ADDIO*

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«Studi Cassinati», anno 2023, n. 4

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di

 Bonifacio Borghini

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Rileggiamo … pagine di storia edite ma poco note

Si propone la preziosa testimonianza delle drammatiche vicende vissute a Montecassino nell’autunno 1943 da d. Bonifacio Borghini (le note a corredo sono state aggiunte a cura di gdac).

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Sono partiti i collegiali. Adesso noi mangiamo nel grande refettorio; si legge la «Storia di Montecassino» del Tosti colle tribolazioni, ruberie e violenze patite al tempo dei Francesi; vi si parla del vecchio abbate di allora e di due statue d’argento scomparse. D. Eusebio scuote la testa e dice: «Anche adesso c’è un vecchio abbate … Ma se portano via le due statue della cripta, non è una gran disgrazia». (Ne fu profeta!).

Dopo il bombardamento del campo di Aquino, partono i seminaristi. Addio miei carissimi scolari di 3a e 4a! Ma quando pochi ne ho riveduti poi! Voi forse non avete capito che il vostro severo, esigente insegnante di latino e greco vi amava come figliolini …

La mia cella ha una finestra ad oriente e una a mezzodì, è un osservatorio di prim’ordine. Posso seguire tutto il traffico terrestre e celeste fra Roma e Napoli. Il mio calendario murale porta segni rossi a ricordare i bombardamenti. Spettacoli tremendi, specialmente la notte; luci, fiamme, lampi, incendi. Eppure la divisione corazzata Göring passa indisturbata da Spoleto a Salerno.

Poi, dopo il primo bombardamento aereo di Cassino, la fiumana di profughi, dei terrorizzati, invade la Badia. L’Abbate è d’una energia e d’una fermezza degna d’un grande capo; ma il disordine, la confusione, il sudiciume crescono paurosamente. C’è anche chi dimentica vergognosamente la santità del luogo e la gravità dell’ora. Qualche volta l’abbate si sdegna, qualche altra sospira e piange.

È il 14 ottobre. Mi chiamano ad accompagnare un capitano medico tedesco, che visita la badia scortato da un soldato con un mitra. Il medico sta con un francescano e tra loro parlano inglese1. Quando vede la Cappella del Crocifisso e gli affreschi dei monaci tedeschi, mi dice: «Quando verranno gli Anglo-Americani, dite loro che provino a fare delle pitture come queste!». Quando, un anno dopo, accompagnavo i visitatori Anglo-Americani, della Cappella del Crocifisso, purtroppo, non restava più nulla.

Nel pomeriggio dello stesso giorno, il P. Abate convocò tutti i monaci, anche me, sebbene non di Montecassino2; comunicò l’intimazione dello sgombro e chiese il parere dei monaci. I pareri furono divisi: chi diceva di mandare via più roba che si potesse; e chi invece di tenerne più che si poteva nascosta a Montecassino. Chi diffidava dei Tedeschi, chi invece propendeva a fidarsi. Problema di impossibile soluzione; solo più tardi, troppo tardi ci si vide chiaro.

Cominciò lo sgombero. Casse su casse che si riempivano e partivano. In tre casse di carte dell’archivio partirono pure monete preziosissime di Siracusa3. Ciò che non poteva partire veniva ammassato nei piani inferiori. Giornate faticose e tristi. Poi, l’intimazione di sfollamento. Quel giorno leggeva D. Eusebio a tavola, e c’era il capo VII di Geremia, colla profezia della deportazione degli Ebrei a Babilonia. D. Eusebio leggeva con le lagrime agli occhi.

Ultima funzione a cui prende parte tutta la Comunità: è il funerale d’una giovane monaca benedettina: Donna Benedetta Tomassi4 – in realtà era il funerale di Montecassino.

Il giorno dopo cominciavano le partenze5: quasi ogni giorno quattro o sei monaci di meno. Il vuoto cresceva attorno a noi. Pel corridoio inferiore giravano smarriti i gattini del seminario, miagolavano lamentosamente, cercavano il P. Rettore. Ma lui era partito la vigilia di S. Bertario, durante il tremendo bombardamento di Cassino, insieme alle monache, alle suore, alle orfanelle6. Nel pomeriggio di quel giorno il P. Abbate si trattenne a lungo al balcone del Noviziato, guardando col binocolo, casa per casa, la sua Cassino che si avviava allo sterminio, senza che Egli potesse più far nulla …

La domenica 24 ottobre, ultima messa conventuale cantata: si celebrò presto, perché poi c’era da caricare gli autocarri. L’ultima canto fu quello del Communio: «Tu mandasti mandata tua custodiri nimis, utinam dirigantur viae meae ad custodiendas iustificationes tuas!». Ormai s’era inaugurato il Rifugio, quello che doveva passare alla storia. Si dormiva in camerata. Si stava abbastanza sicuri, mentre attorno ogni notte cadeva qualche bomba.

Una volta bussarono con forza alla porta. Chiamavano il cellerario: «C’è una donna che deve partorire!». Veramente il cellerario di queste cose non se ne intendeva; si limitò a dare a quella poveretta, che fino allora abitava nelle grotte, una stanza a S. Giuseppe e della biancheria. Povera creatura che nasceva in quei giorni!

Intanto il cannoneggiamento aumentava ogni giorno di intensità. Una volta credemmo di capire dagli ufficiali tedeschi che fra otto giorni arriverebbero gli alleati; ma qualche giorno dopo ci dissero che l’avanzata era contenuta; gli alleati giunsero solo dopo otto mesi.

Ogni sera il P. Abbate diceva chi doveva partire il giorno dopo. La sera del 29 disse il mio nome. Che tristezza! Andai dal P. Abbate per il congedo e le istruzioni. Dovevo portare a Roma tre piccine orfane.

La mattina del 30, festa di S. Germano, patrono di Cassino, dissi l’ultima messa nella superba Basilica; non mi era mai sembrata così bella. Mi confessai, pregai, piansi presso la tomba di S. Benedetto e S. Scolastica. Alla porteria D. Eusebio7, mio buon amico, mi salutò; lui rimaneva. L’Abbate mi abbracciò dicendo: «Non ci vedremo mai più»; ma io dissi: «Ci rivedremo di certo, P. Abbate!». Poi montai sul camion, con un fratello e le tre piccine. La contro-aerea cominciò a sparare, ma cessò presto. Il camion si avviò; nella svolta vidi ancora i pochi monaci che salutavano, l’Abbate che benediceva, l’imponente fronte meridionale della badia, che mai più avrei riveduto.

Casa di S. Benedetto, addio! il mio cuore è rimasto lassù.

* «Echi di Montecassino», Bollettino degli oblati ex-allievi ed amici di Montecassino, a. II, n. 5, luglio-dicembre 1974, pp. 56-59. Il ricordo è pubblicato nell’ambito della rubrica «Fiori dalle macerie», una serie di «bozzetti-impressione stesi da D. Bonifacio Borghini di Cesena, che è stato uno dei primi custodi del distrutto monastero».

1 Si trattava di Maximilian Becker, capitano medico tedesco, giunto quel 14 ottobre 1943 a Montecassino preceduto di qualche minuto dal colonnello austriaco Julius Schlegel. I due ufficiali, che non si conoscevano né si erano coordinati pur facendo parte della stessa unità militare erano giunti per prospettare a mons. Gregorio Diamare i pericoli che correva l’abbazia, la quale, trovandosi «proprio sulla linea del fuoco», era a rischio di distruzione per cui invitarono l’abate a mettere al sicuro il patrimonio culturale e artistico della Badia utilizzando i mezzi di trasporto messi a disposizione dalla Divisione «Hermann Göring» di cui facevano parte. Maximilian Becker era giunto in abbazia accompagnato da due frati francescani del convento di Teano, fra Giovanni Giuseppe Carcaterra e fra Baldassarre Califano (su tali vicende cfr. anche G. de Angelis-Curtis, Il salvataggio dei beni artistici, culturali e religiosi nel 1939-1944 tra Montecassino e le località di deposito dell’Italia centrale, Cdsc-Aps 2023).

2 D. Bonifacio Borghini era monaco dell’Abbazia di Santa Maria del Monte di Cesena (talvolta nei suoi scritti si firmava con lo pseudonimo di «Serapione»). Anch’egli, come ricorda d. Tommaso Leccisotti nel suo Diario, partecipò alla riunione «molto movimentata» della comunità cassinese quando emersero «pareri discordi» e «accesi» con chi sosteneva che la proposta di sgombero dei beni artistici e culturali avanzata dai tedeschi fosse un tranello per impadronirsene. Alla fine prevalse l’orientamento dell’abate d. Gregorio Diamare di consegnare ai soldati germanici «quei preziosi materiali al fine di preservarli dalla distruzione pur correndo il rischio della loro perdita nelle fasi di trasporto o della loro sottrazione da parte dei tedeschi».

3 Si trattava delle collezioni numismatiche (compreso il Medagliere) e altri tesori (collezioni di oreficeria, gioielleria ecc.) del Museo nazionale di Siracusa giunti a Montecassino il 3 luglio 1943 al fine di sottrarli alla distruzione della guerra. Quei preziosi beni, al pari del Tesoro di San Gennaro giunto da Napoli, furono nascosti dai monaci nelle casse private del monastero portate a Roma con il primo trasporto del 19 ottobre 1943 all’insaputa dei tedeschi che non hanno mai saputo della loro presenza a Montecassino né di averli inconsapevolmente messi al sicuro nella capitale italiana. Furono poi restituiti nel dopoguerra e fecero rientro integri nei loro luoghi d’origine.

4 Donna Benedetta, al secolo Assunta Tomasso, monaca di clausura delle monache benedettine di S. Scolastica morì il 25 ottobre. La suora, con le consorelle e altre del monastero (complessivamente una trentina tra coriste e converse) erano giunte a Montecassino l’11 settembre 1943, il giorno dopo il primo bombardamento subito dalla città di Cassino, alloggiate al «secondo piano del Collegio», precedute dalle Suore di Carità e dalle Suore Stimmatine con una cinquantina di orfanelle.

5 In realtà le partenze da Montecassino per Roma con i camion della Divisione «Hermann Göring» per mettere in salvo religiose, religiosi e civili e trasportare i beni di proprietà dell’abbazia, erano iniziate il 19 ottobre e si susseguirono fino al 3 novembre 1943.

6 Il 21 ottobre erano partiti d. Adeodato, d. Faustino, d. Ermanno, le Suore di Carità (ospitate dalle Suore della Buona Stampa a Grottaperfetta), le Stimmatine con le orfanelle (ospitate dalle suore Missionarie francescane di Maria).

7 D. Eusebio Grossetti, nato a Vercelli l’11 marzo 1911, entrato diciottenne a Montecassino, decoratore e restauratore, rimasto accanto all’abate Diamare nell’inverno 1943-44, morì presumibilmente di tifo il 13 febbraio 1944 poco prima della distruzione della millenaria badia avvenuta il 15 febbraio.

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