la casa del «molinaro», formata da più stanze. Della struttura oggi rimangono solo le pareti portanti perimetrali. In alcune di queste pareti, quelle orientate a meridione, ancora si conservano le celle in tufo, con funzioni di arnie. Una volta al posto dello zucchero si usava il miele. Vediamo ora come si attivavano i mulini.
L’acqua della Fonte Maria SS. dell’Acqua, dopo aver servito il lavatoio pubblico veniva incanalata in un breve condotto, tuttora esistente, che passa al di sotto della strada che accede alla Fonte. Dal condotto l’acqua si riversa in un grosso vascone, anche detto «la ‘otta», cioè la botte, di forma poligonale allungata, simile ad un grosso ventaglio con la parte stretta a valle4. Da qui l’acqua, attraverso una stretta apertura, dotata di breve condotto e di sportello, giungeva in un’altra vasca più piccola detta «la utticella», cioè la botte piccola o bottino, con forma esterna, almeno nella parte a valle, grossomodo cilindrica. L’interno del bottino presenta un’accentuata svasatura verso il basso così da somigliare ad un imbuto. E proprio nella parte più bassa, attraverso un altro condotto, che si divideva poi in due rami, dotati entrambi di sportelli apribili, si indirizzava l’acqua in un’apposita camera, posta nella parte inferiore del mulino, dove erano posizionate due ruote orizzontali dotate di apposite pale in legno. La forza dell’acqua in caduta libera generava la rotazione delle ruote che, con appositi ingranaggi, trasmettevano poi l’azione rotatoria alla sovrastante stanza di molitura dove erano posizionate due gruppi di mole. Infine l’acqua sfruttata veniva incanalata e fatta uscire da un condotto voltato dotato di apertura esterna. L’acqua in uscita, attraverso altro canale giungeva alla vasca di raccolta del mulino «Canapine» posto più a valle.
Sia il mulino a monte, quello detto «Fontana», sia quello situato più a valle, funzionavano anche nell’immediato dopoguerra. Quello a monte era utilizzato essenzialmente per la macina del grano, quello a valle, invece, era per la macina del granturco5.
Gli ultimi mugnai che hanno operato nel mulino sito nei pressi della Fonte sono stati Luigi Fuoco e Antonio Zito. Il mulino è rimasto in funzione fino alla fine degli anni ’50 inizi anni ’60. Probabilmente la causa principale della loro chiusura, oltre all’avvento di nuovi mulini elettrici dei paesi vicini, fu la realizzazione, in quegli anni, della Variante Annunziata Lunga (ora S.S. n° 6 dir.) che, con la sua massicciata stradale, il viadotto, posto a pochi metri del mulino «Fontana», e il ponte ad arco, posto lungo la strada di collegamento tra la Fonte e la chiesa Maria SS. dell’Acqua, sconvolse l’intera area, annientando del tutto l’antica strada che rasentava il mulino stesso.
Da alcuni documenti conservati presso l’Archivio di Stato di Caserta si apprende che:
I due mulini comunali venivano dati in gestione a privati cittadini che lo richiedevano. L’assegnazione avveniva attraverso un’apposita gara d’asta. La durata della gestione era di due anni.
Sempre da documenti conservati nell’Archivio Statale di Caserta si apprende che il 29 giugno del 1883, il sindaco di San Pietro Infine, Antonio Decina, insieme agli assessori Giuseppe Brunetti e Antonio Trojanelli, coll’assistenza del segretario municipale, approvarono una delibera «inerenti alcuni lavori da eseguirsi nel molino Canapine, di proprietà comunale».
Qualche mese dopo, il 28 settembre del 1883, la stessa Giunta Municipale approvò un regolamento formato da sette articoli con i quali si stabilivano le direttive da osservarsi per il fitto e la gestione dei due mulini6. Il regolamento è il seguente:
«Regolamento pel fitto dei due mulini di proprietà del detto Comune
Articolo 1°. Il Municipio di S. Pietro Infine espone a pubblico incanto l’affitto dei due mulini di sua proprietà denominati l’uno Fontana e l’altro Canapine con la piccola canapina adiacente a quest’ultimo della stessa denominazione.
Art. 2°. La locazione medesima avrà luogo nella sala comunale di questo Municipio previo avvisi.
Art. 3°. L’aggiudicatario di detti cespiti rimane facoltato riscuotere a titolo di mulenda due litri per ogni cinquantasei litri su tutti i generi che si portano a mulire.
Art. 4°. Il primo mulino detto Fontana deve rimanere chiuso per ore quarantotto di ogni settimana nei tempi estivi, ed in ogni qualvolta possa servire l’acqua per la irrigazione dei fondi siti nelle contrade Madonna dell’Acqua, Iordane ed Orticella, e propriamente dalle ore venti di ogni sabato fino alle ore venti di ogni lunedì.
Art. 5°. Il secondo mulino poi detto Canapine deve rimanere sempre chiuso, durante il tempo delle irrigazioni, ed in ogni tempo che vi sia il bisogno come sopra.
Art. 6°. I detti mulini saranno consegnati all’aggiudicatario in piena attività e con tutti gli attrezzi ed utensili soliti e necessari, o scorte ed arredi, di cui sarà formato uno stato descrittivo amichevole di consegna in doppia scrittura tra il Sindaco e l’aggiudicatario e nello stesso stato di regolare attività saranno riconsegnati al Sindaco nella fine del fitto, e di cui pure sarà fatta analoga scrittura in doppio di riconsegna, e per conseguenza tutte le spese occorrevoli nel corso del fitto provvenienti da guasti deteriorazioni e consumo delle scorte medesime saranno a carico dell’aggiudicatario, tranne soltanto, se per avventura occorressero, le macine nuove comunemente dette mole, ovvero la ricostruzione di muri maestri.
Art. 7°. La durata dell’affitto sarà di anni due da incominciare addì primo Gennaio 1884 e terminare addì trentuno Dicembre 1885».
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NOTE
1 I mulini ad acqua esistevano già ai tempi degli antichi romani e sono antecedenti ai mulini a vento. In passato l’utilizzo dell’energia idraulica al posto di quella prodotta dagli animali o da esseri umani permise un aumento notevole della produttività. I mulini ad acqua, così come quelli a vento, furono soppiantati solo con l’avvento del motore a vapore, che si diffuse nel XIX secolo, e successivamente dal motore elettrico.
2 Cfr. M. Zambardi, La Fonte Maria SS. dell’Acqua di San Pietro Infine, in corso di pubblicazione.
3 Il mulino è raffigurato anche in un disegno acquarellato del 1717, di M. Guglielmelli, riproducente il territorio di San Pietro Infine. Cfr. Catalogo della mostra La Terra S. Benedicti nei disegni ad Acquarello di Marcello Guglielmelli (1715-1717), Montecassino 1994, pp.68-71.
4 Per poter far girare le macine era necessaria che l’acqua scorresse ad una certa velocità e, poiché l’acqua sorgiva della Fonte, così come usciva, non era sufficiente ad attivare la rotazione delle pale del mulino era necessario costruire delle grosse vasche di accumulo di acqua per poi, attraverso l’apertura di appositi sportelli, per caduta, l’acqua poteva avere la pressione opportuna per attivare la rotazione delle pale della ruota che trasmetteva, attraverso appositi ingranaggi, la rotazione alle macine.
5 Notizie fornitemi dai compianti Carlo Fuoco e Pasquale Colella, in una intervista effettuata il 3 novembre 1990.
6 All’epoca il Comune di San Pietro Infine faceva parte della Provincia di Terra di Lavoro, Circondario di Caserta, Mandamento di Mignano.
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